INFEZIONI DELLE VIE GENITOURINARIE INFERIORI NELLA DONNA

Nella donna le infezioni delle basse vie urinarie, della cervice, della vulva e della vagina determinano varie combinazioni di disuria, irritazione vulvare, dispareunia e modificazioni qualitative o aumento della secrezione vaginale. Nella valutazione dei sintomi delle vie genitourinarie inferiori nella donna sono essenziali due aspetti:

1) la diagnosi differenziale tra cistite, uretrite, vulvovaginite, cervicite;

2) l'esclusione di malattie associate del tratto superiore (per es., pielonefrite, salpingite).

 

Uretrite e sindrome uretrale

C. trachomatis, N. gonorrhoeae e talvolta HSV sono causa di uretrite sintomatica nelle donne, con o senza cervicite. Uuretrite acquisita per via sessuale si presenta spesso, nelle donne, come sindrome uretrale, caratterizzata da disuria "interna" (di solito senza minzione impellente o pollachiuria) e piuria, con assenza di E. coli o di altri uropatogeni in numero superiore o uguale a 103 per ml di urina. La disuria associata con l'herpes vulvare o con la candidosi vulvovaginale (e forse con la tricomoniasi) viene spesso descritta come "esterna", essendo determinata dal contatto doloroso dell'urina con le labbra vulvari o l'ostio vaginale infiammati.

 

Nelle donne con disuria acuta e pollachiuria la presenza di dolore o dolorabilità costovertebrale e febbre suggerisce una pielonefrite acuta. Il trattamento delle infezioni batteriche delle vie urinarie è stato discusso alla pagina sulla diagnosi e cura delle infezioni urinarie. Segni di vulvovaginite, associati a sintomi di disuria esterna, suggeriscono infezione vulvare o vaginale. Tra le donne senza segni di vulvovaginite, l'infezione urinaria batterica va differenziata dalla sindrome uretrale mediante la valutazione dei rischi, del quadro sintomatologico e dei segni obiettivi, nonché mediante test microbiologici specifici. Un'eziologia che deponga per una MTS viene suggerita dall'età giovanile, dalla presenza di più partner sessuali o di un nuovo partner nel mese precedente la comparsa dei sintomi, oppure dalla coesistenza di una cervicite muco purulenta. La cistite batterica viene suggerita da un esordio acuto, dall'ematuria o da dolorabilità vescicale sovrapubica. Il riscontro di un singolo patogeno urinarìo convenzionale, quale Escherichia coli o Staphylococcus saprophyticus, con una carica batterica uguale o superiore a 102 per ml in un campione di urina raccolto con procedura asettica dall'urina del mitto intermedio, in una donna sintomatica con piuria, indica una probabile infezione delle vie urinarie batterica; al contrario, una piuria con una carica batterica di patogeni urinari inferiore a 102 per ml di urina (piuria "sterile") è compatibile con la sindrome uretrale acuta dovuta a C. trachomatis o N. gonorrhoeae. L'infezione da gonococco e da clamidia può essere accertata mediante colture cervicali e altri metodi specifici. La terapìa con tetracieline (per es., doxiciclina, 100 mg x 2 volte al giorno per 7 giorni) migliora la sintomatologia disurica in donne con piuria sterile, ma non in donne senza piuria o nelle quali non sia stato isolato alcun patogeno.

 

Infezioni vulvovaginali

I sintomi vulvovaginali sono tra le cause più comuni che conducono dal medico le giovani donne. Le infezioni vulvovaginali possono inoltre avere gravi sequele e la tricomoniasi e la candidosi vulvovaginale possono aumentare l'efficacia della trasmissione sessuale dell'HIV. La tricomoniasi vaginale e la vaginosi batterica nel primo periodo della gravidanza sono fattori predittivi indipendenti di parto prematuro. La vaginosi batterica sembra essere anche un fattore di rischio nella patogenesi delle infezioni da anaerobi del tratto genitale superiore. La vaginite può essere un aspetto precoce e significativo della sindrome da shock tossico e la candidosi vulvovaginale ricorrente o cronica si sviluppa con aumentata frequenza tra le donne con malattie sistemiche quali il diabete mellito o l'infezione da HIV, che ne compromettono l'immunità (anche se negli Stati Uniti soltanto una quota molto piccola delle donne con candidosi vulvovaginale ricorrente ha in realtà una malattia predisponente seria). La leucorrea può essere la manifestazione di esordio di un herpes genitale e occasionalmente riflette una cervicite mucopurulenta o una malattia infiammatoria pelvica causata da gonorrea o da infezioni da clamidia.

 

I segni o i sintomi vulvovaginali richiedono una valutazione accurata e un trattamento specifico in base alla sede e al tipo di infezione. L'esecuzione di un accurato esame pelvico deve, di solito, precedere test più invasivi e più costosi per la valutazione di donne con sintomi vaginali, pelvici o addominali.

 

Nella maggior parte delle pazienti la causa più frequente della sintomatologia vulvovaginale è la vaginosi batterica, seguita dalla candidosi vulvovaginale. La tricomoniasi è molto meno comune nella maggioranza dei Paesi industrializzati. L'infezione vaginale può essere caratterizzata da uno o più dei seguenti sintomi: aumento delle secrezioni, anomalo colore giallastro delle stesse dovuto all'aumentata concentrazione di leucociti polimorfonucleati, prurito, irritazione o bruciore vulvare, spesso associati a disuria esterna; dispareunia e secrezioni vaginali maleodoranti.

