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GLI
AFFLUENTI
Gli affluenti che si immettono
nel Po nel tratto in oggetto sono: il torrente BRONDA, il RIO
TORTO, il GHIANDONELLO, la BEALERA DEL MULINO di Cardè, la
LESSIA, il TEPICE, la BEALERA “SPORCA” di Moretta, la BEALERA
DEL MULINO di Moretta ed il VARAITA per quanto riguarda la
riva orografica destra; il GHIANDONE, il RIO SECCO, il
BEARLOTTO ORMEA (più conosciuto come “MANZOTTA”), il CANTOGNO,
il RIO MARTINETTO, la BEALERA DEL MULINO di Villafranca
Piemonte ed il torrente PELLICE in riva orografica sinistra.
Gli affluenti di destra
arrivano tutti dall’area saluzzese dove, purtroppo, il
problema dell’inquinamento delle acque viene affrontato con
una superficialità a dir poco disinvolta; di conseguenza, con
la sola eccezione del Varaita, esercitano tutti una notevole e
purtroppo nefasta incidenza sulla vita del Po. Infatti, a
partire dagli anni ’60, il loro contributo al grande fiume è
andato progressivamente peggiorando sotto il profilo della
qualità dell’acqua; inquinamenti di vario tipo li hanno sempre
più insozzati facendoli morire biologicamente e facendoli
diventare delle vere e proprie cloache a cielo aperto che
terminano il loro cammino nel Po.
Tutto ciò sotto lo sguardo
indifferente delle istituzioni a tutti i livelli, le quali
hanno sempre ignorato le continue segnalazioni e le pressioni
di associazioni ambientaliste e di singoli privati, a probante
conferma di quanto poco contino i cosiddetti “verdi”, al
contrario sempre additati, da un’informazione di comodo e
mistificatrice, come i responsabili di tutti i disastri che
ormai stanno mettendo a repentaglio la salute dei cittadini.
Invece è vero esattamente il contrario, ed è ora che la gente
lo sappia! A dire il vero basterebbe che la gente facesse un
po’ mente locale per capire dove sta la verità, ma
evidentemente, un po’ per paura di ritorsioni e molto per
semplice ignavia, preferisce chiudere gli occhi e tapparsi le
orecchie e credere a chi la abbaglia intrallazzando e
raccontando favole!
Scendendo il corso del fiume del tratto in
oggetto, la prima confluenza che troviamo é quella col
torrente BRONDA, che scende dalla valle omonima e confluisce
nel Po , all’altezza di San Firmino di Revello, dopo un
percorso di circa 30 Km. Nonostante il suo breve tragitto, il
Bronda raccoglie ed immette nel Po un carico inquinante
notevole, come cita la relazione dell’Arpa relativa al 1997,
che riportiamo testualmente nelle sue parti più significative:
"... la qualità biologica del torrente Bronda a
monte di Pagno é buona (1°classe)...Attraversato l’abitato...il
Bronda subisce un grave peggioramento che deve essere imputato
al depuratore comunale, a dispetto dell’apparente efficienza
dell’impianto... e mostra i segnali inconfondibili di un forte
inquinamento organico che gli fanno assegnare un giudizio
pesantemente negativo di IV° classe...Nella stazione
successiva...l’analisi dei macroinvertebrati denuncia ancora
un elevato livello di alterazione e addirittura porta un
giudizio ancora peggiore (IV° - V° classe)...anche se
l’ipotesi non è confortata da evidenti riscontri
biotossicologici, se ne ricava l’impressione di una qualche
problematica...che si suppone correlata alle attività
produttive incidenti nel territorio (frutticoltura?
zootecnia? altro?)... Nella stazione 20 il torrente cambia
notevolmente caratteristiche ...ne consegue infatti un
giudizio di III° classe... Malauguratamente questa tendenza al
recupero di condizione si inverte non appena il Bronda riceve
i reflui dell’impianto di depurazione (di Saluzzo ndr) sito in
località ‘la Carolina’: a valle della immissione di questi
ultimi le caratteristiche ambientali decadono pesantemente...sono
rivelatori i valori relativi a conducibilità, COD, ammoniaca,
cloruri...Gli indicatori biologici determinano un giudizio di
IV° classe che rimane tale fino alla confluenza col Po, che,
pur opponendo un fiera autodifesa, ne risulta comunque
impoverito nella sua qualità biologica passando
alternativamente dalla II° alla III° classe.
500 metri circa a valle della confluenza
Po-Bronda, ecco immettersi nel grande fiume il suo maggior
inquinatore del tratto in oggetto: il famigerato RIO TORTO.
