Diciannovesima lezione

5 Giugno 2002

"Peter Terragni: saggio su Eisenman"

"Io onestamente credo che quello che sto facendo non è solo per me, vi è un bisogno che sia fatto. C'è una moralità nel farlo".

 Peter Eisenman nasce a Newark, nel New Jersey,  l'11 Agosto 1932. Si laurea all'università privata di Cornell, nello Stato di New York, nel 1955. Ottiene il Master of Science alla Columbia di New York nel 1959. Incontro decisivo nella formazione dell'architetto è quello avuto con Colin Rowe, un critico britannico che tende a riportare l'architettura all'interno delle sue stesse leggi formative e accosta schemi distributivi di Palladio con altri di Le Corbusier.. Nel 1963 termina la tesi del dottorato in cui analizza alcuni esempi di architettura contemporanea, indagati con schemi sintattici-formali e con l'ausilio di numerosi diagrammi. Dopo tre anni trascorsi in Inghilterra, torna in America e insegna all'Università di Princeton; qui incontra Michael Graves e con lui lavora al progetto urbanistico di "Manhattan Waterfront" e ad altri concorsi.

è abituale frequentatore dell'ambiente élite dell'avanguardia e cerca una propria autonomia dal dibattito architettonico del momento. Ciò che gli interessa, nei primi anni '60, è soprattutto il pensiero filosofico che porta all'affermarsi dell'analisi sul "testo". L'architettura diventa un "testo" per rappresentare la "struttura formale di una narrazione"; essa diviene pertanto un "pretesto".

Eisenman collabora attivamente all'interno di molte università americane, ma il suo approccio è molto diverso dagli altri architetti che insegnano nei vari corsi di progettazione. Dalle sue lezioni trapela una straordinaria forza dirompente che deriva dalla naturale energia della sua architettura. Nel 1967 partecipa alla fondazione dell'IAUS, Institute for Architecture and Urban Studies, che è, allo stesso tempo, una tribuna per teorici, architetti ed artisti, ma anche atelier per architetti provetti che vogliono cimentarsi in lavori extra-accademici.

Nel 1969, in occasione di un simposio svoltosi al Moma, si gettano le basi per la nascita di un gruppo, o meglio di un'impostazione comune a cinque architetti di New York: vengono infatti presentati al pubblico i futuri "New York Five", ovvero, oltre a Peter Eisenman, Michael Graves, John Hejduk, Richard Meyer e Charles Gwathmey. Eisenman diventa subito "l'anima teorica" dei cinque, che si propongono di rappresentare un'architettura senza alcun riferimento ideologico. lavorando attraverso numerosi diagrammi assonometrici, che illustrano le fasi evolutive del progetto, operano una prassi di smembramento disegnata nei minimi dettagli. Eisenman, infatti, sa bene che, nell'epoca dell'informazione, occorre rendere espliciti, evidenti e comunicabili i meccanismi di legittimazione dell'opera: nasce la "Cardboard Architecture", ovvero Architettura di carta.

Tra il 1967 e il 1983 Eisenman progetta una decina di case, quattro delle quali realizzate. Nella House I e nella House II, egli parte da due opere di Giuseppe Terragni, un architetto al quale si avvicina con scrupolo e che diventerà la sua ispirazione e la sua ossessione. In particolare analizza la Casa del Fascio e la Giuliani-Frigerio che rappresentano due progetti in contrasto dal punto di vista del meccanismo di stratificazione che le ha generate: nella prima è un processo di "estrazione" che va dall'esterno verso l'interno; nella seconda avviene invece una "esplosione" inversa, da dentro a fuori. Eisenman decide quindi di lavorare su questa differenza, sulla tensione fra "estrazione" ed "esplosione". Nella House I il conflitto è appena accennato e, dietro un corbusierismo di maniera, il dato più interessante è lo schema ad "L" del vano centrale che reinterpreta originalmente il sistema a telaio della Casa del Fascio. Nella House II il conflitto è più evidente: riprende il quadrato di base della Casa del Fascio e il cubo compresso in alzato nel rapporto di 1:2, ma, contemporaneamente, esso viene modulato in nove quadrati che rappresentano dei volumi che a volte si spingono fino alla facciata, altre volte si presentano come semplici scavi. Il telaio diventa un piano astratto, una struttura trasparente lasciata all'esterno per trattenere i piani che tendono ad esplodere. Ma qui, la parola chiave è Implosione. L'esplosione delle pareti, dei piani, dei volumi, non invade l'esterno, ma è rivolta verso dentro, verso se stessa.

