Una leggenda
Migliaia e migliaia di anni fa, in una Sicilia ancora popolata da Ciclopi, Lestrigoni e altri strani personaggi, più o meno favolosi, il gigante Encelando, per espiare una colpa
commessa, fu condannato ad essere sepolto sotto l'isola, un braccio sotto Pachino, l'altro sotto
Capo Peloro. I piedi dell'infelice trovarono posto sotto un
promontorio: su quest'ultimo,secoli dopo, sorse Lilybeo. Poco o nulla si sa sugli insediamenti più
antichi che sicuramente si trovavano in questa zona.
Diodoro, la nostra principale fonte per la storia della Sicilia antica, ci parla di Lilybeo solo quando, casualmente, la sua storia si intreccia a quella di altri più importanti agglomerati urbani. Certo già nel X
secolo i Fenici transitavano di qui ed elessero questo promontorio a loro zona di rifornimento di cibo e
soprattutto di acqua, che qui sgorgava appunto
dall'arabo "Lily', acqua, unito a "Boeo" dal nome di alcuni dei presunti abitatori
pre-fenici di questa area, gli Eubei. I Fenici dunque frequentavano l'antico villaggio, e
continuarono a servirsi del suo piccolo porticciolo anche dopo la fondazione, sulla vicina isoletta dello
Stagnone, di una delle loro più importanti basi nel
Mediterraneo.
Mozia
Al visitatore di oggi Mozia si presenta come un'isola piatta, piuttosto piccola, coperta di alberi di olivo e di sassi, immersa in un raro silenzio, interrotto solo dal frinire delle cicale e dall'abbaiare pigro di qualche ca-ne. Sicuramente più o meno allo stesso modo dovette apparire a Giuseppe Whitaker quando, al principio di questo secolo decise di acquistarla. Vicino all'approdo si erge ancora la sua villa rossa, costruita nel classico stile del tempo,
tanto simile a quelle che nello stesso periodo la stessa famiglia Whitaker e con loro i Florio e tanti altri facevano erigere un pò in tutta la Sicilia. Mala villa di Mozia si distingue dalle altre per un mo-tivo molto particolare: ospita infatti un museo estre-mamente interessante, frutto di decine di anni di scavi e che oggi si offre come uno dei più importanti per la conoscenza della civiltà cartaginese. Al suo interno migliaia di reperti testimoniano della vita e del benes-sere del popolo di Mozia: vasellame, stele, gioielli,
balsamari e lucerne narrano ognuno una storia a chiunque si presti ad ascoltare. E certo una delle storie più suggestive potrebbe raccontare il magnifico giovane di marmo che campeggia nel museo, vecchio almeno
di 2500 anni eppure quasi vivo sotto i nostri occhi. E dunque, se potesse, ci
narrerebbe di ville fastose, di palazzi lussuosi, di feste, di fruttuosi
commerci, ma anche di battaglie e sanguinosi sacrifici umani. La gente di Mozia
era ricca e potente e ben ce lo testimoniano gli avanzi delle poderose porte che
si aprivano in altrettante poderose mura, la vastità del bacino di carenaggio,
secondo solo a quello di Cartagine stessa, la bellezza dei mosaici (purtroppo ne
è stato rinvenuto - per il momento - uno soltanto) che adornavano i pavimenti
dei palazzi residenziali. Ma, al culmine della sua potenza, Mozia crollò: nel
397 a.C. Diorusio I di Siracusa, a capo del proprio potente esercito, riuscì ad
espugnarla e la rase al suolo. Gli abitanti dovettero abbandonarla e rifugiarsi
sulla terraferma, e scelsero proprio Lilybeo, da dove i loro avi, secoli prima,
erano partiti per dar vita alla nuova città. Di Mozia, intanto, si perse anche
il nome.
Lilybeo
La nuova città cartaginese divenne col tempo la più importante base punica in
Sicilia, tanto da rimaner infine l'ultimo baluardo della loro
potenza nell'isola. Così come Mozia, i suoi abitanti la vollero
ricca e praticamente inespugnabile. Sorgeva su un'area di circa
100 ettari, bagnata su due lati dal mare. Le mura, spesse fino a 7
metri ed il larghissimo fossato difendevano la città da parte di
terra ed una serie di cunicoli e passaggi segreti consentivano
sortite improvvise all'esterno. Purtroppo di queste imponenti opere di difesa abbiamo solo le descrizioni di
Polibio e Diodoro: nulla o quasi nulla rimane della città punica . Tra le poche
cose però, c'è un reperto di grandissimo valore: una nave. Ritrovata nello
Stagnone di Marsala, fu recuperata nel 1969 ed è oggi esposta nel Museo del Baglio Anselmi. Si tratta di un'agile e lunga nave da guerra,
vecchia di oltre 20 secoli, affondata probabilmente nel 241 a.C. nel corso della
battaglia delle Egadi che diede ai Romani il controllo su Lilybeo dopo un
inutile assedio di 9 anni. Fino ad allora la conquista del
la città era stata tentata ma ritenuta da tutti impossibile. La nave punica
riveste particolare importanza perchè tra l'altro - ha illuminato gli studiosi
sulla tecnica di costruzione cartaginese. Pare per esempio che la nave fosse
prefabbricata.Allo stesso modo per l'antica imbarcazione cela ancora molti dei
suoi segreti: com'è possibile, infatti, che dopo centinaia di anni trascorsi
sott'acqua i suoi chiodi non si siano per nulla ossidati?