 

Durante l'esame clinico è importante accertare con lo speculum se le secrezioni vaginali provengono dalla vagina o dalla cervice e se sono effettivamente anomale. A volte l'aumentata secrezione o altri sintomi vaginali non si associano a segni obiettivi di vaginite o cervicite.

 

E’ attualmente disponibile un test al DNA per l'identificazione di T. vaginalis e Candida albicans e per la rilevazione dell'aumentata concentrazione vaginale di Gardnerella vaginalis nella vaginosi batterica, ma non è stata valutata su larga scala

 

Non vaginite

Vaginite da candida

Vaginite da Trichomonas

Vaginosi batterica

eziologia

Assenza di infezioni;

Candida albícans

Trichomonas vaginalis

Associata a Gardnerella

Vari anaerobi

Sintomi

Nessuno

Prurito ed irritazione vulvare all’ostio vaginale

Secrezioni purulente abbondanti e schiumose

Secrezioni maleodoranti

Secrezione

Di solito bianca e filante legata al ciclo ovulatorio

Scarsa secrezione

Come di fiocchi di ricotta, con placche aderenti bianco-grigiastre

Profusa, gialla

moderata

Infiammazione epitelio vaginale e vulvare

Nessuna

Arrossamento, secchezza della vagina, dernatite vulvare e bruciore all’ostio

Eritema della mucosa vaginale e dell'ostio vaginale; comune la dermatite vulvare

Dermatite maculare

nessuna

Ph vaginale

< 4,5

<  4,5

Ø       5

Ø       4,5

Odore di amine

Nessuno

Nessuno

Può essere presente

maleodorante

Esame microscopico

Normale flora ed epiteli (pap test)

Leucociti, pseudo miceli fino all’80%  candida

Si possono evidenziare a fresco i protozoi, il T. vaginalis

Presenza di lattobacilli ridotti e di G. vaginalis ed alcune specie di anaerobi

Terapia

-          -

Miconazolo o clotrimazolo per uso locale (creme vaginali, es. canesten) oppure fluconazolo 150 mg un’unica dose

Metronidazolo 2 grammi per os in singola dose oppure metronidazolo 500 mg x due x 7 gg di cura

Metronidazolo 500 mg cpr x 7 gg

Clindamicina Crema vaginale al 2% per 7 applicazioni di notte

Metronidazolo gel vaginale

 

Il colore delle secrezioni vaginali è valutato esaminandole contro il fondo bianco di un campione. La determinazione dei pH non appare utile se è presente sangue.

 

Per evidenziare gli elementi fungini, le secrezioni vaginali vengono macerate in soluzione al 10% di KOH prima dell'esame microscopico; per gli altri caratteri e secrezioni vengono mescolate con soluzione fisiologica (1A). La colorazione di Gram è eccellente per lieviti e pseudomiceli e per distinguere la flora normale con la flora mista che si osserva nella vaginosi batterica, ma è meno sensibile della soluzione fisiologica per ricercare T vaginalis.

 

VAGINITE DA TRICHOMONAS VAGINALIS

La trasmissione sessuale di T vaginalis è ben documentata; indagini colturali di routine indicano come molte donne e gran parte degli uomini che presentano l'infezione siano asintomatici; tuttavia è opportuno il trattamento anche di questi casi per ridurre i serbatoi di infezione e il rischio di trasmissione e per prevenire una futura comparsa di sintomi.

 

La tricomoniasi sintomatica produce caratteristicamente una secrezione vaginale abbondante, gialla, purulenta e omogenea  con prurito vulvare. L'epitelio vaginale e quello vulvare sono visibilmente infiammati e, in circa il 50% dei casi, si possono osservare alla colposcopia lesioni petecchiali "a fragola" della cervice. Il pH delle secrezioni vaginali è di solito uguale o inferiore a 5. In donne con segni e sintomi tipici di tricomoniasi la diagnosi può essere di solito confermata mediante la dimostrazione di Trichomonas mobili e di leucociti polimorfonucleati nelle secrezioni vaginali diluite con soluzione fisiologica  esaminate immediatamente al microscopio. In tali pazienti l’esame a fresco presenta una sensibilità pari per lo meno all'80% rispetto a quella della coltura. Comunque, nelle donne che non presentino segni o sintomi è spesso necessario ricorrere alla coltura per rilevare il microrganismo. La diagnosi di infezione da T. vaginalis nell'uomo è difficile e richiede la coltura del sedimento delle prime urine del mattino o di un tampone endoureterale eseguito al mattino prima di urinare. Nuovi metodi di identificazione di T. vaginalis mediante immunofluorescenza o mediante l'uso di sonde oligonucleotidiche sono in corso di validazione e potranno risultare utili da un punto di vista diagnostica per i casi maschili che per quelli femminili.