Questo corso d’acqua scende dalla Valle Varaita e, dopo aver
raccolto tutti gli scarichi urbani, industriali ed agricoli
dei comuni di Verzuolo, Manta e Saluzzo, confluisce nel Po con
tutto il suo tremendo carico inquinante. Per ragioni di spazio
e per non tediare nessuno, mi limiterò a riportare la parte
conclusiva della relazione ‘97 dell’Arpa, quella relativa
all’ultimo dei 40 km circa di questo torrente:
"...Alla confluenza in Po (stazione 15) la qualità biologica
del Rio Torto risulta ancora diminuita: il giudizio
corrisponde alla V° classe, la peggiore possibile (= ambiente
estremamente inquinato), e la comunità bentonica é ridotta a
pochi elementi indifferenti al tenore di O2 disciolto, che é
insufficiente, ed ai consueti indicatori di estremo degrado
organico (NAIDIDAE, TUBIFICIDAE e Chironomus cfr. thummi); i
parametri microbiologici confermano la diagnosi di cronico
inquinamento di natura ‘fognaria’, così come la COD elevata,
mentre alcuni riscontri chimici (in particolare conducibilità
e cloruri, che si convalidano reciprocamente) fanno pensare
anche a qualche apporto, forse occasionale, di origine
chimica. La stazione 15, fra tutte quelle indagate con questa
metodica, é la sola nella quale si é evidenziata anche una
risposta sensibilmente positiva dell’acqua superficiale al
test di biotossicità: un dato, questo, che rafforza il pessimo
giudizio ambientale assegnato. Non possiamo escludere che
nell’ultimo tratto del suo corso, il Rio Torto sia sottoposto
ad occasionali sversamenti di ulteriori e non autorizzati
apporti organici di origine agricolo-zootecnica, ma é nostro
parere che la sua funzionalità ecologica, già pesantemente
compromessa all’uscita dell’abitato di Saluzzo, sia la
risultante sommatoria di tutta una serie di impatti che,
analizzati singolarmente, potrebbero anche rivelarsi ‘in
regola’, a dimostrazione che il rispetto dei limiti
‘tabellari’ di scarico non sempre é garanzia di innocuità
ambientale.Il contributo inquinante del Rio Torto al Po non é
certamente trascurabile, venendo oltretutto ad aggiungersi a
quello, quasi altrettanto negativo, del Bronda e ad una
distanza così modesta da quest’ultimo da non consentire
all’ecosistema fluviale significativi recuperi; la qualità
biologica del fiume a valle delle confluenze Bronda-Torto é
infatti tradizionalmente modesta, come dimostrano i dati
‘storici’ a nostra disposizione, e risulta la peggiore del
tratto cuneese del suo corso tanto che, specialmente in
condizioni di bassa portata, si avvicina preoccupantemente a
quella, pessima, dei suoi affluenti, con una comunità
bentonica talmente povera da giustificare in qualche
occasione, come si è già accennato, un giudizio di IV° classe:
la situazione qui descritta, considerata anche la destinazione
ad area protetta del Po e della sua fascia fluviale, merita
certamente provvedimenti particolari di controllo, di tutela e
di recupero ambientale".
Un quadro veramente desolante,
che va avanti da almeno 30 anni e che il sottoscritto ha
sempre denunciato pur non potendolo dimostrare
scientificamente; ma per certe situazioni le prove
scientifiche non sono altro che la conferma delle
testimonianze visive e, sopratutto, olfattive... Purtroppo,
anche ora che la prova scientifica é arrivata, ho il fondato
timore che le cose non cambieranno, sia perché alle
istituzioni a tutti i livelli non importa nulla, sia perché
quand’anche qualche membro di queste istituzioni fosse colto
dalla malaugurata voglia di andare a fare chiarezza, andrebbe
a sbattere contro quel famoso muro di gomma, fatto di omertà,
complicità, connivenze e clientelismo, cui ho già accennato
prima, e non otterrebbe altro che ritorsioni a livello
personale e di carriera. Questa purtroppo è la realtà e sfido
chiunque a dimostrarmi il contrario! Potrò cambiare idea solo
quando vedrò una tangibile inversione di tendenza, dove per
tangibile intendo fatti e non le solite parole retoriche e
demagogiche con le quali molti si riempiono la bocca
mantenendo le masse nell’ignoranza.
