Le piene del Po, nel
tratto in oggetto, avvengono normalmente nel periodo
delle piogge, vale a dire in primavera e autunno, ma,
eccezionalmente, si possono verificare anche nel
periodo invernale. Le piene più pericolose, quelle che
hanno sempre provocato i danni maggiori, sono senz’altro
quelle primaverili, perché alla pioggia di pianura si
aggiunge lo scioglimento delle nevi in montagna dovuto
ad ovvi fattori climatici. Se poi su questa neve in più
ci piove, ecco crearsi la piena rovinosa, quella che
esonda dagli alvei e allaga campagne e paesi.
Va comunque detto che le
piene sono cicliche; esistono piene annuali, cioè quelle
che producono meno danni, quelle quinquennali,
decennali, ventennali, ecc, fino ad arrivare a quelle
secolari, vale a dire quelle che producono i disastri
maggiori e che nessuna memoria d’uomo può ricordare.
Esiste però una memoria storica che é scritta negli
archivi della natura e che solo i geologi sanno leggere.
Il guaio é che in Italia i geologi fanno parte di una
categoria fra le più bistrattate e misconosciute, forse
anche volutamente perché se fossero interpellati
probabilmente si opporrebbero a certi scempi che però
producono soldi e potere... Ma se si vuole avviare una
vera politica di salvaguardia del territorio non si può
e non si deve prescindere dall’apporto dei geologi.
Invece si preferisce
ricorrere alla fatidica frase “non si ricorda a memoria
d’uomo” che rappresenta senz’altro una grande verità e
nello stesso tempo una grande sciocchezza perché la
memoria dell’uomo difficilmente va oltre i 50 anni! Una
demagogia che trova le sue fondamenta nell’ignoranza e
che fa comodo a quelli che dalle grandi catastrofi
traggono le loro fonti di guadagno. Negli ultimi 50 anni
le piene di questo tratto del Po sono state oggetto di
preoccupazione sopratutto per il Comune di Cardé, più
volte raggiunto dall’acqua in molte delle sue
abitazioni. Nel tentativo di ovviare a questo
inconveniente, una ventina di anni fa l’alveo del fiume
fu allargato in riva sinistra nel tratto che va dalla
confluenza del Ghiandonello a quella della Bealera del
Mulino, a cavallo del ponte, per lasciare all’acqua uno
sfogo più ampio. Però, a conferma che gli interventi sui
fiumi debbono essere effettuati studiandone la dinamica
nella sua globalità, i risultati sono stati mediocri.
Infatti durante le piene del 1978 e del 1981, oltretutto
piene non secolari, il Po é ugualmente tracimato
allagando le case del rione “Ortassi”, che sono le più
vicine al fiume, ed altre poste sulle sponde del
Ghiandonello.
Questo accade perché le
acque del Ghiandonello subiscono l’effetto “ritorno”
delle acque del Po e rigonfiano contribuendo in modo
determinante all’alluvione. Di recente, precisamente
all’inizio di maggio 1999 e nell’ottobre 2000, ci sono
state un’ondata di piena terribile che hanno raggiunto
molte case del paese oltre a quelle del rione Ortassi.