 

I nitroimidazolici sono i soli farmaci efficaci nella terapia della tricomoniasi. Numerosi studi hanno dimostrato che un'unica dose orale di 2 g di metronidazolo presenta, nel 90% dei casi la stessa efficacia di schemi terapeutici prolungati. Altri nitroimidazolici strutturalmente simili, quali il tinidazolo e l'ornidazolo  presentano un'emivita più lunga del metronidazolo, ma  non è stato dimostrato che forniscano migliori risultati. Il trattamento di routine dei partner sessuali è consigliato per ridurre il rischio di reinfezione sia i serbatoi di infezione. Il trattanento vaginale con un gel di metronidazolo allo 0,75%, anche se efficace per la vaginosi batterica, non è adeguatamente efficace per la tricomoniasi vaginale.

 

Il metronidazolo non è consigliato durante il primo trimestre di gravidanza, ma è considerato sicuro in seguito. L’ alcol deve essere evitato per 24 ore dopo il trattamento con questo farmaco perché  esso ha un effetto simile al disulfiram.

 

VAGINOSI BATTERICA Le secrezioni vaginali non associate a T. vaginalis, a lieviti o a infezione cervicale sono solitamente dovute a vaginosi batterica. Questa sindrome (precedentemente chiamata vaginite non specifica, vaginite da anaerobi o secrezione vaginale associata a Gardnerella) è caratterizzata da  secrezione abbondante maleodorante biancastre, omogenee, a bassa vischiosità che uniformemente rivestono la mucosa. Non è chiaro se vaginosi batterica sia una infezione a trasmissione sessuale. La sindrome è associata a fattori di rischio per le MTS, come molteplici partner sessuali e recenti rapporti sessuali con un nuovo partner, ma non è stato identificato chiaramente, come causa nessun singolo patogeno a trasmissione sessuale. Non è stato dimostrato in maniera conclusiva che il trattamento antibiobico del partner sessuale maschile influenzi la frequenza di recidive nelle donne affette. Precedentemente considerata una infezione benigna, la vaginosi batterica è stata indicata quale fattore di rischio per la salpingite acuta, il parto prematuro e le complicazioni neonatali e perinatali correlate.

 

La prevalenza e la concentrazione di G. vaginalis, di Mycoplasma hominis e di diversi batteri anaerobi (per es., Mobiluncus spp. e Prevotella spp. [precedentemente Bacteroides] e di alcune specie di Peptostreptococcus) sono considerevolmente maggiori nelle secrezioni vaginali delle donne con vaginosi batterica piuttosto che nelle donne senza questa sindrome. In ogni caso, nessuno di questi batteri si rileva esclusivamente in donne che presentano questa sindrome e G. vaginalis è stata isolata dalla vagina di donne sane fino nel 50% dei soggetti esaminati. Le specie di Lactobacillus produttrici di perossido di idrogeno, che costituiscono la maggior parte della normale flora vaginale, di solito non sono presenti nella vaginosi batterica. Questa situazione può permettere la crescita incontrollata nella vagina di batteri anaerobi come M. hominis e G. vaginalis.

La vaginosi batterica è convenzionalmente diagnosticata grazie alla dimostrazione di tre dei quattro seguenti reperti anornali:

 

1 . Segni obiettivi di aumento delle perdite vaginali bianche omogenee ed esclusione delle vaginiti da Candida o Trichomonas e di cervicite mucopurulenta. Il processo deve includere la raccolta di campioni endocervicali da sottoporre a test per C. trachomatis e N. gonorrhoeae.

 

2. Emanazione di un distinto odore di pesce subito dopo il trattamento delle secrezioni con soluzione al 10% di KOH. Questo odore è attribuibile alle amine volatili (per es. trimetilamina, putrescina e cadaverina) presenti nel secreto vaginale, presumibilmente come risultato del metabolismo anaerobio dei batteri.

 

3. La dimostrazione di un pH vaginale >4,5. L'elevazione del pH può essere in parte dovuta alla presenza delle amine o alla ridotta produzione di lattato (l'esame delle secrezioni cervicali deve essere evitato, poiché tali secrezioni presentano un pH di circa 7).

 

Dimostrazione microscopica di "cellule spia". Le "cellule spia" (clue cells) sono cellule dell'epitelio vaginale rivestite da microrganismi coccobacillari. Sul preparato a fresco, ottenuto diluendo le secrezioni vaginali con soluzione in rapporto di circa 1: 1, le "cellule spia" hanno un aspetto granuloso e i loro bordi sono sfumati.

 

Lo schema di trattamento standard per la vaginosi batterica è costituito dal metronidazolo (500 mg per os, due volte al giorno per 7 giorni). La clindamicina (300 mg per os due volte al giorno per 7 giorni) è pure efficace, ma non è la terapia di prima scelta. E’ anche efficace il trattamento intravaginale con crema alla clindamicina al 2% (un applicatore intero di 5 g, contenente 100 mg di clindamicina fosfato, ogni notte per 7 giorni) o un gel al metronidazolo allo 0,75% (un applicatore intero di 5 g, contenente 37,5 mg di metronidazolo, due volte al giorno per 5 giorni), che non evoca effetti collaterali sistemici. Può essere impiegata anche una dose singola di 2 g di metronidazolo, ma essa si accompagna a più frequenti recidive a breve termine, più numerose di quelle ottenute con il regime di metronidazolo per 7 giorni. Recidive a lungo termine (per es., dopo diversi mesi) sono purtroppo comuni e non sono ridotte dal trattamento del partner maschile con il metronidazolo. Tuttavia, un nuovo partner sessuale costituisce un fattore di rischio per le recidive.