Scendendo il fiume di altri 5
km circa dalla confluenza col Rio Torto, sulla riva orografica
sinistra troviamo la confluenza col GHIANDONE, quello che può
essere considerato come l’ancora di salvezza per la vita del
Po nel tratto susseguente, perché, con le sue acque ancora
abbastanza buone sotto il profilo della qualità biologica,
riduce l’effetto inquinante e ridà nuova linfa vitale al
fiume.É indubbio che se questo soccorso venisse a mancare, se
cioè anche il Ghiandone venisse insudiciato con agenti
inquinanti, per il Po, nel tratto a valle, sarebbe la fine.
D’altra parte questo è un pericolo che il fiume ha già corso
tra la metà degli anni 60 e la metà degli anni 80 quando
l’inquinamento aveva raggiunto proporzioni talmente disastrose
cui nemmeno le acque del Ghiandone riuscivano più a porvi
rimedio. Poi, fortunatamente e grazie alla massiccia e
cocciuta azione di denuncia portata avanti da associazioni
ambientaliste e da singoli privati, la situazione è
migliorata, tanto che alcune specie, come ad esempio il
temolo, in quel triste periodo praticamente scomparso, sono
tornate ad abitare queste acque anche se in un numero ridotto
di esemplari. Ovviamente l’attenuamento del fenomeno
inquinante interessa solo la parte a valle della confluenza
col Ghiandone, mentre, come già é stato detto, rimane
gravissima la situazione a monte, dove la popolazione ittica è
ridotta a qualche esemplare di Ciprinidi (vaironi e cavedani),
i quali non hanno bisogno di acque particolarmente pure ed
ossigenate per sopravvivere.
Questa situazione, e qui mi
ripeto, potrà migliorare solo quando ci sarà la volontà
politica di intervenire drasticamente nei confronti di chi non
rispetta le leggi e vìola arbitrariamente il diritto della
collettività a godere di un ambiente pulito e, di conseguenza,
di fruire di una migliore salute. Il Ghiandone, proprio per la
buona qualità delle sue acque, é ricco di pesci che,
ovviamente, quando dal Po arrivano alla sua foce preferiscono
risalire il suo corso piuttosto che proseguire nel lerciume.
In questi ultimi anni, però, anche il Ghiandone è stato
interessato da qualche problema di inquinamento che, in alcune
occasioni, non lo hanno più fatto apparire quell’esempio di
purezza ammirato per tanti anni. Pare infatti che
periodicamente le sue acque siano disturbate dalla presenza di
liquami provenienti da alcuni insediamenti suinicoli siti nel
comune di Envie (ma questo è da verificare) e dal cattivo
funzionamento del depuratore di Barge, ormai obsoleto, anche
se quest’ultimo inconveniente sembra sia stato risolto o sia
in via di risoluzione.
Resta il fatto che, come già riferito nel cap.2.1,
negli ultimi anni la situazione a valle della confluenza col
Ghiandone é tornata a farsi critica, anche se non ai livelli
degli anni ‘60-80. Lo conferma la relazione ARPA ‘97 che, a
proposito del Ghiandone, recita:
"... il giudizio di qualità biologica del Ghiandone é
risultato quello derivante da indici IBE intermedi fra 8 e 9
con conseguente posizionamento in II° classe (=ambiente
lievemente inquinato/alterato). Come già accennato, é questo
un risultato che dimostra uno scadimento, anche se non
particolarmente vistoso, delle caratteristiche e della
funzionalità ecologica di un corpo idrico che, in passato, era
sempre risultato di classe I° o intermedia I°/II°. In questa
stazione la biocenosi macrobentonica del Ghiandone era inoltre
caratterizzata da alcune presenze di notevole interesse
faunistico/biogeografico, oltre che di bioindicazione, quali,
ad esempio, i Tricotteri Anabolia lombarda Ris (endemismo del
bacino padano) e Beraeodes minuta (Lin.) (un taxon raro,
probabilmente nuovo per il nord-italia), entità che non sono
più state rinvenute in occasione degli ultimi campionamenti:
queste notizie servono a rimarcare la cospicua valenza
ambientale di un biotopo che mantiene anche una gradevolezza
paesaggistica considerevole, meritevole di salvaguardia.
L’indice biotico relativamente basso (IBE = 8) e la povertà
faunistica (solo 12 unità sistematiche) rilevati, sono
certamente anomali rispetto alla potenzialità di questo corpo
idrico, la cui considerevole e per lo più costante portata è
verosimilmente sostenuta da fenomeni di risorgiva: é possibile
che la situazione sia solo transitoria e legata alle opere di
manutenzione straordinaria in corso sugli impianti di
depurazione a monte (comune di Barge).
