Con l’evoluzione del cosiddetto progresso, anche le abitudini
degli abitanti delle sponde del Po sono cambiate. Per meglio
dire sono cambiate le funzioni sociali di certe attività che
si praticavano e si praticano sul fiume.
L’esempio più significativo è la pesca che, come abbiamo visto
in precedenza, da prioritaria risorsa economica è diventata un
hobby, magari il più praticato ma pur sempre un hobby. Negli
ultimi anni, però, altri tipi di svago sono prepotentemente
saliti alla ribalta: ci riferiamo in particolare al
canottaggio. Infatti, mentre fino a pochi anni fa le
imbarcazioni che scendevano il fiume si potevano contare sulle
dita di una mano, ora, specialmente nei mesi caldi, le sue
acque sono giornalmente solcate da una miriade di canoe, kayak
e canotti, con punte massime, ovviamente, nei giorni festivi e
prefestivi.
Bisogna riconoscere che allo sviluppo di questo sport hanno
contribuito in modo determinante le associazioni
ambientaliste, come gli “AMICI DEL PO” di Cardè e di
Villafranca, organizzando gare più o meno competitive e feste
di vario tipo, oppure conducendo direttamente sul fiume
numerose scolaresche in passeggiate o discese in canoa a
sfondo didattico, preziosa opera di sensibilizzazione per le
nuove generazioni affinché possano imparare già in giovane età
ad accostarsi all’ambiente fluviale col rispetto dovuto e la
cultura più appropriata. Tutte queste manifestazioni erano
impensabili fino a pochi anni fa, quando chi si batteva contro
il degrado ambientale veniva deriso ed additato al pubblico
ludibrio, cosa peraltro, molto diffusa ancora oggi,
specialmente in certe zone ed in certi ambienti.
Ma la ferrea volontà di queste persone è riuscita ad intaccare
questo becero muro di gomma costituito da intimidazioni e
persecuzioni di ogni tipo e ad aprire una breccia nelle
volontà politiche, una breccia che si sta sempre più
allargando e che si spera possa diventare un flusso
incontenibile verso quel recupero ambientale che potrà essere
di giovamento all’intero pianeta ed a chi lo abita.
Un altro sport che in passato ha avuto momenti di grande
seguito, poi attenuatosi nel tempo, è il motocross. Questa
specialità trova nella irregolarità delle sponde la situazione
ottimale per essere praticata. E’ quindi abbastanza facile
imbattersi nelle spettacolari evoluzioni di qualche centauro a
cavallo della sua rombante motocicletta, magari con
l’insofferente mugugno dei vecchi pescatori che sul fiume
amano andare per isolarsi e trovare momenti di quiete. Ma si
sa, i tempi cambiano e con loro i gusti dei giovani; ed allora
come negare loro l’inebriante emozione che sicuramente sanno
procurare queste cavalcate su e giù per le sponde? Oltretutto
il paesaggio non ne esce deturpato e quindi ‚ anche giusto che
gli amanti di questo sport possano avere il loro spazio.
A completare gli sport praticati sulle sponde o nelle
immediate vicinanze del fiume c’è la caccia, l’esercizio più
vecchio del mondo essendo nato con l’uomo. Ma l’evoluzione, o
l’involuzione, dipende dai punti di vista, degli strumenti
usati per praticarlo, accomunata allo sviluppo
dell’agricoltura intensiva con le terribili conseguenze da
essa derivanti, ha portato alla quasi totale scomparsa della
variegata popolazione spondale, una volta presente in gran
numero. Così i carnieri dei cacciatori sono sempre più vuoti;
ma, come dice il proverbio, chi è causa del suo mal...
Come dicevo prima‚ è sempre la pesca lo sport più praticato,
in modi e periodi diversi ed a seconda delle specie che si
vogliono catturare. Per prima cosa prendiamo in esame i
periodi. Per esempio, da qualche anno a questa parte, la pesca
alla trota è vietata dall’ultima domenica di settembre
all’ultima domenica di febbraio, mentre fino a pochi anni fa
la chiusura andava dal 15 ottobre al 15 gennaio. La pesca al
temolo ora viene chiusa dalla fine di novembre alla fine di
maggio, mentre prima era chiusa dal 15 gennaio al 15 aprile.
Infine dalla fine di novembre alla fine di febbraio è permessa
solo la pesca al cosiddetto “pesce bianco”, vale a dire barbi,
cavedani, lasche, vaironi e sanguinerole, ossia i ciprinidi.
Sono senz’altro ottime misure perché mirate a salvaguardare la
riproduzione delle specie più pregiate come la trota ed il
temolo.
Però ritengo che per avere una più adeguata misura protettiva
si debba proibire la pesca con la larva di mosca carnaria (gianin)
e la pesca a piombo lungo da fine settembre a fine aprile;
questo perché tutte le specie ittiche sono particolarmente
ghiotte di gianin e di conseguenza, anche se in questo periodo
si dovrebbe solo catturare pesce bianco, si ha la possibilità
di allamare un grande numero di trote e temoli. E i disonesti,
che sono tanti, non ributtano certamente in acqua il
pescato...
