Primo romanzo di D'Annunzio, Il Piacere fu interamente redatto fra il luglio e
il dicembre del 1888. Nel 1896 il volume veniva ristampato per la stessa casa
editrice, con l'indicazione in epigrafe del ciclo di appartenenza: «I romanzi
della rosa». Successivamente, nel 1928, in occasione della pubblicazione
dell'Edizione Nazionale, il romanzo veniva ristampato con una nuova
strutturazione interna; ovvero, come lo si legge ancora oggi, suddiviso non solo
in capitoli, ma anche in quattro libri. L'ultima edizione stampata in vita
dell'autore risale al 1931 e reca solo qualche variante grafica. L'edizione
postuma del 1940 è, invece, il testo base per tutte le edizioni correnti.
Il conte Andrea Sperelli Fieschi d'Ugenta, protagonista del romanzo, è «l'ideal
tipo del giovine signore italiano nel XIX secolo, il legittimo campione di una
stirpe dì gentiluomini e di artisti eleganti, l'ultimo discendente d'una razza
intellettuale», raffinato amante, esteta e cultore dell'arte e delle cose belle,
ma anche risentito dispregiatore della democrazia. Famoso, quanto lungamente
criticato, è infatti l'incipit del secondo capitolo: «Sotto il grigio diluvio
democratico odierno, che molte belle cose e rare sommerge miseramente, va anche
a poco a poco scomparendo quella special classe di antica nobiltà italica». Lo
scenario entro cui si svolge il romanzo è quello della Roma umbertina e fin de
siècle, nobilitato e reso artefatto dalle descrizioni ricorrentì degli scorci
più esclusivi della Città Eterna. La topografia è ristretta al quadrilatero
compreso tra Piazza di Spagna, Piazza Barberini, Villa Pamphili e Piazza del
Popolo. D'altronde, l'amore tutto estetico e di sapore decadente di Andrea
Sperelli verso Roma è dichiarato fin dalle prime pagine del romanzo: «Roma era
il suo grande amore: non la Roma dei Cesari ma la Roma dei Papi; non la Roma
degli Archi, delle Terme, dei Fòri, ma la Roma delle Ville, delle Fontane, delle
Chiese. Egli avrebbe dato tutto il Colosseo per la Villa Medici. La magnificenza
principesca dei Colonna, dei Doria, dei Barberíni l'attraeva più della ruinata
grandiosità imperiale».
La trama del romanzo è apparentemente semplice. La vicenda comincia quando
Andrea incontra, dopo molti anni e senza avere mai smesso di desiderarla, una
sua antica amante, Elena Muti. A questo incontro "memorabile", segue un ampio
flashback in cui si racconta della precedente vita dissoluta del giovane
Sperelli. Questi, durante il corteggiamento di una dama, era incorso nelle ire
di un altro amante di lei, il marchese Giannetto Rùtolo, con il quale Andrea era
stato costretto a misurarsi in duello. Ferito, il conte aveva passato una lunga
convalescenza a Schifanoja, villa di una sua cugina. Qui incontra Maria Ferres y
Capdevila, moglie del Ministro plenipotenziario di Guatemala. Anche con questa
donna, Andrea misura le sue capacità di seduttore uscendone vincitore; ma
l'attrazione per Maria è di natura opposta a quella che un tempo lo aveva legato
a Elena. Mentre per quest'ultima la passione fisica si evolveva «come una
lascivia interamente carnale, come una libidine bassa», Maria, «quella creatura
così spirituale ed eletta gli inspirava un senso di devozione e di sommessione,
altissimo». Ma il contrasto, immaginario e tutto emotivo, fra le due donne non
durerà molto. Finita la convalescenza, Andrea ritorna ai costumi della sua
precedente vita in una Roma descritta con tratti di un morbido e sensuale
estetismo: «Roma appariva d'un color d'ardesia molto chiaro, con linee un po'
indecise, come in una pittura dilavata, sotto un cielo di Claudio Lorenese
[...]. Nella lontananza, nelle alture estreme l'ardesia andavasi cangiando in
ametista [...]. Su la piazza l'obelisco di Pio VI pareva uno stelo d'àgata.
Tutte le cose prendevano un'apparenza più ricca, a quella ricca luce autunnale.
- Divina Roma!».
In questo scenario, di nuovo Andrea incontrerà Elena e nuovamente vedrà Maria.
Proprio l'intenso gioco di sovrapposizioni che si innesca tra la realtà mentale
del protagonista e la realtà delle cose dà corpo e sostanza all'intero romanzo.
Nel Piacere, infatti, non si svolge una vera e propria storia, non ci sono
avvenimenti articolati in un ordine precostituito, se non in minima parte: la
storia del Piacere è tutta "mentale", scandita solo dalla sfasatura dei piani
temporali che articolano un'improbabile successione di circostanze.