In occasione di quella del 99 non si è però trattato
unicamente del “solito” rigonfiamento del rio
Ghiandonello; il fiume ha infatti “strappato” circa 5 Km
a monte, poi si è infilato nello stesso Ghiandonello e
attraverso di esso è arrivato a folle velocità fino alle
prime case del paese. Nessuno ha però voluto accettare
questa evidenza; soprattutto gli amministratori locali
ed i soliti fomentatori di verità interessate ai quali
gli amministratori sono asserviti, hanno preferito dare
la colpa ad un innocuo ghiaione sito 5 Km a valle dello
“strappo”, vale a dire sotto il ponte del paese la cui
unica colpa era quella di essere antiestetico e di
creare difficoltà al libero passaggio dei lumini di
carta rilasciati nel fiume in occasione dei “fuochi”
artificiali durante la festa patronale del paese. Ma
cosa c’entrava il ghiaione se il Po era uscito
dall’alveo 5 Km a monte di esso? Nulla, appunto; ma a
qualcuno dava fastidio, qualcuno che ha molta influenza
sugli amministratori locali e che durante la piena ha
tenuto conferenze sul ponte, aizzando la gente contro i
ghiaioni, contro le piante e, provate ad indovinare,
contro gli ambientalisti, meglio riconosciuti col
generico appellativo di “VERDI”. E la massa dietro a
“bere”, ad applaudire ed a macerare odio contro chi
proprio non ne può nulla! Poi il ghiaione è stato
rimosso ma, come volevasi dimostrare, ciò non ha
impedito che una pur piccola piena come quella del
luglio 2000 oppure come quella un po’ più consistente
dell’ottobre 2000, raggiungesse nuovamente le case degli
Ortassi. Nonostante ciò la massa, sempre opportunamente
“istruita” dai soliti personaggi di cui sopra, si è
convinta che se il ghiaione non fosse stato rimosso
l’acqua avrebbe nuovamente raggiunto le stesse aree
raggiunte nel maggio del 1999, invece di capire che le
due piene successive erano state molto meno consistenti
dell’altra. A proposito del ghiaione, questa è già la
quarta volta che viene rimosso dopo l’allargamento
dell’alveo del Po, ma ora si sta nuovamente riformando a
conferma che alle dinamiche del fiume non ci si può
opporre. Qui fino a 25 anni fa il fiume era infatti più
stretto e la corrente convogliava tutta in un unico
passaggio a ridosso della riva destra; dopo
l’allargamento la corrente si è dispersa, ha perso
velocità con conseguente deposito di materiale litoideo,
prima impedito proprio dalla velocità del fiume: ed ecco
perciò il ghiaione che altro non è che il pezzo mancante
asportato 25 anni prima. Per eliminarlo basterebbe
ricostituire la riva sinistra come era prima
dell’allargamento. Se si riflettesse sarebbe facile da
capire, ma purtroppo non è altrettanto comodo capirlo!
Infatti queste continue asportazioni sono già costate
oltre mezzo miliardo di soldi pubblici, che vanno ad
ingrassare le solite tasche, col beneplacito degli
amministratori locali e sfruttando l’ignavia, comunque
colpevole, della massa! Insomma niente di nuovo o di
meno peggio!
Di nuovo e di peggio,
rispetto ai tempi passati, le piene lo portano invece
nelle campagne adiacenti ed anche questo va ascritto
alla stupidità dell’uomo. Infatti, mentre una volta
l’unico deposito lasciato dalle piene era costituito da
un benefico fango (limo) che si integrava con la terra,
ora, con l’inquinamento, quello che rimane nei campi o
sulle sponde dopo una piena ha dell’allucinante. Un
campionario di ogni genere di rifiuti, dalle scatolette
di latta ai flaconi di plastica di ogni tipo e
dimensione, dai contenitori vuoti dei veleni usati in
agricoltura alle borse ed ai teli di nailon, dalle gomme
d’auto a carcasse di animali (queste per la verità si
trovano anche nei periodi di magra...), che viene
rinnovato da una nuova piena prima ancora che possa
essere smaltito.
Purtroppo negli ultimi
anni le piene hanno anche contribuito a quel
terrificante dissesto idrogeologico che ho descritto nel
capitolo dedicato ai bisogni ed alle esigenze che
bisognerebbe dare ai fiumi. Infatti chi scende il fiume
può facilmente constatare come esso, in questo tratto,
non presenti più un letto ben definito, sopratutto nel
tratto che va da Martiniana al ponte cosiddetto dei
“Pesci Vivi”, con sponde brulle (questo vale per quasi
tutto il tratto in oggetto) ed immensi ghiaioni che
variano di anno in anno, frutto dei capricci delle acque
in piena e, sopratutto, della dissennata opera di
interferenza dell’uomo.
Un esempio eclatante di
erosione lo troviamo subito a valle della confluenza col
Ghiandone, partendo dalla curva cosiddetta di “Basano”.
Qui il Po, favorito dai raddrizzamenti effettuati a
monte e dal disboscamento selvaggio perpetrato sulle sue
sponde proprio in quel punto, dopo la disastrosa piena
del 1978 si é poi progressivamente spostato verso
nord-nordest, asportando almeno 4 ettari di terreno alla
testardaggine dei frontisti che perseverano a voler
seminare fin sul greto del fiume invece che rafforzarne
le sponde con un’adeguata riforestazione, tra l’altro
prevista dalle normative vigenti.
Tuttavia, come dice un
vecchio adagio, “non tutto il male vien per nuocere”.
