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Il culto di Sant'Antonio abate
in Emilia Romagna
Il culto di santAntonio abate [1] è ancor
oggi diffusissimo in Emilia romagna.
Da sempre, nelle campagne, l'immagine del Santo è
presente nei luoghi dove vivono e riposano gli animali domestici. A volte, a far bella
mostra sul retro dell'ingresso della stalla, è una formella in ceramica finemente
dipinta, il più delle volte, un santino lordo e spiegazzato di nessun valore artistico.
Qualunque sia la forma, la sostanza non cambia. Il
famoso abate egiziano è sempre lì, con le vesti da eremita, la lunga barba bianca, il
bastone a Tau, il porcellino e una vivida fiamma ai piedi.
Si narra che i seguaci del Santo, per meglio soccorrere
i malati che si recavano ormai senza speranza alla chiesa francese di Saint-Antoine de
Viennois, luogo doverano conservate le reliquie, decisero di costruire un ospedale e
dei ricoveri. Ebbe così origine lOrdine Ospedaliero degli Antoniani.
Per assicurare la sussistenza ai malati e ai
religiosi, si narra che venissero allevati dei maiali destinati alla macellazione,
lasciati liberi di vagabondare per il paese e mantenuti dalla carità pubblica.
Necessità sopraggiunte vietarono la libera
circolazione degli animali nella città, fatta eccezione per i maiali degli Antoniani che,
da allora, dovettero portare come riconoscimento la celebre campanellina al collo.
In realtà, molti sostengono che gli attributi e i
patronati del Santo abbiano un'origine più antica, profonda, in qualche caso addirittura
pagana, come la data nel quale è festeggiato (il 17 gennaio), corrispondente alle Feste
sementine romane, dove già la dea Cerere veniva placata con sangue di una scrofa gravida.
In questa ricorrenza è usanza benedire
gli animali domestici sui sagrati per preservarli dalle malattie e rinnovare le immagini
del Santo nelle stalle a scopo propiziatorio.
Per la festa del loro protettore, poi, le bestie
venivano trattate amorevolmente, ben nutrite, esentate dal lavoro e, ovviamente, non
potevano essere macellate.
Si dice infatti che, in questa magica notte, gli
animali acquistino la parola.
In Romagna, era altresì tradizione dare agli animali
ammalati un pezzetto di pane benedetto il giorno di sant'Antonio,
affinché guarissero, oppure tre fave nere, ideali anche per facilitare
lo sgravio delle vacche.
Il qualche luogo, infine, si celebra ancora la lotteria
del porco grasso (La lutarì de pörc grass), come in Romagna, o si fanno scorpacciate
di gnocco fritto, come è usanza a Guastalla dove un antico modo dice: "Sant'Antòni
chìssulèr che al darsèt al vén ad snèr" (Sant'Antonio gnoccolaio che viene
il 17 di gennaio).
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[1] Nel dialetto locale il santo vien nomato: Sant'Antoni
abêt in Romagna, Sant'Antóni a Bologna, Sant'Antòni a
Guastalla (Re), Ssant'Antòni a Ferrara, Sânt Antöni de pörc a Reggio
Emilia. |
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