 

 

CANDIDOSI VULVOVAGINALE

 I sintomi predominantì nella candidosi vulvovaginale sono il prurito e l'irritazione vulvare. Non vi è solitamente un odore distintivo e segni come perdite vaginali non sono caratteristici. E’ comune l'eriterna vulvare, così come edema e fissurazioni. La secrezione vaginale è tipicamente bianca, scarsa e spesso assume la forma di placche simili al mughetto o di fiocchi simili a latte cagliato che aderiscono alla mucosa vaginale. Candida albicans rappresenta circa l'80% dei miceti lievitiformi isolati dalla vagina, mentre Torulopsis glabrata e altre specie di Candida, meno comunemente isolate, vengono dimostrate nei casi rimanentì. La maggior parte dei casi di candidosi vulvovaginale probabilmente deriva da un'aumentata crescita di lieviti che in precedenza colonizzavano la vagina o il tratto intestinale. Alcuni maschi di partner con candidosi vulvovaginale sviluppano una dermatite sintomatica del pene dovuta a lieviti.

 

La diagnosi di candidosi vulvovaginale prevede la dimostrazione dei miceti mediante l'esame microscopico della secrezione vaginale in soluzione fisiologica o in soluzione di KOH al 10%, oppure del vetrino colorato con la metodica di Gram. La dimostrazione di pseudoife rafforza la diagnosi di vaginite da Candida albicans. Solitamente sono presenti leucociti polimorfonucleati. L’ esame microscopico è meno sensibile della coltura, ma si correla in maniera migliore con i sintomi. Le colture identificano C. albicans in alcune donne con sintomi e segni di candidosi vulvovaginale anche in presenza di risultati negativi all'esame microscopico, ma spesso identificano una semplice colonizzazione in donne senza tali sintomi o segni. Il pH delle secrezioni vaginali è solitamente inferiore a 4,5 e, quando le secrezioni vaginali sono diluite con KOH al 10%, non viene prodotto l'odore di amine. La vulvite spesso accompagna la vaginite e può determinare erosioni superficiali che devono essere differenziate dall'herpes genitale e da ulcere genitali secondarie ad altre cause.

 

Nella maggior parte dei casi la terapia delle infezioni vaginali da Candida è indicata solo se la paziente è sintomatica e presenta segni di vulvovaginite. Il trattamento usuale consiste nella somministrazione intravaginale di uno dei diversi antibiotici imidazolici (per es., miconazolo o clotrimazolo per 3-7 giorni). Negli Stati Uniti il recente mercato libero di queste preparazioni ha ridotto il costo del trattamento, rendendolo più conveniente per molte donne con vulvovaginite da Candida. Tuttavia i sintomi della vulvovaginite non sono specifici e l'autotrattamento dì presunte infezioni da lieviti può ritardare la rilevazione e il trattamento di altre infezioni più gravi. L'autocura deve pertanto essere limitata in maniera stretta alle donne con sintomi classici in cui siano stati documentati da un medico con esperienza precedenti episodi di vulvovaginite da lieviti. Efficace è anche il trattamento orale in dose singola con fluconazolo (150 mg), che viene preferito da molte pazienti. Per casi particolarmente gravi o frequentemente ricorrentì nonché per quelli che non rispondono alla terapia intravaginale o per os in singola dose, può essere indicata la terapia orale, prolungata o periodica, con fiuconazolo o chetoconazolo. Tali pazienti probabilmente andrebbero valutate per la ricerca di diabete e di infezione da HIV, sebbene queste malattie sistemiche siano cause non comuni di cari. didosi vulvovaginali ricorrenti. Non è indicato il trattamento d ,routine del partner sessuale.

 

Cervicitemucopurulenta

 La cervicite mucopurulenta consiste in un processo infiammatorio a carico dell'epitelio colonnare e in lesioni subepiteliali del canale endocervicale e dell'epitelio colonnare contiguo che si ritrova, in posizione ectopica sull'esocervice. La cervicite mucopurulenta nella donna può essere considerata l'equivalente "silente" dell'uretrite nel maschio poiché essa è altrettanto frequente e causata dagli stessi agenti patogeni, ma più difficile da riconoscere. Questa patologia rara rappresenta nella donna la più frequente MTS di un certo rilievo che può provocare malattia infiammatoria pelvica e, in gravidanza  può condurre a complicanze ostetriche. La cervicite mucopurulenta è causata da C. trachomatis e a volte da N. gonorrhoeae. La percentuale relativa di casi dovuti a questi due microrganismi dipende dalla loro prevalenza in comunità. In circa la metà dei casi, comunque, essa non è associata con nessuno di questi due microrganismi e attualmente è considerata idiopatica. La sindrome può essere differenziata clinicamente dalla cervicite causata da infezioni primarie o ricorrenti da herpes simplex, che determinano lesioni dell'epitelio squamoso stratifica dell'esocervice oltre che dell'epitelio colonnare.