Trecento metri circa a valle
della confluenza Po-Ghiandone, troviamo la confluenza del RIO
SECCO, che scorre quasi interamente nel territorio di Barge e
solo per l’ultimissimo tratto in quello di Cardé. Le acque di
questo piccolissimo corso d’acqua sono ancora abbastanza buone
ed il pesce é presente in buon numero, ovviamente
rapportandolo alla portata d’acqua.
Proseguendo per un Km o
qualcosina in più, ecco, sempre in riva sinistra, la foce del
BEARLETTO ORMEA, o MANZOTTA, che scorre completamente nel
territorio di Cardè e che é molto simile, come dimensioni e
portata d’acqua, al Rio Secco. Rio di risorgiva, fino ad una
ventina di anni fa aveva acque limpide e pure, ricche di
pesci; ora é ridotto ad una vera e propria cloaca a cielo
aperto, frutto dei liquami provenienti dalle cascine che
popolano le sue sponde; addirittura c’é chi non ha trovato di
meglio da fare che costruire letamai (ma chi ha rilasciato le
concessioni?) senza muri protettivi dai quali il liquame
defluisce direttamente nelle sue acque! E non si dica che
nessuno lo sapeva, perché segnalazioni erano state fatte a
tutte le istituzioni competenti possibili, cosiccome erano
stati eseguiti dei sopraluoghi; solamente che nessuno ha mai
preso provvedimenti! Capito come stanno le cose? Ed intanto
il Manzotta é ormai morto ed è veramente angosciante, per chi
lo ricorda limpido e ricco di pesci, vederlo scorrere con quel
liquido giallastro e nauseabondo tra l’indifferenza generale!
Va comunque detto che per via della limitata portata d’acqua,
il suo contributo all’inquinamento del Po é contenuto e si
esaurisce in un centinaio di metri e limitatamente alla rive
sinistra.
Alquanto strana, ma nello stesso tempo
emblematica per comprendere come il problema dell’inquinamento
dei corsi d’acqua venga affrontato nella nostra zona, é la
situazione del GHIANDONELLO. Questo piccolo rio di risorgiva,
che nasce e muore in poco più di un paio di Km, confluendo nel
Po in riva destra a circa 150 metri dal ponte di Cardé, in
passato era popolato da tutte le specie ittiche che risalivano
le sue acque limpide e pure. Poi, verso la metà degli anni 80,
come collettore delle nuove fogne del paese venne usato il RIO
CIONCHEA, altrimenti detto CHIAMONA, un canale di scolo
artificiale che un tempo serviva per l’irrigazione e che
congiunge la bealera del Mulino al Ghiandonello. Nello stesso
tempo, però, proprio alla confluenza del Ghiandonello col Po,
fu installato il depuratore dentro al quale confluivano i
reflui fognari e per un po’ di tempo tutto sembrava funzionare
bene. Purtroppo, come del resto succede per quasi (o senza
quasi..) tutti i piccoli depuratori, anche questo cominciò ad
avere dei problemi e molte volte i reflui fognari non venivano
depurati e finivano direttamente nel Po o nel Ghiandonello. A
distanza di 15 anni le cose non sono migliorate, anzi: di
recente l’ARPA di Cuneo ha disposto la chiusura del depuratore
dopo aver constatato (ma questo succedeva già da alcuni anni
ed erano già stati sollecitati provvedimenti, sistematicamente
ignorati dal Comune, tanto chi se ne frega...) che addirittura
il Comune lo aveva fatto baipassare inserendo un tubo di
scarico che confluisce i reflui fognari direttamente nel
Ghiandonello a meno di 100 metri dalla confluenza! Di
conseguenza il Ghiandonello, perlomeno negli ultimi 100 metri,
é biologicamente morto, con una notevole ripercussione anche a
monte in quanto i pesci del Po non lo risalgono più. Al
proposito citiamo la relazione 97 dell’ARPA stessa, recapitata
in data 12 gennaio 98 al sindaco di Cardé, nella quale veniva
già denunciata questa situazione:
"...la
qualità di questo piccolo corpo idrico (Ghiandonello) con
connotati di risorgiva non sarebbe affatto disprezzabile (la
compagine bentonica, con 21 unità sistematiche, é
relativamente ricca e varia) se non fosse per la precarietà
funzionale del depuratore di Cardé, il quale in pratica ne
annulla le risorse autodepurative. Anche la analisi chimiche
(COD e Nitriti, per esempio), microbiologiche e
biotossicologiche denunciano una situazione di pesante
degrado, che deve essere affrontata e risolta’.
