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IL
MULTIVERSO URBANO
Il decimo episodio dell'Ulisse,
ambientato tra le 15 e le 16 del 16
giugno 1904, vicino al punto centrale od
ombelico del libro, cerca di
rappresentare, attraverso una serie di
vari momenti simultanei; la complessità
particolare della città. La voce dei
personaggi si diffonde e si incrocia al
di là di qualsiasi sistema gerarchico.
Bloom e Dedalus, Blazen Boylan (in
attesa di fare amorosa visita a Molly
Bloom) e Almidano Artafoni - nella vita
reale benevolo direttore della Berlitz
School di Trieste e di Pola - sono
collocati sullo stesso piano perché
appartengono tutti al multiverso urbano.
Tutto è istantaneo e dinamico,
all'insegna della velocità futurista,
nulla sfugge all'occhio ironico del
narratore. La mescolanza dei movimenti e
dei linguaggi permette a Joyce di
inserire, nella prima delle due brevi
sezioni che riportiamo, un dialogo in
italiano (in corsivo nel testo della
traduzione), protagonisti Artifoni;
maestro di musica, e uno Stephen
tentato, come al suo creatore, da una
carriera di cantante. Nella seconda
sezione si noterà con quanta abilità
Joyce accosti, facendosene beffa con
discrezione, varie forme della cultura
di massa di quegli anni: un romanzo
sensazionale di Wilkie Collins, grande
amico di Dickens, gli uomini=sandwich
pubblicitari che circolano esibendo la
sigla H.E.L.Y.'S., «al gran cartellone
di Mary Kendall, l'incantevole
soubrette».
Giovanni Cianci, studioso del Modernismo
inglese, del Movimento Vorticista
inglese e dei suoi agganci al Futurismo
di Marinetti, ha dedicato un'esemplare
analisi all'episodio delle "Wandering
Rocks" ("Simplegadi" o "Rocce erranti"),
per mostrare che «la poetica futurista
che esaltava il reale in tutta la sua
fisicità, in tutto lo spessore di suoni,
luci, colori, pesi e odori, era
destinata a trovare in Joyce un
interprete particolarmente attento».
L'ambizione di Joyce in «Wandering Rocks»
è di rappresentare ciò che accade
simultaneamente a diversi personaggi e
cose. Senonché, diversamente che in
pittura, in cui l'immagine sulla tela
realizza istantaneamente la
simultaneità, nella narrazione si
insinua inesorabilmente la dimensione
temporale - con un «prima» e un «dopo» -
che ne annulla gli effetti. Da qui la
soluzione tecnica di Joyce che, a
salvaguardia della simultaneità di
effetti, ricorre alla nota iterazione di
segmenti narrativi appartenenti ad altre
sezioni, inserendoli ex abrupto nelle
varie sezioni in cui è strutturato il
capitolo. Detti segmenti ripetitivi
hanno la funzione di ricordare al
lettore che mentre si svolge l'evento
che legge accade simultaneamente quello
che ha letto fittiziamente «prima» e
quello che leggerà fittiziamente «dopo».
Non si tratta già di interpolazioni con
funzione di flasb-back come è stato
impropriamente scritto, ma di frammenti
narrativi il cui scopo è di azzerare il
tempo fatalmente trascorso (o che
trascorrerà) narrando le altre sezioni.
Il capitolo è diviso in 19 sezioni. La
brevità delle singole sezioni pertiene
della natura stessa della esperienza
urbana. Torna qui calzante quanto diceva
Boccioni: «Nella vita moderna nulla è
contemplato a lungo come nel passato». «Wandering
Rocks» ha una straordinaria qualità
documentaria. Ci restituisce fino alla
minuzia variegati aspetti di Dublino
colta in un breve arco di tempo (dalle
15 alle 16) nella giornata del 16 giugno
1904.