Il colore del muco cervicale dovrebbe essere osservato su un tampone bianco ottenuto dal canale endocervicale; un colorito giallastro indica la presenza di leucociti polimorfonucleati. Si deve poi eseguire uno striscio sottile del muco cervicale su un vetrino per la colorazione di Gram. La presenza di 20-30 o più cellule polimorfonucleate per campo microscopico a 1000 ingrandimenti entro filamenti di muco cervicale non contaminato da cellule epiteliali squamose vaginali o batteri vaginali suggerisce la diagnosi di cervicite. Quando i campioni endocervicali correttamente raccolti sono esaminati da personale con esperienza la colorazione di Gram del muco endocervicale è anche un test poco sensibile, ma piuttosto specifico per la gonorrea; diplococchi intracellulari Gram-negativi indicano infezione gonococcica. Per la ricerca di N. gonorrhoeae e C. trachomatis sono indicate la coltura e altri test specifici.

 

                Il trattamento dovrebbe essere intrapreso quando viene posta la diagnosi clinica, cioè prima che sia nota Feziologia. In contesti in cui la gonorrea e le infezioni da clamidia sono comuni, la terapia dovrebbe includere un regime a singola dose efficace per la gonorrea, come cefixima (400 mg per os) seguita da doxiciclina (100 mg per os, due volte al giorno per una settimana) o azitromicina (1 g per os in una dose singola). In situazioni dove la gonorrea è molto meno comune rispetto alle infezioni da clamidia, la terapia iniziale per la cervicite mucopurelenta può coprire solo l'infezione da clamidia (azitromicina o doxiciclina). Il partner sessuale di una donna con cervicite mucopurulenta dovrebbe essere esaminato e dovrebbe essergli prescritto un regime simile a quello scelto per la donna, a meno che i risultati dei test per la gonorrea o l'infezione da clamidia in entrambi i partner consiglino di modificare la terapia.

 

MALATTIA INFIAMMATORIA PELVICA La malattia infiammatoria pelvica (pelvic inflammatory disease, PID) è una combinazione di endometrite, salpingite e peritonite pelvica, risultante da infezioni genitali ascendenti, che di solito originano da una cervicite mucopurulenta gonococcica o da clamidia e/o da aginosi batterica. La PID colpisce prevalentemente adolescenti sessualmente attive e giovani donne, in cui almeno il 90% dei casi è acquisito per trasmissione sessuale. Benché talvolta clinicamente severa, con pelviperitonite franca o ascesso tuboovarico (specialmente, almeno così sembra, tra donne con infezione da HIV), la maggioranza dei casi di PID acuta sono relativamente lievi o perfino subclinici. Tuttavia, anche i casi di PID subclinica possono esitare in danno tubarico, come evidenziato dalla frequente mancanza di storia di diagnosi clinica di PID in donne sieropositive per clamidia con infertilità tubarica o gravidanza ectopica. Conseguentemente, il medico deve sospettare frequentemente una PID nella diagnosi differenziale di dolore addominale lieve, o anche banale, in giovani donne. Questo approccio rappresenta un rilevante cambiamento nell'atteggiamento clinico nei confronti della PID, che veniva considerata solo nella donne con grave dolore annessiale in presenza di elevazione della temperatura, della conta dei globuli bianchi o della velocità di eritrosedimentazione (VES).

 

La percentuale di casi prodotti da N. gonorrhoeae è recentemente diminuita nella maggior parte dei Paesi industrializzati, una tendenza che riflette la diminuzione di incidenza delle infezioni gonococciche in generale. C. trachomatis rimane una causa comune di PID in molti Paesi. Tuttavia, in alcune aree geografiche dove le organizzazioni per la tutela della sanità pubblica hanno incrementato l'impiego dello screening nelle donne sessualmente attive per le infezioni da clamidia, l'incidenza di PID causata da questo microrganismo si è ridotta. Numerosi altri patogeni contribuiscono alla PID, incluso M. hominis e diversi microrganistni anaerobi della flora vaginale isolati nella vaginosi batterica. La PID si verifica con aumentata frequenza dopo un breve periodo dall'inserzione di un dispositivo contraccettivo intrauterino e l'endometrite può seguire l'induzione di aborto o il parto, specialmente cesareo. t stato dimostrato che le lavande vaginali costituiscono un fattore di rischio per le infezioni pelviche ascendenti, forse perché questa pratica riduce le specie di lattobacilli producenti perossido di idrogeno. 1 medici non devono prescrivere lavande vaginali (che, va ricordato, non sono efficaci per il trattamento o la prevenzione di alcuna condizione), le quali non dovrebbero essere utilizzate neppure a scopi igienici.

 

LESIONI ULCERATIVE DEI GENITALI L’eziologia delle ulcere genitali non è stata sistematicamente studiata nei Paesi industrializzati per più di vent'anni, salvo nel caso delle recenti epidemie di sifilide e ulcera molle in New Orleans, Louisiana e Jackson (Mississippi). La tabella 129.4 riporta una stima delle diagnosi differenziali in pazienti che si riferiscono a centri per MTS e, per estensione, in individui giovani sessualmente attivi in altri contesti clinici.

