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Il Santuario
di S. Antonio Abate

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« Nel passato "sovente si verificavano casi di persone nel cui corpo albergavano spiriti di defunti grassanesi che si facevano riconoscere attraverso la voce. Esse avevano allucinazioni, e con contorsioni muscolari e con convulsioni si mettevano in contatto con le anime d’oltretomba e con i Santi, prevedendo il futuro e riferendo la situazione in cui venivano a trovarsi le anime del Purgatorio. Queste dicevano di voler essere suffragate con preghiere dai familiari e con celebrazioni di messe, per abbreviare la loro permanenza in questo luogo di pena. La credenza popolare ha sempre attribuito a simili fenomeni caratteri demoniaci dai quali erano colpiti coloro che si mantenevano lontani dalla religione cattolica.
Molti credenti portavano al collo, per difendersi dagli spiriti malefici, l’immagine della Madonna del Carmine “abbitin” che ogni anno, il 16 luglio, dopo la benedizione fatta dal sacerdote, poteva essere ritirata dai fedeli nella chiesa del Convento.
Non erano rari i casi in cui lo spirito di un trapassato s’impossessasse d’una persona. E molte volte era il demonio, sotto altre forme e sembianze, ad impossessarsene. I contadini più vecchi del paese ricordano ancora oggi il girovagare per le nuvole di una certa “Filippodda” o la fine di un uomo che, trovandosi nottetempo vicino alla Croce, all’imbocco della strada che porta al cimitero, fu costretto a seguire il demonio il quale lo costrinse, appena varcato il cancello del camposanto, a buttarsi nell’ossario della cappella mortuaria “u scorpii”, già fatto trovare scoperchiato dal diavolo. L’uomo, resosi conto del gesto insano che stava per compiere, invocò l’aiuto della Madonna e si salvò. Ma fu tanta la paura che, ammalatosi, mori.
Il demonio, secondo la fantasia popolare, non ha la pianta dei piedi e, pertanto, questi risultano monchi e arrotondati “i pidi tunn”. Il suo incidere è facilmente riconoscibile dal passo cupo e cadenzato. Nell’oscurità e nel silenzio della notte incute paura e rende apprensivo chi lo sente. Per lo più le dimore stabili da lui preferite sono quelle dei dannati, cioè di coloro che imprecano continuamente contro Dio e bestemmiano la Madonna e i Santi, tenendosi lontani dalla Chiesa e dai suoi precetti. Nelle loro case la presenza di Satana è viva, continua, visibile e sentita. Di notte vengono avvertiti continui rumori che disturbano il sonno di questi bestemmiatori incalliti. Alcune volte asseriscono di averlo visto sotto le sue vere sembianze o sotto forma di gatto nero; altre, presentarsi sotto forma di caprone con un corpo villoso i cui peli irti ed ispidi si attorcigliano ai suoi piedi tondi. Se queste case non vengono abitate più da simili dannati, il diavolo continua le proprie azioni malefiche a danno dei nuovi arrivati, ma appena si accorge di avere a che fare con persone rette, buone e religiose, si allontana per sempre, anche perché la casa abitata dai nuovi inquilini viene fatta benedire dal sacerdote.
Alcuni dannati, ai quali è apparso, confessano d’averlo visto presentarsi in modo orrendo, e specificatamente sotto forma di uomo deforme, contorto, con corna e con un viso più lungo che largo. I suoi occhi, più grossi di qualsiasi animale dall’uomo conosciuto, sono sporgenti, scintillanti e fiammeggianti; il naso è grosso e ricurvo, le orecchie spalancate; la bocca, largamente aperta, mette all’infuori la lingua che viene continuamente mossa ed agitata; il mento si presenta smisurato e appuntito; il collo, ora alto, ora così corto da sembrare il capo unito alle scapole. Lunghe mani, le cui dita sono fornite di terribili unghie, completano il suo aspetto mostruoso e spaventoso. Gli stessi asseriscono di essere stati presi da grande e incredibile terrore per cui, a causa dell’enorme paura, sono rimasti sconvolti e profondamente turbati. Delle volte, come precedentemente detto, il demonio s’impossessava di qualche dannata e si divertiva a trasportarla per l’aria e a farla girovagare tra le nuvole. Un giorno un tale, mentre era intento in campagna a raccogliere il fieno, per un improvviso temporale, fu costretto a trovar riparo sotto un albero di quercia, quando improvvisamente udì il fragore del fulmine e vide piombare sull’albero una donna da una nuvola. Era “Filippodda”, della quale è stato già scritto. Riconosciuta dal contadino, che inveì contro di lei accusandola di stregoneria, la donna pregò l’uomo di non dire nulla agli altri, promettendogli che non avrebbe mai osato fare del male né a lui, né ai suoi familiari. Subito dopo l’indemoniata scomparve e il temporale cessò. L’uomo, sconvolto, anche se in paese la donna era sospettata di stregoneria, temendo di ricevere malefici e, quindi, disgrazie in famiglia, serbò per sé il fatto e non lo divulgò. Poiché, oltre a quella sopra descritta, alcune altre donne, per lo più non giovani, venivano viste aggirarsi in mezzo alle nubi, c’è da pensare che il demonio escludesse gli uomini da questo tipo di maleficio e prediligesse le donne, le più anziane e brutte, che si prestavano più facilmente al gioco del diavolo per essere da lui possedute anche materialmente. Simile concezione non è da escludere, se si pensa che essa, a cominciare dal Medioevo, è stata sempre molto diffusa e avvalorata», brano tratto da Domenico Bolettieri, "Grassano Ieri", Grafiche Paternoster, Matera, 1987, pp.31-32.

 

 

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