Ma per 10 mesi il Comune ha fatto lo gnorri;
poi, in data 27 ottobre 98, il verbale che imponeva la
chiusura di un depuratore talmente abbandonato a se stesso
che, come recita il verbale stesso:
"...Nella
vasca di sedimentazione sono cresciuti alcuni rovi ed
erbacce)..."
Ogni ulteriore commento é superfluo, anche se
si potrebbe legittimamente porre questa domanda: “ma perché i
colpevoli non vengono mai perseguiti nemmeno quando si sa chi
sono e nemmeno di fronte a certi menefreghismi?”. Ora, marzo
2002, il depuratore è stato potenziato e nuovamente reso
funzionante; c’è da sperare che duri...
LA BEALERA DEL MULINO di Cardé,
così denominata perché in passato faceva girare il mulino del
piccolo paese rivierasco, é la diretta prosecuzione del
RIONDINO che nasce nel territorio di Saluzzo, più o meno
all’altezza della frazione Via Dei Romani. Fino a pochi anni
fa ricca di pesci per le sue acque limpide (tanto che le donne
di Cardé andavano persino a lavarvi i panni...), ora é
totalmente morta biologicamente a causa dei liquami
provenienti da alcuni insediamenti suinicoli (e non solo..)
che scaricano direttamente nel Riondino e che sono noti a
tutti fuorché, chissà perché, ai cosiddetti “organi
competenti”... Più volte gli abitanti delle case di Cardé
vicine alla Bealera del Mulino hanno provato a protestare
(persino con una raccolta di firme) con l’amministrazione
comunale per la puzza che quasi giornalmente devono sorbirsi,
ma, al di là delle solite promesse da marinaio, nulla hanno
ottenuto. La Bealera del Mulino, la cui portata d’acqua è
decisamente superiore a quella del Ghiandonello, confluisce
nel Po, con tutto il suo carico inquinante, sulla riva destra,
cento metri circa a valle del ponte di Cardé ed a duecento
metri circa dal Ghiandonello, contribuendo in modo
significativo al degrado del fiume.
LA LESSIA, che confluisce nel
Po circa due km a valle, e sempre in riva destra, dalla
confluenza della Bealera del Mulino, é la prosecuzione della
BEARLASSA che nasce nel territorio di Saluzzo, nei dintorni
della frazione Cervignasco, in una zona ricca di risorgive
ormai da molti anni oggetto di ogni genere di “attenzioni” da
parte di inquinatori senza scrupoli che mettono a repentaglio
la purezza delle falde e, di conseguenza, la salute degli
abitanti di Cardè che da queste falde attingono l’acqua per il
loro fabbisogno giornaliero (Cardè non é ancora provvisto di
acquedotto). Purtroppo, grazie anche ad una sorta di omertà
che potremmo definire masochistica e che é frutto di
un’atavica ignoranza pilotata difficile da scardinare, i
cardettesi sembrano quasi offendersi quando si tenta di
denunciare questo problema, nonostante la scoperta di pozzi
inquinati sia sempre più frequente. É vero che il problema
dovrebbe essere affrontato dagli amministratori locali,
amministrazione comunale in primis, ma questi si guardano bene
dal farlo... Comunque, tornando alla BEARLASSA - Lessìa,
bisogna dire che la qualità della sua acqua negli ultimi anni
è leggermente migliorata; infatti, dall’inquinamento costante
da liquame degli anni precedenti, è passata ad un inquinamento
periodico che comunque distrugge quella piccola popolazione di
ciprinidi, sopratutto vaironi, e qualche trota, che riesce a
insediarsi tra un inquinamento e l’altro. Questo dimostra
quanto pura sarebbe l’acqua di questo rio se non venisse
manomessa. La Bearlassa diventa Lessìa all’altezza del
Santuario della Madonna della Salesea.
Il torrente CANTOGNO, che da
il nome alla frazione di Villafranca Piemonte famosa per il
Santuario della Madonna del Buon Rimedio, confluisce nel Po in
riva sinistra un km e mezzo circa a valle della confluenza
Po-Lessìa e segna il confine tra la Provincia di Cuneo e la
Provincia di Torino. Infatti a valle della sua confluenza, il
Po scorre in territorio cuneese solo in riva destra, mentre la
riva sinistra é in territorio torinese, con qualche
interagenza alternata e comunque limitata a zone ristrette. Il
Cantogno nasce a monte di Cavour dove é conosciuto come Rio
Marrone. E’ un corso d’acqua di buona portata, paragonabile a
quella del Ghiandone; purtroppo é anch’esso periodicamente
disturbato da immissioni di liquami provenienti dai soliti
insediamenti suinicoli, sebbene si mantenga ancora in discreta
salute. Infatti nelle sue acque è ancora possibile trovare
trote, vaironi. scazzoni, anguille e persino lamprede in buon
numero, mentre sono scomparsi i temoli, i primi a risentire
del deterioramento ambientale.