Infatti l’erosione ha dato vita ad una bellissima area
umida formata da uno splendido saliceto e da risorgive
di notevole valore naturalistico. Negli ultimi anni,
poi, il fiume, seguendo le sue naturali dinamiche e
confermando quel bisogno di spazio vitale che nessuna
prismata o massicciata può fermare, sta lentamente
ritornando nel suo alveo primitivo.
Per intenderci meglio il
fiume non ha fatto altro che riprendersi quello che gli
era stato sottratto a monte; questo è stato un bene per
l’abitato di Cardè perché, anche se molti si ostinano a
non capirlo o a non ammetterlo, quello spazio
rappresenta una notevole valvola di sfogo dove il fiume
può espandersi, diminuendo notevolmente i gravi rischi
che il paese correrebbe in caso di piena di grosse
proporzioni.
In sostanza: finora in
questo tratto di fiume, le piene non hanno mai provocato
grandi disastri, perlomeno a “memoria d’uomo”; le
inondazioni delle case di Cardé sono sempre state
limitate e non hanno mai provocato vittime; qualche
danno alle suppellettili e grossi spaventi, nient’altro,
anche se, ovviamente, avere l’acqua in casa non é
certamente piacevole.
Purtroppo, però, come ho
già avuto modo di ripetere più volte, i continui
interventi di mero stampo speculativo effettuati in
alveo lungo il corso del fiume, sopratutto nel tratto
tra Martiniana e Cardé (già più corto di circa 1 Km
rispetto al primo dopoguerra ma destinato ad accorciarsi
sempre di più visto che gli interventi in alveo
continuano …) e nel tratto della confluenza col Pellice,
determineranno certamente un aggravarsi della situazione
con conseguenze difficilmente valutabili a priori,
soprattutto per quanto riguarda gli abitati di Cardè e
di Villafranca Piemonte. A proposito della situazione
riguardante Cardè, faccio rilevare che 3 mie
segnalazione sui pericoli esistenti sono depositate, con
tanto di protocollo (quindi documenti ufficiali),
presso gli uffici comunali di Cardè e regolarmente
ignorate dalle varie amministrazioni comunali
succedutesi nel frattempo. Proprio per questo
comportamento tenuto dagli amministratori locali,
considero questo documento come un vero e proprio atto
di denuncia affinché la colpa di eventuali disastri (che
sicuramente avverranno …) non venga poi appioppata al
destino infame e crudele, o ai fiumi assassini o, peggio
ancora agli ambientalisti, ma ai veri colpevoli e a chi
li protegge!
AGGIORNAMENTO AL 31 AGOSTO 2001.
Dopo la
piena
dell’ottobre 2000, nel tratto pedemontano che va da
Paesana a Revello, sono stati effettuati dei lavori di
raddrizzamento del fiume che sicuramente avranno
ripercussioni nefaste sia all’interno dei territori
degli stessi paesi (quindi Paesana, Sanfront, Rifreddo,
Martiniana e Revello) che sui territori dei paesi a
valle. In primis parte del territorio di Saluzzo, nella
zona di San Lazzaro, ma, soprattutto, tutto il
territorio di Cardé, con particolare riferimento al
centro abitato che ora vede aumentati i già gravissimi
rischi, anche se gli amministratori continuano a fare
orecchie da mercante. Questi interventi sono stati resi
possibili da un decreto legge dell’allora ministro
Bianco che autorizzava gli amministratori locali ad
effettuare interventi all’interno dell’alveo dei fiumi
laddove si poteva presumere esserci una situazione di
emergenza. Risultato: tutta emergenza per un tratto di
decine di km!! Perlomeno in questo tratto del Po! Non so
sugli altri fiumi, ma presumo sarà successa la stessa
cosa. Le prossime piene, ovviamente di una certa
consistenza, avranno effetti disastrosi! E la colpa di
chi sarà? Ovviamente degli ambientalisti! Sempre che
esistano ancora! In caso contrario bisognerà trovare un
altro capro espiatorio, ma sono sicuro che non sarà
difficile; almeno finché la gente continuerà a “bere”
tutto quanto gli viene servito senza andare alla ricerca
della verità! Ovviamente sarei molto più felice di
essere smentito, perché significherebbe che non ci
saranno stati disastri e, soprattutto, nessuno ci avrà
rimesso la pelle!
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