La simultaneità non è quindi istantanea
ma perseguita per il lasso di tempo di
circa un'ora: ciò che consente di
coglierla sulla pagina anche in
movimento, dinamicamente. L'effetto
generale di artificio che ne consegue
sembra doversi ricondurre, oltre che al
peso delle sollecitazioni teoriche del
futurismo, anche alle suggestioni
sperimentali della pittura futurista
centrate sul conseguimento della
simultaneità. Nello spirito di una
celebre tela di Carrà (Quel che mi disse
il trarre, 1911) potremmo dare il titolo
di Quello che mi disse Dublino
all'affresco complessivo che ne
sortisce. [...]
L'assunzione della città a protagonista,
con l'appiattimento generalizzato di
ogni altro elemento (precedentemente in
primo piano) ha messo in crisi la
narrazione omnisciente o il primato
della voce monologante. Né la coscienza
di Bloom, né quella di Stephen, né la
voce impersonale narrante, sono
egemonicamente presenti in «Wandering
Rocks». La metropoli è la sede
privilegiata della marinettiana
«distruzione dell'io». La città
complessa e multiforme non consente
alcun monologismo. Ciò che subentra
«polifonicamente» è la pluralità delle
varie voci che sono le sezioni. Prevale
ciò che Joyce, nello «schema» inviato a
Carlo Linati nel 1920 (quando il romanzo
era ancora in progress) indicava come
«Oggetti», «Luoghi» e - con sensibilità
futurista - «Forze». Senza più guida, il
lettore deve fare da sé, avventurarsi da
solo nel «labirinto» della città. Appare
evidente qui l'analogia con la famosa
prescrizione futurista di porre lo
spettatore al centro del quadro
aprendogli la possibilità di viverlo e
interpretarlo. Non più passivo, il
lettore-spettatore «non assisterà, ma
parteciperà all'azione». Come nei quadri
futuristi, lo spettatore-lettore di «Wandering
Rocks» dovrà collocarsi al centro della
città-teatro-spettacolo di Dublino e
viverne integralmente - senza mediazioni
- l'esperienza fatta di conati,
temporanei smarrimenti, perplessità,
equivoci.
Un'altra suggestione futurista è
avvertibile in quei momenti del capitolo
dove la realtà è colta anche nei suoi
momenti di qui pro quo, di
moltiplicazione e di sdoppiamenti dovuti
a illusioni ottiche, a riflessioni di
specchi.
«Is that Ned Lambert's brother over the
way, Sam? What? Yes. He's like it as
damn it. The windscreen of that motorcar
in the sun there. Just a flash like that.
Damn like him.»
«From the sidemirrors two mourning
Masters Dignam gaped silently...»
Il discorso narrativo che consegna alla
pagina questi fenomeni non sembra
dimentico delle giustificazioni avanzate
con tanto seguito di scandalo dal
Manifesto tecnico della pittura
futurista (aprile 1910): là dove, a
spiegare la violazione delle norme
convenzionali della rappresentazione, si
rinviava alla esperienza necessariamente
caotica dell'impatto di chi vive il
fenomeno anarchico della città, fatto di
vibrazioni, suoni, luci, rumori, ecc.
Infine si noti poi come non manchino in
«Wandering Rocks» a sortire l'effetto
complessivo della cité brúlante
modernista nel generale fermento urbano
caotico e rumoroso, certi ingredienti
tipici esaltati dalla propaganda
futurista: le corse in tram, le
conversazioni all'aperto, tra il
trambusto e il traffico della folla, le
corse in bicicletta, la suggestione
pervasiva dei cartelloni pubblicitari,
la réclame vivente degli uomini-sandwich
itineranti nonché l'attenzione rivolta
alla personificazione e all'animazione
delle cose stesse: il risalto dato alla
navigazione del volantino buttato da
Bloom nella Liffey, vero e proprio
«personaggio» ricorrente in più sezioni.
Né è assente il giornale con la funzione
prodigiosa (tanto celebrata dalla
pubblicità futurista) di far partecipe
la comunità cittadina di eventi che
coinvolgono collettività lontanissime,
d'oltre oceano.
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