La città romana
Ormai padroni della città, i Romani, seppur rispettosi della realtà locale,
vi si trasferirono con il loro modo di vivere e le loro abitudini. Del resto la
Sicilia era divenuta presto meta di numerosi emigranti, in particolare veterani
e cercatori di fortuna che, approffittando delle agevolazioni del governo
centrale preferivano stabilirsi ai margini dell'Impero certi di non poter ben
presto arricchire. Lilybeo divenne presto città romana a tutti gli effetti, e riprese a pieno ritmo l'attività
portuale, affermandosi ben presto come il principale por-
to di collegamento con l'Africa. La "civitas splendidis-
sima", come fu chiamata, si arricchì di nuove case,
monumenti ed edifici pubblici, degni della migliore
tradizione latina. Tra questi ultimi meritano un accenno se non altro perchè sono ancora visibili - i bagni
termali, pensarono di sfruttare l'acqua che tanti anni
prima aveva indotto i Fenici a fermarsi qui, e dunque
edificarono un grandioso complesso termale, impo-
nente e doviziosamente decorato. Sull'ampio peristilio
si aprivano una serie di salette - sulla sinistra le terme
vere e proprie: erano garantiti tutti i servizi, dal frigi-
darium alla piscina. L'ambiente era elegante ed esclusivo e seppure le sovrastrutture siano scomparse, la
fantasia e gli splendidi mosaici che adornano quasi
tutti i pavimenti ci possono suggerire un'immagine
veritiera delle Terme. Così come i numerosi reperti
conservati nel già citato Museo di Baglio Anselmi ci riportano ad una città piena di movimento e commerci.
Marsala
Il benessere resistette al trascorrere degli anni.Anche gli Arabi vi contribuirono, continuando ad avvalersi
del porto cittadino. Nel cambiare il nome Lilybeo in
un toponimo nella loro lingua vollero addirittura ricordarlo: la città fu ribattezzata "Mars-Alì", porto di
Alì. Di qui transitarono ancora dunque le merci più
disparate: dalla Sicilia verso il mondo e viceversa, per
secoli e secoli.Alla vigilia della dominazione spagnola,nel corso del XIV secolo, la città si schierò contro gli
Angioini dalla parte degli Aragonesi e questi la favorirono, una volta preso il potere, accrescendo ancor più
la sua importanza quale centro commerciale. Oltre che
sull'attività portuale, Marsala basava il proprio benessere sulle produzioni di un fertile entroterra, dal quale
si ricavavano soprattutto grano e zucchero. La florida
economia favorì altresì la risistemazione urbanistica,legata inoltre alla sua potenza militare, in quanto la
città era divenuta anche una delle più importanti piazzeforti siciliane. Naturalmente tanto benessere non
poteva che fare gola ai tanti pirati che in quegli anni
scorazzavano impuniti per il Mediterraneo, terrorizzando le popolazioni costiere e razziando città e
campagne. Fu così che nel 1575, nel tentativo di difendere Marsala dalle incursioni dei pirati, l'imperatore Carlo
V pensò bene di ostruire il porto. Non l'avesse mai fatto: la città prese a morire.
I Mille
Marsala tornò nella storia molti secoli più tardi. Certo,
non era più quella di un tempo, ma rimaneva comunque l'orgoglio di quello che era stato. E
ancora,nonostante l'infausta decisione di
Carlo V, c'era un porto, non quello di Ali, ma pur sempre un porto. E fu grazie a
quest'ultimo che Marsala, nel 1860, fini sulla bocca di tutti:Garibaldi, infatti, il
celeberrimo eroe dei due mondi, scelse proprio il suo glorioso porto per sbarcare in Sicilia con i
suoi 1000 soldati e intraprendere la conquista dell'isola che avrebbe condotto
all'Unità d'Italia.
