In quel "Il Nuovo" c'e' gia' un po' di vecchio
di Don Bartolo
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6 Novembre 2000
Due fatti fanno capire che cosa si prepara nell’informazione su Internet: l’asta Umts e la nascita di Il Nuovo, il quotidiano online di e.Biscom diretto da Sergio Luciano e voluto da Silvio Scaglia. Grande clamore e tormentone per la prima, poca attenzione al secondo. Ecco il punto: se Il Nuovo fosse partito all’inizio del 2000
e non il 25 ottobre, avremmo assistito a un "evento": giornalistico,
finanziario, magari mondano. Invece avvio sottotono. Colpa del ripiegamento
della new economy? Non solo.
Il poblema pero’ e’: che cosa fanno? Di Il Nuovo non abbiamo capito quale sia il suo reale valore aggiunto, per quale motivo valga la pena averlo sempre a portata di schermo. Forse, come dice Luciano, perche’ le notizie possono essere continuamente aggiornate? Non per essere minimalisti, ma ci sono canali tv (Cnn, Bloomberg, perfino Televideo) che lo fanno gia’ da anni, per il grande pubblico; mentre gli addetti ai lavori hanno le agenzie. Perche’ attraverso l’interattivita’ (i clic) si capisce che cosa interessa di piu’ ai lettori? Anche questo i media tradizionali lo fanno da tempo con sondaggi sempre piu’ sofisticati. Ci ha colpito un’affermazione di Lucia Annunziata:
Con tutto il rispetto per Annunziata, ma che significa? Che roba e’ "la linfa di Internet"? E’ sicura che siano i giornali, quel tipo di giornali? Gli sviluppi e le convulsioni del mondo del web indicano che la rete si sta orientando verso altri bersagli: servizifinanziari, il "b2b", business to business, ovvero i servizi interni al mondo aziendale per tagliare i costi. E il "b2c", business to consumer, servizi mirati ai clienti per intercettarne gusti e consumi. Un esempio recentissimo: Seat-Tin.it acquista Gay.it, portale italiano per gay, in societa’ con l’americana Online Partners (partecipata da Yahoo! e New York Times). Lo scopo di Lorenzo Pellicioli & company e’ evidente: mettere le mani sui consumi della fascia alta di una categoria notoriamente portata alla spesa. Altro esempio, piu’ rumoroso: Altavista, il primo motore di ricerca del mondo, dopo aver cercato di lanciare un proprio giornale on line, ha rinunciato (con il classico sanguinoso taglio di posti all’americana) per concentrarsi sul proprio core business. Insomma, su Internet prevale la specializzazione. Il che non significa niente informazione: purche’ pero’ il taglio di questa informazione vada d’accordo con un mezzo, il computer oggi, il telefonino domani, uno schermo tv dopodomani, che gia’ richiede un supporto tecnologico dedicato e deve competere con media ben piu’ scafati. Dunque: notizie flash, possibilmente in tempo reale, o meglio esclusive; informazione di servizio; newsletter personalizzate; commenti sintetici che vadano al nocciolo, dei punti-nave quotidiano della situazione finanziaria e politica (interna e estera) per clienti con molti altri media a disposizione e poco tempo da spendervi. Questo e' l’orientamento dei mercati piu’ avanzati. Un orientamento diverso dalla formula generalista di Il Nuovo, con i suoi editoriali pregevolissimi ma, ci pare, inadatti e sprecati per il computer e anche per i cavi a banda larga. Stesso discorso per eDay, l’altro giornale on line diretto da Arturo Motti, in rete gia’ da aprile. Puo’ darsi che Annunziata e Scaglia abbiano la vista piu’ lunga. Ma a parte il fatto che sara’ bene cominciare a diffidare di chi decide strategie in cinque minuti o poco piu’, colpisce Scaglia in altre interviste definisca Il Nuovo "una vetrina, un biglietto da visita, un di piu’". Allora: un di piu’o la linfa di Internet? E quanto funzionale al core business di e.Biscom, societa’ quotata e generosa di stock option per i propri dirigenti (che l’affare l’hanno gia’ fatto) e per i giornalisti di Il Nuovo? A proposito di core business, veniamo all’altro fatto di questi giorni. Del flop Umts con annessi e connessi, si sono occupati gia’ tutti. Meno delle conseguenze per i media. Che si possono cosi’ sintetizzare: si conferma che detta legge chi ha in pugno le telecomunicazioni. Una bella inchiesta di Francesco Bonazzi sull’ Espresso (I loro affari con i nostri soldi) documenta come il duo Franco Tato’-Roberto Colaninno, ovvero Enel-Telecom, stia ormai "facendo" il mercato, dall’elettricita’ alla telefonia alla trasmissione dati, a buona parte di cio’ che viaggia sui fili e nell’etere e viene fatturato al consumatore. Un altro servizio di Tino Oldani su Panorama ("Cheli, il garante con le chele invisibili") rivela come l’authority per le comunicazioni non incuta precisamente rispetto alla Telecom. Cosi’ come, del resto, l’autority per l’energia viene regolarmente sbeffeggiata dall’Enel. E da cosa deriva questa forza? Dalla rendita dell’ ex monopolio (soprattutto per Enel) e dalla capacita’ di sfruttare al massimo come core business i servizi a tariffazione continua: elettricita’, telefonini. Un gigantesco bancomat sempre a disposizione che permettera’ a Telecom - Tim - Seat - Tin.it e ad Enel - Wind - Infostrada - Libero - Iol di affrontare senza patemi (tranne, per Telecom, il rischio-scalata) gli investimenti per l’Umts. Ai telefonini-Internet i media tradizionali, giornali e tv, dovranno fornire i contenuti. Ma pensiamo che nella trattativa il manico del coltello non lo stringeranno loro. Cosi’ come temiamo che tra un po’ molte grandi firme del giornalismo trionfalmente approdate ad Internet cominceranno a tornare sui propri passi (qualche segnale c’e’ gia’). Possono giornali e tv rimontare la china nei confronti dei poteri forti delle telecomunicazioni? Possono, purche’ si concentrino sempre piu’ sul business tradizionale. Aggiornandolo costantemente, sviluppandolo anche in chiave internet (che pero’ deve restare un accessorio). Insegnando ai propri giornalisti il linguaggio veloce del web, perche’ i giornali dovranno comunque andare anche in rete. Ma guardando a cio’ che meglio sanno fare. Esempi? Il Grande Fratello: potra’ piacere o no, ma senza
quello Jumpy (e Stream) sarebbero rimasti al palo. Kataweb:
resta il miglior portale generalista, ma all’Espresso e Repubblica
le ambizioni di puntare tutto sulla rete (comprese le Internet tv e la
Cnn italiana) sono oggetto di ripensamento. Rcs e Mondadori:
anche li’ si e’ capito che Internet sara’ un mezzo, non il fine. La Rai:
il direttore generale Piero Celli ha dovuto prendere atto che Rainet
e Rayway, a cui era stato assegnato (grazie anche ad advisor gentili
e indulgenti) un valore teorico di borsa di circa 6.000 miliardi, in realta’
possono capitalizzare si e no un decimo.
Don Bartolo |