 

L'incidenza e l’eziologia delle lesioni ulcerative dei genitali variano notevolmente nelle diverse aree del mondo. In alcuni centri per MTS in Asia e Africa, le ulcere genitali sono altrettanto frequenti della gonorrea; l'ulcera molle è la causa più comune di ulcerazione genitale. L’herpes genitale era considerato relativamente raro finché studi sierologici e la PCR delle ulcere genitali hanno dimostrato quanto sia comune, specialmente in soggetti infettati da HIV. Diagnosi

 

Agenti eziologici causa di ulcere genitali

 

 

Paesi industrializzati

Paesi in via di sviluppo

Herpes genitale

50-70% dei casi

10-30 % dei casi

Sifilide

10-20

10-30

Linfoma venereo

<1

0.5

Donovanosi

<1

<1

Condizioni sconosciute

10-20

10-30

 

 

 La donovanosi rende conto della quota maggiore di casi in alcune aree geografiche (per es., Africa meridionale, Australia occidentale, Papua Nuova Guinea e subcontinente indiano) delle uretriti, delle cerviciti mucopurulente e delle vaginiti; l'herpes genitale è la causa più comune e l'ulcera molle è relativamente rara. La sifilide è la seconda forma più comune di lesioni genitali ulcerative nella maggior parte del mondo e pertanto la possìbilità di sifilide deve essere sempre esclusa. Il linfogranuloma venereo (LGV) e la donovanosi (granuloma iunguinale) sono molto rari nel Nord America e in Europa, benché un'epidemia insolita di LGV si sia verificata nelle Baliamas durante gli anni '80 in associazione con l'uso di cocaina in forma di crack e dell'epidemia di HIV. Altre cause di ulcere genitali includono la candidosi e le verruche genitali traumatizzate, entrambe di solito ben riconoscibili. Il trauma di per sé è una causa poco comune di ulcera genitale, a meno che non vi sia una storia chiara di lesione traumatica accompagnata da sanguinamento. La diagnosi differenziale dell'ulcera genitale è ampia e altre condizioni sono più comuni in pazienti più anziani, a basso rischio per MTS, nonché in coloro che si presentano con le-sioni dovute a coinvolgimento genitale di dermatosi più diffuse, come le ulcere delle mucose genitali nella sindrome di Stevens-Johnson.

 

L'ulcera molle, la sifilide, l'herpes genitale e probabilmente tutte le cause di ulcere genitali aumentano l'efficienza della trasmissione sessuale e dell'acquisizione dell'infezione da HIV. Inoltre le ulcere genìtali, specialmente l'ulcera molle e la sifilide, sono molto comuni in popolazioni urbane sessualmente attive con basso stato sociocconomico ed elevata frequenza di prostituzione nonché di uso illecito di sostanze stupefacenti fattori di rischio indipendenti per l'infezione da HIV. Alla fine degli anni '80, negli Stati Uniti, l'ulcera molle e la sifilide si sono diffuse in modo epidemico in queste popolazioni, benché la loro incidenza sia rapidamente declinata dal 1990 al 1995.

 

Nei Paesi industrializzati la diagnosi differenziale delle ulcere genitali in bazienti giovani sessualmente attivi di solito include l'herpes genitale, la sifilide e l'ulcera molle; insieme, queste infezioni probabilmente rendono conto di più del 90% dei casi in cui ulcere genitali distinte sono presenti in pazienti senza dermatosi generalizzate. I reperti clinici sono occasionalmente dimostrativi da un punto di vista eziologico (per es., la presenza di vescicole erpetiche) e in aggiunta alle considerazioni epidemiologiche essi dovrebbero guidare la terapia iniziale in attesa di ulteriori indagini. Tuttavia, la maggioranza delle ulcere genitali non può essere diagnosticata con un certo margine di sicurezza unicamente su basi cliniche. t indispensabile escludere la sifilide in tutti i casi. Benché le indagini sierologiche debbano essere effettuate di routine, circa un quarto dei pazienti con sifilide primitiva, quando si presenta all'attenzione medica, non ha ancora i segnì sierologici dell'infezione. Tutte le lesioni, eccetto quelle altamente caratteristiche di infezione da HSV, dovrebbero essere sottoposte a esame in campo oscuro o test di immunofiuorescenza diretta per la ricerca di Treponema pallidum. Sono disponibili terreni arricchiti selettivarnente per l'isolamento di H. ducreyi. L'impiego di test PCR multipli simultanei (per es., per HSV, T pallidum e H. ducreyi) si è dimostrato valido in recenti studi condotti sulle ulcere genitali, che identificano un agente eziologico in più del 95% dei casi. Tali test non sono commercialmente disponibili.

 

Nella valutazione delle lesioni ulcerative genitali si raccomandano le linee di condotta esposte qui di seguito.

 

Lesioni tipiche dell'herpes genitale.

 La diagnosi clinica di herpes genitale viene posta qualora sì osservino tipiche vescicole o pustole, oppure sia presente un grappolo di ulcere dolorose che sono state precedute da un grappolo di lesioni vescicolo-pustolose. Questi aspetti clinici sono sufficientemente tipici da rendere opzionale la conferma della diagnosi mediante isolamento dell'HSV o la rilevazione immunochimica del virus. Un test sierologico per la sifilide deve essere effettuato, non tanto a scopo diagnostico quanto perché questo controllo è indicato in tutti i pazienti con recente diagnosi di MTS.