Visita alla Città
Passando sotto la seicentesca Porta Garibaldi, già Porta di Mare, una strada acciottolata
conduce direttamente al cuore della città, Piazza della Repubblica. Su di essa prospetta
il Palazzo Senatorio, detto "La Loggia", grande palazzo edificato a partire dal 1576 e
completato nella facciata - caratterizzata da ampi archi e da una quadrangolare torre dell'orologio - nel XVIII
secolo. Di fronte ad esso si eleva maestosa la Cattedrale, dedicata a San Tommaso di Canterbury, la cui
prima pietra fu posta nel 1628 su una primitiva fondazione normanna del 1176. La imponente facciata
completata soltanto nel 1956 è adorna di statue e fiancheggiata da due piccoli campanili; l'interno, a tre
grandi navate scandite da alte colonne, è arricchito di opere d'arte dei Gagini e scuola. La più importante
proprietà della Cattedrale sono otto magnifici arazzi fiamminghi del '500, custoditi in un piccolo museo a
ridosso dell'edificio sacro. Dono dell'arcivescovo di Messina A. Lombardo, il quale a sua volta li aveva
ricevuti da Filippo II di Spagna, raffigurano episodi della guerra romano-giudaica condotta da Tito. Intorno
alle scene si sviluppano eleganti cornici di fiori, foglie,figure allegoriche e fantasiose decorazioni che
contribuiscono a fare di questi arazzi delle notevolissime
opere d'arte. Tornati nella via XI Maggio, che si sviluppa lungo l'asse viario più antico, tracciato già in
epoca cartaginese, lo sguardo abbraccia le tre principali porte cittadine e ci si può fare un'idea precisa
della sistemazione urbanistica, sostanzialmente immutata da secoli e secoli. Numerosi edifici sacri e
residenziali, costruiti tra il XVI ed il XVIII secolo, fiancheggiano "il Cassaro" (così viene chiamata anche la
via XI Maggio): si vedono la chiesa di San Giuseppe, il Monastero di San Pietro con la bella torre con la
cuspide maiolica, il Palazzo Oneto, la seicentesca chiesa di Santa Maria delle Grazie, tanto per citarne alcuni.
Naturalmente non tutti gli edifici importanti sorgono su questo asse viario. Addentrandosi per le
caratteristiche stradine marsalesi, che offrono spesso scorci e cortili di grande bellezza, si incontrano San
Matteo, la prima madrice cittadina, fondata nell'XI secolo ed in seguito ricostruita; i Palazzi
Genna, Duca Fici Grignano; la Chiesa ed il Convento di Sant'Agostino, la chiesa del
Purgatorio. Poco lontano dal Baglio Anselmi,infine, si eleva solitaria la chiesetta` di San
Giovanni fuori le mura, dal bel portale barocco,
dal cui interno si . accede all'antro della mitica
Sibilla, Lilibe.L'ottimo liquore già alla fine del '700, ad opera della famiglia inglese Woodhouse, a Marsala si posero
le basi dell'industria enologica che oggi è tra le più importanti della
Sicilia e d'Italia. Nel corso del XIX secolo anche altre famiglie si dedicarono alla viticoltura e alla produzione di
vino Marsala, impiantando tutta una serie di stabilimenti e "bagli": gli Ingham-Whitaker, i Florio e tanti altri diedero
l'avvio ad un'industria fiorente, una delle principali voci nell'economia locale.
Il Marsala è un vino "nobile" di antica tradizione, da
gustare e offrire come aperitivo, come digestivo, ai pasti e per accompagnare il dessert. Per illustrare al
meglio la storia di questo vino liquoroso, per consentirne
la degustazione e anche, perché no, per favorirne la
conoscenza presso un pubblico sempre più vasto, è
stata di recente proposta l'istituzione di un vero e proprio museo.
Una tradizione
Ragazze dai preziosi costumi, il viso coperto da un'impalpabile velo bianco, il capo, il collo, le braccia adorne
di un enorme quantità di gioielli di ogni tipo, sfilano in suggestivo corteo per le strade di Marsala: sono le
Veroniche, che insieme a decine di altri personaggi danno vita ai gruppi in costume della sacra rappresentazione del
Giovedì Santo. E' una tradizione questa, che a Marsala è vecchia di almeno 350 anni e che ogni anno ripropone scene
e personaggi della Passione, Morte e Resurrezione di Cristo.La processione, religiosa e folcloristica al tempo stesso è
una occasione da non perdere per conoscere da vicino
l'anima religiosa più vera dei Siciliani di questo promontorio così ricco di storia e leggenda.
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Mozia:"L'isola
dei fenici"
La riserva naturale dello Stagnone
Eventi e Manifestazioni Le
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