Anche la pesca a mosca, che viene sempre lasciata aperta
perché praticata da gente influente sulle leve legislative,
produce danni a livello di riproduzione e quindi anch’essa
dovrebbe essere adeguatamente regolamentata. Comunque tutte
queste misure limitative dell’esercizio della pesca sportiva
possono avere un senso e degli effettivi vantaggi solo se,
prima di tutto, venisse portata avanti un’efficace lotta
all’inquinamento. Infatti distrugge più un’ora di inquinamento
di tutti i pescatori messi insieme e per tutta la durata della
loro vita, persino se fossero tutti dediti al bracconaggio,
altra grave piaga da sanare.
La riprova di quel che dico deriva dalla constatazione che il
bracconaggio è vecchio come il mondo eppure il pesce, nel
tratto in oggetto, è sempre stato presente in gran numero,
mentre ha cominciato a diradarsi fin quasi a scomparire con
l’avvento dell’inquinamento. C’è poi un aspetto sociale da
valutare se, a causa della scomparsa del pesce, la pesca
sportiva non potesse più essere praticata: l’occupazione che
questo hobby, praticato da migliaia di persone, offre a
diversi livelli.
La pesca non deve più essere identificata col solito
stereotipo del pescatore mezzo scemo che trascorre le sue
giornate sulle rive di un fiume con la canna in mano, ma come
un importante veicolo di lavoro; si pensi alle ditte che
producono i vari attrezzi necessari per praticarla, dalle
canne ai mulinelli, dai fili di naylon alle mosche finte, dai
cucchiaini agli stivali, dai guadini ai vari indumenti, ai
negozi dove questi attrezzi vengono venduti. Pensate a quanti
disoccupati in più se, per colpa di pochi, questo hobby
venisse a mancare! Per questo motivo dico sempre che i
pescatori dovrebbero essere i primi a scendere in campo,
assieme agli ambientalisti, nella lotta contro l’inquinamento
ed il dissesto idrogeologico!
Ma le lussureggianti rive ed i grandi sabbioni di questo
affascinante angolo di mondo che è l’habitat fluviale, non
offrono solo sport o hobby più o meno interessanti da
praticare, bensì anche svariati modi di evasione, che fanno
parte delle abitudini e della cultura delle nostre genti.
Infatti, specialmente nelle calde giornate estive, molte
famiglie oppure comitive di amici, amano munirsi di seggiole e
tavolini pieghevoli per il classico pic-nic all’ombra della
rigogliosa vegetazione spondale. Intanto, mentre si aspetta
l’ora di mettersi a tavola, si fa il bagno, si improvvisano
accanite partite a bocce, si gioca a calcio, oppure si ascolta
musica abbrustolendosi al sole sui ghiaioni. Dopo il pasto e
le abbondanti bevute, c’è sempre il chitarrista od il
fisarmonicista di turno che accompagna i canti euforici degli
amici.
Un modo di vivere il fiume che sembrava essere finito nel
dimenticatoio e che invece è tornato prepotentemente alla
ribalta, grazie anche alla già citata opera di
sensibilizzazione portata avanti dagli “AMICI del Po”, è un
ritrovato interesse verso le cose semplici e una sempre più
marcata coscienza ambientale.
In quest’ultimo contesto possono essere identificati altri due
tipi di escursione sulle rive del fiume: quelle a cavallo e
quelle in bicicletta o in mountain - bike. Per facilitarle e
favorirle, si sta studiando di ripristinare vecchi sentieri,
anche se c’è da vincere l’ostinata resistenza di certe
corporazioni che non riescono a comprendere che i tempi
stanno, forse, cambiando e che anche loro potrebbero avere
vantaggi da nuove soluzioni.
Se si riuscirà nell’intento sarà stato fatto un altro
importante passo in avanti verso quel recupero totale
dell’ambiente fluviale cui accennavo prima e che costituirebbe
sicuramente un vantaggio per tutte le comunità che in questo
ambiente ci vivono.
AGGIORNAMENTO A MARZO 2002
Da quando
ho scritto queste considerazioni sono passati 4 anni e
purtroppo, soprattutto nell’ultimo anno, molte cose sono
cambiate in peggio. Quella breccia nelle volontà politiche cui
facevo riferimento prima si è nuovamente chiusa e la
sensibilizzazione verso l’ambiente c’è solo a livello verbale.
L’habitat fluviale di questo tratto del Po è praticamente
scomparso per via della deforestazione selvaggia che ormai ha
raggiunto proporzioni estreme oltre alle quali è
oggettivamente impossibile andare, e gli alvei sono stati
manomessi in modo così pesante da assomigliare più ad
autostrade di cemento e massi che al luogo dove dovrebbe
scorrere l’acqua di un fiume. Inoltre l’occupazione antropica
delle golene è sempre più marcata. Per finire, anche
l’inquinamento è tornato a livelli pericolosissimi. Nello
stesso tempo l’insofferenza verso chi cerca di difendere
questo patrimonio indispensabile per la nostra stessa
sopravvivenza, è cresciuta in maniera esponenziale, arrivando
addirittura alle minacce anonime scritte, a quelle verbali
dirette e persino a tentativi di aggressioni fisiche. Questo è
il quadro attuale della situazione, perlomeno in questo
tratto, esposto senza alcuna esagerazione... |