Nel 1977 Eisenman cambia strada, torna ad un ragionamento critico verso l'architettura e, insieme, si concentra sul sito. La House X si presenta come una composizione di volumi articolati per una libera conquista dello spazio. Eisenman ragiona su un modello quadripartito a croce, di derivazione wrightiana, che crea quattro quadranti, autonomi dal punto di vista formale e funzionale. L'edificio si radica per la prima volta al sito e si struttura in un percorso anulare che attraversa la casa e la divide in due parti; lo stesso percorso diviene una scala che disimpegna due pianerottoli per lato generando quattro quadranti. Questi si articolano in diverse altezze e dialogano tra loro. Entra in gioco il materiale: eisenman usa le reti, i rivestimenti in pannelli di alluminio e le gabbie modulari vetrate.

Nel 1978 inizia però una fase delicata per Eisenman, caratterizzata dalla decisione di entrare in analisi, per scavare dentro se stesso. La parola chiave di questa fase è "trivellazione": i progetti diventano geometrie virtuali dalle quali emergono faticosamente i volumi, senza un reale programma. Questi vogliono essere a metà strada tra opere edilizie vere e proprie e giochi scultorei. Nel 1983 realizza la House XI i cui disegni sembra fatti per diventare sculture e non per essere realizzati. Partendo dall'antico interesse per la "L", muove le geometrie su tre dimensioni sovrapponendole e ruotandole a spirale quasi a creare una figura ad elica, o meglio a "trivella".

Intorno al 1983 avviene un cambiamento sociale con la nascita, in architettura del Movimento post-Moderno che si interessa alla città e alla sua continua espansione. Per riparare a questo fenomeno, i fautori di questo movimento propongono di operare all'interno delle maglie esistenti. Essi non propugnano un'architettura d'avanguardia, ma muovono da elementi tradizionali, spinti da un forte storicismo; riscoprono gli stili tradizionali, trattano temi condivisi e rifiutano l'astrattismo. Questi mutamenti colpiscono e spiazzano Eisenman gettandolo in crisi. Egli decide allora di ragionare sul contesto, inteso non come patrimonio dato, ma come campo di indagine critica, cioè come "palinsesto": in questo modo gli viene suggerito il metodo del rintracciamento delle maglie originali, delle linee forza, delle giaciture. non esiste più una scissione tra progetto architettonico e sistemazione urbana del contesto.

Il primo progetto in cui procede su questa strada è l'Ampliamento di una galleria, in cui lavora su delle mappe storiche da cui ricava delle linee forza o punti importanti che generano una tessitura di relazioni come base progettuale. In essa, edifici e spazi verdi fanno parte di un unico disegno e non vengono trattati distintamente. Il progetto per l'IBA di Berlino, rispetta tutte le teorie del post-moderno: il lotto è chiuso da edifici preesistenti che vengono riammagliati attraverso percorsi a griglia derivati dalla teoria del palinsesto. I nuovi allineamenti sono infilati tra vecchio e nuovo e questo porta Eisenman a dire che l'edificio sembra essere come un minerale emerso in un clima di forte storicismo.

Verso la fine degli anni '80 inizia un ciclo di ricerche e studi matematici, che può essere definito delle "associazioni processuali e metaforiche". Da esse nascono forme analoghe ai concetti della geometria booleana che ispirano il progetto per il Centro di Robotica di Pittsburgh.

Nel 1989 Eisenman completa il Wexner Center for Visual Arts a Columbus. L'idea forte del progetto è quella del percorso-rampa che viaggia dentro l'edificio e rappresenta un qualcosa in più di una semplice risposta a una specifica situazione morfologica o a una dinamica interna: esso rappresenta infatti un tracciato che struttura la geometria dell'edificio. Siamo all'interno della nuova parola chiave, quella del "between"", il "tra". Eisenman, invece di scegliere un lotto libero inventa un luogo conficcando la costruzione tra due edifici. Il "between significa porre l'architettura "tra"le cose, seguendo una modalità interstiziale.

Altra operazione è quella della "oscillazione", o "vibrazione" della forma, riscoprendo temi che furono cari al futurismo italiano 70-80 anni prima. Eisenman progetta ma non realizza casa Guardiola , con pianta ad "L" che fa vibrare sia in pianta che in sezione, riprendendo comunque operazioni booleane. Di nuovo dà una lettura contestuale e critica, rivolgendosi al contesto e in particolare alle tracce che il mare lascia sulla sabbia.

L'ultima citazione è per la chiesa progettata a Roma per il Giubileo del 2000, un edificio inteso come movimento paesaggistico, vissuto però con la consapevolezza delle capacità del sistema informatico.

 

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