Scendendo il Po di un altro km
circa, in riva destra ed all’altezza della frazione Brasse di
Moretta, troviamo la confluenza col TEPICE, un corso d’acqua
di buona portata, paragonabile forse a quella del Rio Torto;
pur in assenza degli opportuni riscontri tecnici e scientifici
dell’ARPA, posso affermare, senza tema di essere smentito, che
anche il Tepice ha un’incidenza fortemente negativa nel
processo di inquinamento del grande fiume. A conferma di ciò
sottolineo che il Tepice fino alla fine degli anni ‘60 - primi
anni ‘70, era un rio meraviglioso sia dal punto di vista della
qualità biologica delle sue acque che dal punto di vista della
pescosità. Un serbatoio inesauribile di tutte le specie
descritte nell’apposito capitolo, che nella purezza e nella
limpidezza delle sue acque di risorgiva trovavano sicuramente
l’habitat ideale per vivere e riprodursi. Ora é ridotto ad una
cloaca maleodorante, per certi versi molto simile al Rio Torto
che periodicamente vi interagisce per via di probabili giochi
di chiuse delle quali, però, non conosco l’esatta ubicazione.
Anche il Tepice nasce in territorio saluzzese, all’incirca in
quella stessa zona ricca di risorgive cui ho accennato prima,
e, come ho già più volte avuto modo dire, subisce lo stesso
trattamento riservato ai corsi d’acqua provenienti da quel
territorio. Anche per il Tepice vale il discorso di colpevole
assenza da parte delle istituzioni, che sembrano le uniche a
non conoscere la situazione in cui versa. Dalla confluenza del
Tepice in poi, la mia conoscenza degli affluenti del Po nel
tratto in oggetto non é molto approfondita; mi limiterò quindi
a scrivere su di loro quello che su di loro sono riuscito a
sapere raccogliendo le testimonianze dei pescatori locali e
della gente che ama e “vive” il fiume, testimonianze che,
proprio per la loro provenienza, sono comunque quanto mai
degne di attenzione e di assoluta credibilità.
A valle del ponte che unisce
Villafranca Piemonte a Moretta, confluiscono nel Po, a
distanza di circa 400 metri uno dall’altra ed in riva
sinistra, il RIO MARTINETTO e la BEALERA DEL MULINO di
Villafranca. Hanno un’origine comune, come Rio Martinetto,
dalle risorgive che sgorgano numerose nei paraggi della
frazione della frazione San Giovanni di Villafranca; poi
all’altezza della chiesa di San Antonio in Villafranca si
dividono dando origine anche alla Bealera del Mulino, nata
come canale di irrigazione. Grazie ad una buona e costante
portata d’acqua, riescono a mantenere una discreta qualità
biologica nonostante siano entrambi interessati da periodici
immissioni di liquami di origine zootecnica, dai residui di
alcuni allevamenti ittici (trote, carpe, anguille, storioni
ecc...) e dall’immissione di agenti inquinanti di tipo urbano
durante l’attraversamento di Villafranca. Sopratutto, a quanto
pare, preoccupa la situazione dell’ultimo tratto della Bealera
del Mulino per via, manco a dirlo, del cattivo funzionamento
del depuratore comunale... Decisamente più drammatica é la
situazione della BEALERA “SPORCA” DI MORETTA che confluisce
nel Po in riva destra, un km circa a valle dalla confluenza
della Bealera del Mulino di Villafranca. Di questo corso
d’acqua conosco poco, tant’è vero che non sono nemmeno
riuscito a risalire al nome esatto; di una cosa comunque sono
certo: dell’altissimo carico inquinante che porta al Po,
frutto di immissioni da attività industriali, secondo me
facilmente individuabili, che avvengono durante
l’attraversamento di Moretta. A chi é scettico consiglio di
avvicinarsi alle sue sponde sia per vederne il contenuto che
per odorarlo. Lo si può fare già all’interno dell’abitato di
Moretta, ma sopratutto alla confluenza col Po dove il fetore
ammorba l’aria già a qualche centinaio di metri di distanza;
non ci si può sbagliare e, d’altronde, il nome col quale viene
indicato questo corso d’acqua non lascia adito a dubbi...
