FRANCIA 2002
|
Pareva un giro qualsiasi, invece è diventato l'ultimo tour con il piccolo bicilindrico verde, sostituito ormai da un medio quadricilindrico di quelli con poca coppia in basso e tanto, tanto "allungo". La vita è strana, si dicono e si ripetono delle cose per tanto tempo e poi di colpo, un giorno, si fa esattamente l'opposto.
Nulla di eccezionale da segnalare, visto che la settimana di stradine francesi si è svolta quasi interamente in zone già precedentemente visitate. Partiti da Trieste in tre con due moto un venerdì pomeriggio sotto un cielo che non prometteva nulla di buono , Giove Pluvio è stato tutto sommato magnanimo e ci ha inondato solo per poche decine di km lungo il trasferimento autostradale fino a Piacenza. Pernottamento in una trattoria-pensione che pareva uscire da una macchina del tempo (sull'insegna la dicitura "alloggio"), ma dal prezzo onestissimo in rapporto al confort offerto, e la mattina dopo di nuovo in autostrada fino ad Alessandria, stavolta con un po' d'acqua in più. Qualche strada statale in direzione di Acqui Terme e delle Langhe, con epica sosta per il pranzo in una di quelle tipiche trattorie da noi definite "Patrimonio dell'Umanità" (e che da queste parti abbondano - in questo caso la località è Torre Bormida, lungo la ss339 a sud-ovest di Cortemilia), poi come digestivo le ancor più epiche curve delle paradisiache stradine delle Langhe, direzione Bossolasco-Dogliani; strade che non c'è modo di descrivere, e che solo chi le ha percorse può capire. Anche Giove Pluvio a volte ha un cuore, e ci ha concesso di goderci appieno questa parte del percorso non solo senza tute antipioggia, ma pure con asfalto asciutto.
Non altrettanto si può dire per il nostro arrivo a Cuneo, sottolineato da una portentosa grandinata, che ci ha costretti a impantanare le moto sotto un albero e a ripararci sotto la copertura di un furgone che portava vuoti di bottiglia (ancora ringraziamenti all'autista). Peccato non aver avuta la presenza di spirito di fare qualche foto, a posteriori risultano le più belle... magari un'altra volta mi sforzerò di farne.
Percorriamo in seguito il Colle di Tenda (1321) e il vicino Col de Brouis (879), per giungere nel pittoresco e turistico borgo di Sospel dove pernottiamo; la mattina seguente il tempo inizia finalmente a migliorare e possiamo divertirci lungo le curve del Col de Turini (1607), famosa sede di tappa del Rally di Montecarlo. Verso Vence rientriamo nelle tute da pioggia, e la Route Napoleon (N85) viene percorsa fra Grasse e Castellane con un'alternanza di asciutto e bagnato e pioggia e sole. E' immediatamente dopo pranzato che proclamo solennemente, nella piazza di Castellane all'atto di levare la tuta, che da quel momento non l'avrei più rimessa fino alla fine del viaggio (e tutto sommato ho sbagliato di poco). La Route Napoleon fra Castellane e Digne è oltretutto fra i tratti più appaganti di questa stupenda arteria stradale della Francia meridionale, caratterizzata da un bel passo impegnativo, da suggestive gole che spuntano all'improvviso e da tratti veloci in cui far impallidire i guidatori di auto+caravan (un giorno o l'altro devo scrivere un'invettiva contro questa sciagurata porzione dell'umanità) con sorpassi calcolati al millimetro.
Vale una visita, a meno di una trentina di km da Digne, il bizzarro fenomeno naturale delle Rochers des Mées (sullo sfondo nella foto, in primo piano della quale si vedono questi strani cespugli pieni di lumachine dal guscio bianco). Tra l'altro nella piazzola di sosta ci sono dei servizi igienici immacolati (talvolta può far comodo sapere certe cose). L'itinerario prosegue verso Forcalquier e Sault; questa è la zona clou per i campi di lavanda, e chi volesse vederne distese letteralmente sterminate, che si perdono a vista d'occhio, percorra queste strade fra luglio e i primi di agosto. A Sault c'è inoltre un negozio - o forse più d'uno - che vende solo lavanda e derivati, sotto tutte le forme (saponi, tè, tovaglie, profumi...).
Poco dopo crolla una delle speranze del tour: la strada del Mont Ventoux si rivela sfortunatamente chiusa, e a quota 1500 circa (con un freddo quasi glaciale e un tempo da lupi) una sbarra abbassata ci costringe al dietro-front. Anche un secondo tentativo al mattino seguente, partendo dal versante opposto, ci porta ad analogo esito. Peccato, il Mont Ventoux è uno dei paesaggi più particolari della Provenza, completamente brullo a causa del forte vento da un certo punto in poi (questa è quel che si direbbe un'immagine "di repertorio", di luglio 2000).
Notte a Malaucène e visita mattutina, il giorno dopo, al piacevole centro medievale di Vaison la Romaine, con resti di un castello diroccato e ricca di scavi archeologici (era la Vasio romana). In breve si giunge ai Gorges de l'Ardèche, strada panoramica lungo il corso del sinuoso fiume che i Templari ritenevano avesse proprietà curative (ne avranno bisogno i numerosi che vi praticano, con alterno successo, kayak e rafting); da un belvedere sono visibili i resti di un ospedale che questi cavalieri avevano costruito su queste rive. La strada conduce al Pont d'Arc, grande arco naturale lungo lo stesso fiume (altra immagine di repertorio). La giornata si conclude, dopo la Corniche des Cévennes (bel misto per piloti smaliziati) e i Gorges de la Jonte (gole con suggestivi scorci sui monti circostanti), nel primo pernottamento sotto la tenda. Il giorno seguente ci attendono i pittoreschi Gorges du Tarn, la cui strettissima stradina che attraversa le gole riesce ad essere ingombrata non solo dagli squilibrati con caravan al seguito, ma addirittura da un pullman del tipo "gita organizzata", seguito da coda di due km di auto ferme - e avevano percorso sì e no 5 dei 35 km delle gole. Miracoli di agosto.