 

Dovrebbe essere effettuato un tentativo per isolare H. ducrey, qualora l'ulcera genitale sia dolorosa e sia presente linfoadenopatia inguinale con fluttuazione o cute sovrastante eritematosa nonché quando l'ulcera molle sia prevalente nella comunità quando il paziente sia ad alto rischio per l'ulcera molle (uso di droghe iniettabili o di cocaina "crack, oppure prostituzione) ( quando il paziente abbia avuto una recente esposizione sessuale in un'area endemica per l'ulcera molle (per es., un Paese de terzo mondo o alcune città nordamericane). Deve essere eseguita l'agoaspirazione dai linfonodi ingrossati fluttuanti e il materiale ottenuto va inviato in laboratorio per l'esame diretto coi colorazione di Grani e per l'allestimento colturale volto alla ricerca di H. ducrey e di batteri piogeni. à necessario, inoltre escludere la sifilide mediante l'esame in campo oscuro e quel lo sierologico; quest'ultimo deve essere ripetuto 1-2 settimane, più tardi se i risultati sono inizialmente negativi e se non possono essere confermate altre diagnosi.

 

Lesioni tipiche della sifilide Se le lesioni sono fortemente sospette per una diagnosi di sifilide (per es. non dolorose, non dolorabili, indurite), se è presente adenopatia inguinale dura  non dolorosa o se vi sono dati epidemiologici per sospettarla (per es., un'esposizione recente al contagio), è necessario eseguire un esame all'ultramicroscopio in campo oscuro e un test sierologico rapido per la sifilide. Se i risultati sono negativi e il paziente è affidabile in termini di successivi controlli e di astinenza sessuale, vanno eseguiti due ulteriori esami in campo oscuro nei giorni successivi, prima di iniziare il trattamento, e il test sierologico va ripetuto 1, 2 e 6 settimane più tardi. La colorazione C .T pallidum mediante immunofluorescenza diretta è abbastanza affidabile e dovrebbe essere preferita se non vi sono esaminatori con esperienza per l'esame in campo oscuro.

 

Ulcere genitali croniche Quando le ulcere genitali persistono oltre l'usuale decorso dell'herpes (2-3 settimane) o di quello dell'ulcera molle e della sifilide (fino a 6 settimane) e non si risolvono con una terapia antimicrobica sindromica, oltre agli usuali test per l'herpes, la sifilide e l'ulcera molle, è indicata l'esecuzione della biopsia per escludere la donovanosi, il carcinoma altre dermatosi non veneree. Andrebbe inoltre eseguito un te per la diagnosi di infezione da HIV, dal momento che l'herpes cronico persistente genitale è comune nell'infezione da HIV.

 

Trattamento delle ulcere genitali In linea teorica, il trattamento delle ulcere genitali non andrebbe iniziato fino a che non venga posta una diagnosi di certezza; tuttavia può rendersi talvolta necessario il trattamento sindromico immediato delle ulcere genitali acute (dopo la raccolta di tutti i campioni necessari per la diagnosi), per esempio quando si ritenga che un paziente possa non ritornare per il controllo o possa continuare essere sessualmente attivo. Il trattamento iniziale ìn tali casi dovrebbe includere 2400000 unità di benzatina-penicillina G pi trattare una possibile sifilide primaria. La terapia empirica in mediata per l'ulcera molle è altresi indicata quando il paziente è stato esposto al contagio in un'area in cui questa malattia è endemica e, particolarmente, quando è in atto o imminente la suppurazione dei linfonodi regionali. Per i pazienti con episodi iniziali di herpes genitale o anorettale è indicata una terapia sistemica immediata con aciclovir. Infine, una terapia antimicrobica empirica può essere indicata nel caso in cui le ulcere persistano e la diagnosi non venga chiarita dopo 12 settimane di osservazione e ripetuti tentativi di diagnosticare l'herpes, la sifilide e l'ulcera molle.

 

Ivaccini candidati contro HVS-2 sono stati sottoposti a studi clinici; un candidato vaccino costituito da una subunità è recentemente apparso inefficace nella prevenzione dell'infezione da HSV-2. Se un qualche vaccino dovesse dimostrarsi efficace nella prevenzione dell'herpes genitale, la popolazione che andrebbe immunizzata contro l'HSV-2 comprende i partner non infetti di persone con herpes genitale e forse tutti i soggetti giovani prima dell'inizio dell'attività sessuale. 1 vaccini candidati sono anche sperimentati per valutare la loro efficacia nel ridurre il decorso dell'herpes genitale recidivante.

 

PROCTITE, PROCTOCOLITE, ENTEROCOLITE ED ENTERITE

La proctite acquisita per via sessuale è un processo infiammatorio limitato al retto ed è secondaria all'inoculazione rettale diretta dei patogeni tipici delle MTS. Al contrario, i processi infiammatori che si estendono dal retto al colon (proctocolite), che interessano sia l'intestino tenue che il crasso (enterocolite) o che coinvolgono solamente l'intestino tenue (enterite) possono essere determinati dall'ingestione di tipici patogeni intestinali o da contatti sessuali che comportino esposizione orofecale. Il dolore anorettale e la presenza di secrezione rettale mucopurulenta o ematica suggeriscono una proctite o una proctocolite. La proctite si associa di solito a tenesmo (che causa frequenti tentativi di evacuazione ma non diarrea vera) e stipsi, mentre la proctocolite e l'enterocolite si manifestano più spesso con diarrea: in entrambi i casi l'anoscopia evidenzia la presenza di infiammazione della mucosa con essudato e facile sanguinamento (per es., positività al "test di spazzolamento"), talora con ulcerazioni della mucosa e petecchie. à necessario eseguire una colorazione di Gram e indagini microbiologiche sull'essudato. La sigmoidoscopia o la coloscopia evidenziano un processo infiammatorio limitato al retto nella proctite o alterazioni estese almeno al sigma nella proctocolite.

