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GUERRE,DITTATURE E 

SEGRETI DI STATO.

Dal Cile all'Italia.La politica estera dei "difensori della democrazia".

BOLIVIA

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TENSIONE IN BOLIVIA!

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Tentazioni di golpe in Bolivia! Gli affari degli USA.

Il presidente Gonzalez "Gony" Sànchez de Lozada, miliardario imprenditore del settore minerario, grande amico dei Bush. LEGGI

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Parliamo della Escuela de Comando y Estato mayor General del Ejercito, una scuola - una sorta di università militare, che sorge a Cochabamba, la terza città boliviana. Una scuola di cui vorremmo mostrare i documenti. Non possiamo. Perché "la loro riproduzione non è autorizzata senza il consenso per iscritto del Comando Sud degli Stati Uniti, Miami, Florida". LEGGI

 

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In un paese come la Bolivia, chi difende il diritto dei poveri a vivere una vita decente sa che prima o poi finirà in galera. E se si tratta del diritto di coltivare foglie di coca, materia prima della cocaina ma soprattutto la principale fonte di reddito per decine di migliaia di persone, si può benissimo essere accusati di essere “trafficanti di droga”. Il rischio fa parte del gioco. Chi resiste alle operazioni di eradicazione forzata della foglia di coca, operazioni condotte dal governo boliviano con il finanziamento degli Usa, di solito viene chiamato “narcoguerrigliero”; i leader dei contadini boliviani si sono abituati anche a questo. Ma essi devono aver provato una specie di shock, sentendo il termine con cui sono stati definiti dopo l’11 settembre. A usarlo per primo, naturalmente, è stato l’ambasciatore degli Stati uniti. Secondo il rappresentante di “The Embassy”, come viene di solito chiamato il centro della diplomazia Usa a La Paz, coloro che nelle regioni dove si produce la coca bloccano le strade per protesta contro l’invasione dell’esercito e della polizia possono a ragione essere definiti “terroristi”. Puramente e semplicemente. Ed egli ha proseguito plaudendo alle politiche del governo di eradicazioni continue, aggiungendo che la Casa Bianca sosterrà il prossimo governo boliviano a patto che questo mantenga la linea dura contro la coca. Ma i boliviani sapevano per chi votare nelle prossime elezioni presidenziali che avranno luogo nel maggio 2002. Perciò il dinamico leader dei produttori di coca boliviani, Evo Morales Ayma, ha fatto un grosso errore quando ha deciso di fondare un suo partito politico con l’obiettivo di trasferire il terreno di scontro dai campi di coca al palazzo del Parlamento a La Paz. Avrebbe dovuto capire il suo sbaglio nel 1998, quando è stato eletto deputato con più preferenze di qualunque altro membro del parlamento. Sfortunatamente, egli ha interpretato questo risultato come sostegno popolare alle sue richieste: la fine delle eradicazioni forzate e, dall’altra parte, una riduzione graduale e concertata dei terreni coltivati preceduta da programmi di sviluppo rurale tali da fornire una vera fonte alternativa di reddito. 

Inoltre Morales non si è reso conto di essere diventato sempre più imprudente diventando, nel corso degli ultimi anni, una figura di livello nazionale. Con lui, la lotta per la coca e contro le politiche di eradicazione forzata è diventata una questione nazionale, appoggiata dalla grande maggioranza dei popoli indigeni che costituiscono circa il 65% della popolazione boliviana. Quando i contadini che coltivano la coca hanno bloccato le strade, gli insegnanti, i minatori e gli studenti hanno espresso loro solidarietà. Quando hanno intrapreso marce pacifiche verso le loro città, migliaia di persone si sono unite a loro. Poiché pensava di vivere in una democrazia, Morales ha continuato a fare errori. Ha sfidato il governo e il suo atteggiamento servile verso le pretese degli Usa. Insieme con un altro leader rurale degli altopiani boliviani, Felipe Quispe, ha annunciato la sua candidatura per la più importante carica nel paese per le prossime elezioni in maggio. Così, il leader della coca è diventato un nemico pericoloso per l’élite politica ed economica della Bolivia, consistente tradizionalmente nel 5% della popolazione, che è bianca e che ha studiato senza eccezioni negli Stati uniti. Ma in una democrazia, cosa che la Bolivia aspira ad essere dopo decenni di dittature militari, non è così facile chiudere la bocca a un deputato. Non si può semplicemente metterlo in prigione, o farlo sparire. I deputati sono figure pubbliche, e hanno tutta la libertà che vogliono di influenzare il dibattito e l’opinione pubblica. Per liberarsi di Morales, e con lui della resistenza popolare contro l’eradicazione totale della foglia di coca, era necessario distruggere la legittimità della sua causa. La pressione doveva aumentare, il confronto doveva diventare radicale, e bisognava scegliere il momento giusto per cambiare registro. A partire da settembre le operazioni di eradicazione in Chapare, la maggiore regione produttrice di coca della Bolivia, si sono intensificate. 