Tutti gli avvenimenti narrati si svolgono tra il 25 marzo del 1885 e il 20
giugno 1887. L'autore non manca dì rivelare puntualmente al lettore le
determinazioni temporali che consentono di comprendere lo svolgersi dei fatti,
cosicché non risulta difficile dividere il romanzo in tre distinti blocchi
narrativi. La storia inizia in un'ora pomeridiana del 31 dicembre 1886; poi, per
circa cento pagine, con un ampio racconto retrospettivo (che recupera il passato
fino al 25 marzo 1885) D'Annunzio narra come Andrea ed Elena si erano conosciuti
e amati. Il primo blocco finisce quando Andrea, separatosi da Elena e ripresa la
sua vita abituale, in una radiosa mattina del maggio 1886 viene ferito in
duello.
Nel secondo blocco è narrata la convalescenza di Andrea e il nascere dell'amore
per Maria Ferres: siamo nel settembre dello stesso anno. Il 9 ottobre, con la
partenza di Maria dalla Villa Schifanoja, termina questo blocco.
Il terzo e ultimo blocco narrativo comprende il ritorno a Roma di Andrea e tutte
le vicende che porteranno alla conclusione. Accanto a questo preciso e
circoscritto arco temporale, nel romanzo si dispiega anche il tempo interiore
del protagonista, un tempo che non conosce scansioni di durata. L'intreccio dei
due livelli temporali, il loro intersecarsi nella mente dello Sperelli, ovvero
il passaggio continuo dal tempo presente e oggettivo, cronologìcamente svolto, a
un tempo soggettivo, analogicamente svolto, si realizza attraverso le immediate
connessioni prodotte dalla memoria involontaria di Andrea, di quello spirito
«acuito dalla consuetudine del sogno poetico» che vede «nelle forme, ne' colori,
ne' suoni, ne' profumi» le corrispondenze occulte con un sentimento, con un
pensiero, E proprio una di queste "corrispondenze" a dare l'abbrivo al romanzo:
«Lorologio della Trinità de' Monti suonò le tre e mezzo». Si è, così, nel pieno
del tempo oggettivo perfettamente scandito dall'orologio, e anche i gesti e i
movimenti di Andrea vengono seguiti con estrema attenzione cronologica («Andrea
Sperelli si levò dal divano [...] poi diede alcuni passi [...] si chinò verso il
caminetto, prese le molle per ravvivare il fuoco, mise sul mucchio ardente un
nuovo pezzo di ginepro»), finché un oggetto, un'azione non stimoleranno la
memoria del protagonista: «Proprio innanzi a quel caminetto Elena un tempo».
Ed è ancora uno di questi giochi mentali di Andrea che porterà la narrazione
verso l'esito finale. La compresenza delle due donne nella sua vita condurrà
Sperelli a un progetto quasi folle: sovrapporre le immagini erotiche dell'una a
quelle «spirituali» dell'altra per giungere all'elaborazione mentale di una
terza donna che lo sappia portare fino alla «spiritualizzazione del gaudio
carnale». Ma il progetto miseramente fallisce quando, durante un incontro con
Maria, all'amante sfugge il nome di Elena. Infine Elena e Maria torneranno dai
propri mariti: Andrea rimarrà solo e sconfitto.
Fin dalla prima edizione, il romanzo fu ampiamente criticato ora per le
tematiche "ardite", ora per il linguaggio retorico, ora per un frainteso
superomismo ante litteram, ora, appunto, per l'esiguità e la banalità della
trama. In anni recenti, Il Piacere ha beneficiato di un generale ripensamento
critico intorno alla figura e all'opera tutta di D'Annunzio. Si è potuto così
valutare più serenamente il contributo dell'autore allo svecchiamento della
letteratura italiana in un ambito più consapevolmente europeo, a cominciare, per
esempio, dalle importanti consonanze con le varie poetiche del "simbolo": «La
legge compositiva e l'idea di fondo, strutturale, del romanzo, sono proprio
nella doppia faccia che tutto, situazioni, personaggi, vicende, posseggono. Il
Piacere è, allora, un romanzo che narra continuamente simboli più che eventi. Il
romanzo si svolge attraverso le corrispondenze simboliche, che sono tutte
contrastive, oppositive, e rivelano la doppia faccia di ogni cosa, per
conseguenza dell'intervento del sofisma perenne di Andrea» (Giorgio Bárberi
Squarotti).
Il romanzo, di grande e continuato successo fino a oggi, è stato tradotto in
moltissime lingue. D'Annunzio stesso approntò i materiali per la traduzione in
lingua francese (con tìtolo L'enfant de volupté) compiuta da Georges Hérelle.
Un adattamento del romanzo per il cinema muto si ebbe nell'agosto del 1918, per
la regia di Amleto Palermi, con Enrico Roma (Andrea), Vittorina Lepanto (Elena),
Evelina Paoli (Maria). L'aveva preceduta, nel 1914, una riduzione per il cinema
russo, con la regia di Petr Cardynin.
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