Di tutt’altro genere, per
fortuna del Po, é il contributo portato dal torrente PELLICE,
che confluisce in riva sinistra ad un tiro di schioppo dai
comuni di Pancalieri e della frazione Madonna Orti di
Villafranca P.te, siti in P.cia di Torino, e di Faule, sito,
però, in riva destra ed in P.cia di Cuneo. Il Pellice nasce
dalle montagne della valle omonima e durante il suo cammino
riceve anche le acque di un altro torrente, il CHISONE, che
contribuisce ad aumentarne la già notevole portata d’acqua. Il
Pellice é sempre stato sinonimo di acqua di buona qualità
biologica, tant’é vero che ancora oggi, in estate, le sue
“spiagge” si popolano di migliaia di bagnanti, sopratutto
negli ultimi 5-6 km prima della confluenza. Però, a questa sua
innegabile ed importante funzione depurativa che offre al Po,
non fa purtroppo riscontro una altrettanto importante quantità
faunistica, a causa di un bracconaggio selvaggio radicato
nella cultura di queste zone e quindi difficile da smantellare
grazie anche alla latitanza delle istituzioni. A ciò bisogna
aggiungere il depredamento altrettanto selvaggio del suo
alveo, attuato da speculatori senza scrupoli aiutati dalla
connivenza delle istituzioni e degli amministratori locali;
questi interventi lo hanno sconvolto dal punto di vista
geomorfologico, privandolo di quasi tutta la sua
meandrizzazione e di quasi tutti i fondali, sostituiti da
massicciate e da prismate che lo fanno sembrare più simile ad
un’autostrada che ad un torrente. Tutto questo, oltre a
contribuire ad impoverirlo dal punto di vista faunistico, ha
comportato un enorme aumento della sua velocità e, di
conseguenza, della sua pericolosità in caso di piena.
Questa mia ricerca vuole anche
essere una denuncia di quanto potrebbe accadere in futuro
(quanto lontano solo Dio lo sa...) a causa di questi
irresponsabili interventi, affinché nessuno possa poi dire:
“non si poteva prevedere...” ed affinché le colpe possano poi
essere addossate ai veri responsabili!
Non proprio allo stesso
livello, ma quasi, della consorella “Bealera Sporca”, é la
BEALERA DEL MULINO DI MORETTA, altrimenti detta DEL CASTELLO,
che confluisce nel Po in riva destra tra la confluenza del
Pellice e quella del Varaita che vedremo dopo. Pescosissimo e
con acque limpide fino a meno di trent’anni fa, questo corso
d’acqua dalla portata paragonabile a quella del Rio Torto e
proveniente anch’esso dal saluzzese (precisamente dalla zona
di Lagnasco) ha poi dovuto pagare il fio al cosiddetto
progresso, diventando dapprima lo scarico preferito di un
insediamento industriale ben noto a tutti fuorché a chi di
dovere, poi, in aggiunta, dei soliti insediamenti suinicoli
che l’hanno portato alla morte biologica ancor prima di
attraversare il Comune di Moretta. Qui riceve il colpo di
grazia rappresentato dagli scarichi urbani ed industriali del
paese. Come per la “Bealera Sporca”, non sono in grado di
fornire la prova scientifica del carico di inquinamento
sopportato dalla Bealera del Mulino di Moretta perché non mi
risulta, almeno fino ad oggi, che l’ARPA abbia mai provveduto
ad analizzarla; di sicuro posso dire che da oltre un ventennio
il pesce non é più un abitatore delle sue acque (?), perlomeno
negli ultimi 10 - 15 km prima della confluenza. Inoltre la
colorazione del liquido che si immette nel Po e gli “effluvi”
che esso emana, penso siano la garanzia più attendibile di
quanto affermo. Agli scettici questa volta consiglierei un
bicchierino; anche a stomaco pieno...
L’ultimo affluente che troviamo
nel tratto in oggetto é il torrente VARAITA, che confluisce
nel grande fiume in riva destra a poco meno di un km a monte
di quel ponte di Casalgrasso che praticamente segna la fine
del tratto cuneese del Po e l’inizio del tratto torinese. Non
abbiamo riscontri scientifici sulla qualità biologica delle
acque di questo torrente che scende dalla valle omonima, ma da
quanto ci é stato riferito pare non sia inferiore a quella del
Pellice nonostante che, nella sua parte finale, non sfugga
anch’esso alle solite periodiche immissioni di liquami di
origine zotecnica, in particolare suinicola. Di certo fino a
circa metà del suo percorso, precisamente fino a un km circa a
valle dell’abitato di Costigliole Saluzzo, il Varaita, come
segnalato nella relazione ’97 dell’ARPA, si mantiene in ottime
condizioni, alternandosi tra la 1° e la 2° classe.