 

In passato la maggior parte dei casi di infezione intestinale trasmessa per via sessuale si è osservata nei maschi omosessuali. Con il diffondersi dell'AIDS si è osservata una modificazione straordinaria nello spettro clinico ed eziologico delle infezioni intestinali fra i maschi omosessuali. Il numero di infezioni opportunistiche intestinali è aumentato rapidamente nei soggetti affetti da AIDS, per lo più con sintomi intestinali cronici piuttosto che acuti. Nello stesso tempo. il numero di infezioni intestinali a trasmissione sessuale, come descritto più avanti, è calato rapidamente, dal momento che i comportamenti sessuali ad alto rischio sono diventati meno comuni in questo gruppo.

 

La maggior parte dei casi di proctite infettiva è causata da N. gonorrhoeae, HSV o C. trachomatis e la trasmissione di questi microrganismi avviene per contatti sessuali passivi anorettali. Anche la sifilide in fase primaria e secondaria può determinare lesioni anali o rettali con o senza sintomatologia. La proctite dovuta a N. gonorrhoeae o quella dovuta a ceppi comuni di C. trachomatis caratteristicamente interessa il tratto più distale della mucosa rettale e le cripte anali e presenta un quadro clinico di lieve entità, senza manifestazioni sistemiche. Al contrario. la proctite da HSV e la proetocolite da ceppi di C. trachomatis che causano il linfogranuloma venereo di solito produco~ no intenso dolore anorettale e spesso febbre. Ulcerazioni perineali e finfoadenite inguinale, la maggior parte delle volte doiute ad HSV, possono comparire anche in corso di 1infogranuloma venereo o di sifilide. Nella proctite erpetica primitiva sono comuni le radicolopatie dei nervi sacrali, che di solito si presentano con ritenzione urinaria, lassità dello sfintere anale'o stipsi. Nel linfogranuloma venereo la biopsia evidenzia la presenza di ascessi delle cripte, granulomi e cellule giganti, cioè un

quadro istologico analogo a quello della malattia di Crohn. Anche la sifilide può determinare granulomi rettali, di solito associati a infiltrati di plasmacellule o di altre cellule mononucleate.

 

La presenza di diarrea, meteorismo addominale e dolori crampiformi, in assenza di sintomi anorettali e di alterazioni all'anoscopia e alla sigmoidoscopia, è suggestiva di un processo infiammatorio dell'intestino tenue (enterite) o del tratto prossimale del colori. Negli omosessuali maschi non infetti da HIV l'enterite limitata all'intestino tenue è spesso attribuibile a Giardia lamblia. Le proctocoliti da contagio sessuale sono più spesso conseguenti a infezioni da Campylobacter spp., Shigella spp. o Entamoeba histolytica.

 

 

INFEZIONE DA PAPILLOMAVIRUS UMANO E VERRUCHE GENITALI

 Le verruche genitali e l'infezione da HPV sono state per lungo tempo considerate lesioni sgradevoli ma benigne. La maggioranza delle verruche genitali è determinata dai tipi di HPV 6-11, che sono raramente, per non dire mai, associati a tumori invasivi. Tuttavia, i dati che si accumulano indicano che alcuni ceppi di HPV - per esempio i tipi 16, 18, 31, 33, 35, 39, 45, 52, 55, 56 e 58 - sono coinvolti nello sviluppo di displasia moderata e grave e tumore manifesto del collo dell'utero, dell'ano, della vulva, della vagina e del pene. Pertanto, l'infezione da HPV è riconosciuta come una delle principali MTS.

 

Negli Stati Uniti più di 1200 000 visite ambulatoriali sono attribuibili ogni anno ai condilomi genitali. La maggior parte delle infezioni da HPV è tuttavia subclinica e l'utilizzo di strumenti che hanno una sensibilità sempre maggiore per la rilevazione dell'HPV (per es., la reazione di polimerizzazione a catena) dimostra che la maggior parte dei giovani sessualmente attivi (uomini e donne) visitati nei centri per le MTS ha un'infezione genitale da HPV, di solito senza lesioni cliniche visibili.

 

Un recente studio condotto in donne universitarie, dall'inizio dell'attività sessuale con i primi due o tre partner sessuali, ha dimostrato che circa la metà di esse si sono infettate con virus HPV, molte con sottotipi oncogeni. U infezione genitale da HPV è stata 5 volte più comune di tutte le altre infezioni sessualmente trasmesse in questa popolazione.

 

Il trattamento delle verruche esterne sintomatiche di solito consiste nella crioterapia o nell'impiego della resina di podofil

 

 

 

 

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