Per attuarle sono stati utilizzati 11.000 soldati, uno ogni quattro famiglie che vivono nella regione. Il 1° gennaio 2002 gli scontri violenti avevano causato centinaia di feriti e sette morti tra i contadini, alcuni dei quali giustiziati a sangue freddo con una pallottola nella schiena. Nessun soldato è mai stato giudicato per questi crimini. E infine, qual era la questione? I produttori di coca boliviani coltivano circa 18.000 ettari di coca. Si ritiene che una terzo vada al mercato illegale e il resto alla masticazione tradizionale e ad altri usi medicinali di questa foglia, che nella cultura andina esistono da migliaia di anni. Solo in Colombia, l’area coltivata a coca è dieci volte maggiore. E i tentativi fanatici da parte del governo boliviano di eliminare tutta la coca dal paese sembrano ancora più assurdi se si considera che nei paesi consumatori di cocaina, la domanda non cessa mai. Perché così tanta enfasi sulla cancellazione della sola fonte di reddito per così tante famiglie che, senza la foglia di coca, sarebbero costrette a emigrare in città a chiedere l’elemosina?
Perciò Evo Morales ha negoziato. Ha passato giornate intere a incontrare la sua gente, i ministri, i mediatori della Chiesa, e di nuovo la sua gente. Ha chiesto il consenso e i suoi compagni lo hanno accusato di essere un traditore. Ha chiesto la difesa armata e il governo, sostenuto apertamente dall’ambasciatore americano, lo ha accusato di essere un terrorista. Da Evo Morales dipende ormai il destino di migliaia di persone. Lui lo sapeva, e sperava che tutto sarebbe finito con una cessazione delle ostilità, almeno fino al momento delle elezioni.
Ma il tempo stava finendo. Nella prima settimana di gennaio il governo boliviano ha emesso un decreto che proibisce il commercio delle foglie di coca in Chapare. Non era più possibile vendere una sola foglia di coca, nemmeno per il mercato legale, e i contadini sono stati costretti ad abbandonare i loro campi, oppure a resistere con la violenza. Il 17 gennaio una folla inferocita ha tentato di riaprire con la forza il mercato di Sacaba, a circa cinque chilometri da Cochabamba. Il risultato è stato di sette morti, tre contadini e quattro poliziotti, due dei quali sono stati tirati fuori da un’ambulanza e massacrati sulla strada. Il governo ha subito approfittato dell’allarme destato da questo episodio. Sono stati arrestati un centinaio di leader rurali, e Evo Morales è stato accusato di essere l’autore morale dell’assassinio dei poliziotti. Rapporti di intelligence hanno rivelato che Morales aveva visitato la Colombia, e lo hanno accusato di avere legami con la guerriglia colombiana. I giornali hanno ricordato ai loro lettori che alcuni anni fa Morales aveva ricevuto un premio dal colonnello libico Gheddafi, e hanno trattato questo episodio come una prova dei suoi legami con gruppi estremisti mediorientali.
Da quel momento in poi è stato tutto facile. Il 24 gennaio la Commissione etica del Congresso boliviano ha deciso di revocare a Morales l’immunità parlamentare. Di conseguenza egli corre il rischio di andare in carcere per molto tempo. E il rischio che corre la Bolivia è la guerra civile. Già ora, i contadini del Chapare hanno annunciato un blocco totale delle strade. Altri contadini li seguiranno. All’ambasciatore Usa non potrebbe importare meno. Per lui, loro sono comunque tutti terroristi.
(http://www.fuoriluogo.it/speciali/globalizzazione/bolivia_joep.htm)


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