Il nostro itinerario, già ridotto in alcuni punti e con "tagli" a qualche strada qua e là, prende una piega un po' "di trasferimento" e cerca di recuperare un po' del ritardo sulla tabella di marcia: dopo una mezza giornata di veloci strade nazionali arriviamo nel paese di Mirabel-et-Blancons, lungo la D93 a sud del parco nazionale del Vercors, dove sappiamo esserci un campeggio (con tanto di piscina: le giornate cominciano a farsi "agostane"). Questo si rivela purtroppo completo, e la gentile receptionist ci segnala, a poca distanza, un campeggio "per sole moto". A questo punto, quasi per un'incontenibile inerzia, ci andiamo, anche se fra me e me penso a quale cosa assurda un campeggio per sole moto; mi immaginavo un luogo pieno di grossa gente assurda vestita di pelle dalla testa ai piedi, tutti su Harley e con donnine svestite sulla sella posteriore, con musica pesante e dalla pulizia dubbia...
...E quanto distante dalla realtà! Il Camping Moto, aperto da 25 anni, è gestito da 10 da una coppia olandese (che parla olandese e inglese - non francese) molto gradevole; lui non parla quasi mai, lei sembra la fotocopia di Janis Joplin. Per prima cosa, al momento di entrare, viene offerto da bere dai gestori; il campo è grande e "paesaggisticamente" vario, attraversato da un fiume e molto alberato. Piscina, officina attrezzata per riparazioni e tettoia per il lavaggio delle moto con pistola a pressione, servizi igienici di una pulizia come mai abbiamo visto prima, un bel pub con ping-pong e calcetto e con servizio di ristorante (la braciola al pepe verde era piccantissima) e angolo lettura con biblioteca... Ma chi si immaginerebbe un motociclista che alle undici e mezza di sera, dopo la serata in pub, si siede ad un tavolo e si immerge completamente, con tipica posizione "da biblioteca", ad un tavolo su un grosso libro? Eppure...
Inutile dire che il luogo ci ha assolutamente entusiasmati, anche perché - a differenza di altri motocamping come il "Lunas", ci diceva un grosso olandese con MotoGuzzi California - questo è molto tranquillo, frequentato perlopiù da coppie (e tante con sidecar con bambini piccoli - parliamo di bambini di pochi mesi!), e la sera dopo le undici nessuno si permette di disturbare l'eventuale altrui sonno. Frequentato quasi unicamente da olandesi, in genere molto socievoli, con una piccola minoranza di danesi (che alle otto del mattino erano già in tuta di pelle e partivano a macinar chilometri), noi eravamo ovviamente i più meridionali (nel computer, alla voce "nazionalità", quella italiana non era prevista - siamo finiti in "altre nazionalità"). Alla reception sono esposte le cartine con vari itinerari nella stupenda zona del parco del Vercors (vedere la pagina dei viaggi, alla voce Dintorni di Grenoble), e i gestori cercano di soddisfare qualsiasi esigenza che non sia espressamente prevista dai servizi "di serie". Ovviamente abbiamo cercato di prolungare quanto più possibile la nostra permanenza, ovvero due notti anziché una, con ulteriori tagli al percorso programmato - ma ne valeva chiaramente la pena.
Abbiamo approfittato di questa sosta nel Vercors per ripercorrere luoghi già visti in altre occasioni, come le Grandes e le Petites Goulets ed alcuni eccezionali passi, e per fare alcune delle tante strade della zona che non avevamo ancora calcato. Un'immagine da un passo poco a sud del Col de la Bataille (pochi minuti dopo mi sarei sfracellato al suolo assieme al macigno a cui ero aggrappato - rischi del mestiere); una veduta dal Col de Rousset , sopra Die.
Proseguendo nel rientro a casa, un'immagine dal Col du Glandon (1924) ; seguono Piccolo e Gran San Bernardo (con notte ad Aosta), poi qualche altra foto dagli svizzeri Grimselpass (2165, possibilmente il passo più spettacolare delle Alpi; sullo sfondo i tornanti del Furkapass) , Sustenpass (2259) , dal pittoresco Klausenpass (1948) . Pernottamento in Svizzera sul lago del Walensee (i campeggi in Svizzera sono cari, la doccia è sempre a gettone - e non sempre alla reception hanno il buon senso di avvertire in tempo utile - e ce n'era una sola ed unica in tutto il bagno degli uomini. Però sono pulitissimi. Bah...), attraversamento del Liechtenstein, scalata dell'Arlbergpass (1793) nella regione austriaca del Vorarlberg, salita al passo del Rombo (Timmelsjoch, 2474) fra Tirolo austriaco e italiano con multa per eccesso di velocità (!), Merano, Bolzano, Trento, Valsugana e ritorno. Questo è tutto.
Inevitabile chiusura di un ciclo, pochi giorni dopo il rientro ha inizio un nuovo capitolo di questo strano libro, che poi assomiglia molto ad un album di foto di viaggio: è un capitolo blu a quattro cilindri ... ma ne parleremo più in lungo in seguito.