11 Settembre 2000 - Ma a Rutelli serve
un portavoce? |
Il portavoce di Francesco (ma ne ha bisogno?) .
1. L’esperienza radicale: i radicali sono stati la prima formazione
partitica italiana a saper mediatizzare la politica;
2. Il passaggio con i Verdi: sono il movimento che ha obbligato
il mondo dell’informazione a tematizzare l’ambiente;
3. Una moglie giornalista, eccellente nelle relazioni;
4. Una progressiva istituzionalizzazione dei comportamenti: dal
motorino al matrimonio in chiesa, dal tennis (non ci gioco più dalla
fine degli anni '80, ma garantisco che ha tecnica e miglior tocco di Amato)
al golf, alla postura del corpo nelle foto, con un tentativo non riuscito
di giocare il messaggio decisionista.
Francesco Rutelli conosce tutte le armi della comunicazione:
nei suoi anni di sindaco è riuscito anche a soffocare qualsiasi
vera critica. Nemmeno quella più evidente è riuscita a passare:
aver buttato l’occasione del Giubileo per risolvere il disastro del trasporto
urbano. Non è necessario essere di destra per ricordare straordinarie
promesse non mantenute. C’è chi dice vi sia riuscito con qualche
giornalista consulente di troppo, c’è chi gli riconosce al contrario
una sapiente regìa nella costruzione del consenso. Probabilmente
vere entrambe le cose. Chi sarà il suo portavoce?
Portavoce della verità.
Francesco Pira dedica alcune pagine del suo "Come creare
un ufficio stampa "(Sperling & Kupfer, giunto alla 2° edizione)
alla nascita del GUS (gruppo Giornalisti Uffici Stampa). Lo fa intervistando
Gino
Falleri a cui dobbiamo non soltanto le prime attente riflessioni sulla
professione, continuamente rivisitate, ma anche un intenso e appassionato
impegno associazionistico.
Dice Falleri degli addetti stampa: "Non sono uomini che operano
per magnificare questo o quell’altro personaggio, ma perché la notizia
abbia sempre un contenuto di interesse pubblico, a valenza collettiva.
L’affidabilità, l’autonomia, la trasparenza, questi sono elementi
fondamentali che gli uomini del GUS hanno stampato sulla pelle, in quanto
l’addetto stampa è un professionista all’interno della professione:
oltre a essere esperto dei mezzi tecnici (…) deve essere anche esperto
del settore di cui è portavoce(…) tutto quello che esce dalla sua
voce deve avere un requisito fondamentale: deve essere affidabile, deve
rispondere alla verità" (p.89).
Sottoscrivo, sottoscriviamo, e senza voler apparire bacchettoni,
interroghiamoci sulla nostra personale interpretazione.
Provocazione.
Esistono giornalisti la cui identificazione nel contenuto o nel
personaggio della notizia è tale da farli ritenere – anche impropriamente
rispetto alla professione (vedi Falleri) - dei veri e propri addetti stampa?
Riformulo una domanda a cui mi è difficile rispondere (aiutatemi!):
è naturale o contraddittorio il fatto che esistano giornalisti –
delizia dei loro direttori, del prestigio della testata e forse anche del
mercato – che hanno un rapporto esclusivo con un personaggio pubblico?
Comincio a rispondere: è naturale che un giornalista impegnato
in un segmento – istituzionale o meno – dell’informazione quotidiana, nella
continuità di relazioni e scambi di informazioni, maturi un rapporto
di reciprocità con la fonte (l’ufficio stampa, se esiste; il personaggio
direttamente) e che questa reciprocità sia sinonimo di stima e di
affidabilità.
Ma, ferme restando le delizie sopra elencate, come la mettiamo con
il lettore (senza scomodare la parola verità)? Siamo troppo portati
alla routine (intesa come attività che ci fa risparmiare tempo e
preoccupazioni) per desiderare – dalla cabina di un ufficio stampa – un
giornalista diverso da quello con cui abbiamo ormai costruito una certa
familiarità e che è pure simpatico alle persone per cui lavoriamo.
Questa è la routine, quella (probabilmente un diverso comportamento)
è la direzione della deontologia. Ma il pubblico, tutto questo,
lo sa? (ammesso che si scriva per un pubblico universale e non per quei
determinati lettori ).
Il miracolo della campane.
E’ un film del 1948 (regia di Irving Pichel) con Fred
Mac Murray, Frank Sinatra ed una bellissima Alida Valli. Una
campagna di comunicazione in nuce perché si parli di un centro minerario,
piccola città natale di una sfortunata stella del cinema.
Tonino Bettanini
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