Nonostante ciò anche il Varaita
ha subìto uno spaventoso regresso nella sua popolazione ittica
a causa di tre fattori: eccessive captazioni che ne hanno
ridotto al minimo e forse meno la portata, bracconaggio e
irresponsabili interventi in alveo, forse paragonabili a
quelli effettuati sul Pellice. Emblematico al riguardo quello
di scogliera, ultimo in ordine di tempo, effettuato nel ‘98
alla confluenza col Po, un intervento talmente inutile e
sconvolgente che anche il più riottoso dei profani può
facilmente comprendere l’enorme giro speculativo che é ruotato
attorno ad esso. Un intervento totalmente fuorilegge perché in
contrasto non solo con le varie leggi nazionali in materia di
salvaguardia del territorio, ma anche con le ultime e più
restrittive normative emanate dalla Regione (norme di
attuazione del Piano D’Area del Parco del PO) e dall’Autorità
di Bacino (norme di attuazione del Piano Stralcio delle Fasce
Fluviali del Po, approvato nel settembre ‘98 dal Consiglio dei
Ministri e successivamente pubblicato sulla Gazzetta
Ufficiale). Allora com’é potuto accadere, mi si chiederà? La
risposta l’ho già data più volte ma la ripeto: connivenze tra
le potenti corporazioni interessate e le istituzioni a tutti i
livelli.
La prassi é sempre la stessa:
1) le amministrazioni locali, su pressione delle suddette
corporazioni, richiedono le concessioni agli organi
“competenti” adducendo motivazioni magari anche plausibili se
non verificate; 2) gli organi “competenti” rilasciano le
concessioni senza approfondire troppo (volutamente o per
inerzia?) le suddette motivazioni; 3) si da il via ai lavori
ed intanto si richiede anche il parere dei cosiddetti organi
di controllo, parere che, peraltro, si sarebbe già dovuto
richiedere prima...; 4) questi ultimi tergiversano permettendo
così ai lavori di andare avanti poi, quando finalmente si
decidono ad esprimere questo parere (che non può che essere
negativo...) magari solo dopo la presentazione di
un’interrogazione da parte di qualche loro membro e di qualche
associazione ambientalista che insieme hanno scoperto
l’inghippo, il documento viene “casualmente” dimenticato in un
cassetto per qualche mese prima di essere spedito. Nel
frattempo i lavori sono stati praticamente ultimati e chi s’é
visto, s’è visto. Ed é precisamente quanto é accaduto per i
lavori alla confluenza del Varaita, dove sono stati spesi
alcuni miliardi pubblici non per difendere strutture pubbliche
dal rischio di esondazione del fiume, ma gli interessi di due
aziende private (una cava ed un proprietario terriero) che, in
ogni caso, avevano creato i presupposti per una tale
eventualità con una condotta perlomeno disinvolta delle loro
attività; in che modo?. La prima ampliando sempre più il lago
di cava fino a spingersi ad una decina di metri dagli alvei
sia del Varaita che del Po (in barba alla legge 431..), la
seconda radendo al suolo un’ampia area boscata a ceduo e
sostituendola con coltura a mais fin quasi sulle sponde di
entrambi i corsi d’acqua dopo averle “opportunamente”
disboscate.
Pura speculazione, nient’altro
che pura speculazione portata avanti con fredda e calcolata
determinazione sulla pelle dei cittadini! Di questo intervento
possiedo anche una documentazione video girata l’11 di agosto
del 1998 quando, purtroppo, i lavori erano già stati quasi
ultimati e la citerò come esempio di nefandezza in tutte le
scuole dove sarò chiamato a tenere le lezioni sull’ambiente
fluviale.
Per sottolineare ulteriormente
quanto poco contino in Italia le leggi sulla tutela e la
salvaguardia del territorio, aggiungo che questo intervento é
stato effettuato in pieno Parco del Po ed in zona di area di
RISERVA NATURALE SPECIALE, vale a dire di alto valore
ambientale dove i vincoli sono ancor più restrittivi; aggiungo
ancora che sono in possesso di tutti i documenti che
testimoniano le “negligenze” succitate.
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