|
Caro Presidente, sono giorni molto tristi al Messaggero. La tensione si taglia a fette, l'irritazione è crescente, i musi sempre più lunghi. Non sempre capiamo il perchè, ma se lavorare di per sè stanca, lavorare incazzati è penoso. Ieri mattina la riunione di redazione è durata, orologi alla mano, ventinove minuti esatti. Niente discussione, nessuna proposta: il direttore Graldi è arrivato nel salone accigliato come mai, non ha neanche aspettato l'arrivo dei vicedirettori, e subito ha invitato i capi dei servizi a presentare il programma della giornata. Quelli, vista la mala-parata, si sono affrettati, ciascuno nel silenzio generale, a indicare i temi su cui avrebbero lavorato in giornata. Ventinove minuti, riunione sciolta. Mai vista una cosa del genere. Se ne dicono di tutti i colori di questa situazione angosciante, ma sono mormorii. Certo,il caso La Rocca pesa come un macigno sulla redazione che attende con ansia il verdetto del giudice del lavoro; certo, bruciano le novemila (citate nel ricorso)copie rubate da Metro; certo, c'è la paura per lo sbarco in forze del Corriere col suo dorso romano. Ma siamo sicuri che si difendono le quote di mercato solo impelagandosi in un ricorso giudiziario contro Metro? Quando ieri pomeriggio è arrivata la sentenza del tribunale civile di Roma che respingeva, anche in secondo grado, il ricorso del Messaggero contro il quotidiano distribuito gratuitamente nelle metropolitane, noi ci siamo detti: sarà finita? Perchè questa storia di Metro è ridicola. Per sostenere l'ipotesi di concorrenza sleale, abbiamo dovuto: 1) ammettere la perdita di copie sulla piazza di Roma (così
adesso lo sanno anche Repubblica e gli inserzionisti pubblicitari);
Ma che colpa abbiamo noi, se i romani si sono affezionati a questo
giornaletto che trovano ogni mattina mentre obliterano il biglietto dell'Atac?
Non sarebbe meglio puntare a migliorare la qualità del nostro giornale,
senza piangerci addosso? Abbiamo letto sull'Espresso che Lei
sta pensando a un giornale gratuito da distribuire sui treni. Ci sembra
che si vada avanti solo per stizza, rincorrendo idee altrui, senza un vero
progetto di espansione, così come è avvenuto in novembre
nelle Marche.
Sono in partenza. Torno in Italia la settimana prossima. La promessa che posso farvi è che, avendo un ufficio postale e la mia banca sotto casa (una filiale anche dentro la redazione) farò di tutto per andarci. Cinque soli contributi mi sembrano davvero una vergogna. Anche perchè voi state crescendo, e bene: ottimo il dibattito sul contratto e la professione, con il giusto rilievo dato alla "nobile e intelligente" - anche a un segretario Fnsi può capitare di avere ragione ;-) - proposta dei colleghi della Darp riguardo a un fondo scioperi dei periodici. Lavorando ormai da tempo per i periodici, mi sono sempre chiesto a cosa realmente servano le due o tre giornatine di astensione dal lavoro, se non a impoverire i nostri lauti stipendi. Avrete mie notizie (economiche): non vi arricchiranno. Ma a me scaricheranno la coscienza. Auguri per la nuova sede. Niccolo’ d’Aquino Caro Niccolo', comprendiamo il tuo senso di colpa. Ma puoi sempre riparare al malfatto. Anzi al "non fatto". Grazie per il frigorifero. Bds
Mata Hari
Un cuorista
Mata Hari P.s.Solo per difendere una incolpevole. La perla del Tg2 (il neologismo franco tedesco) "ein plein"è da attribuire non alla bravissima Adele Ammendola bensì a Francesca Nocerino. Il tutto, come dice Buscemi, per la precisione.
Genoveffa Laracchia
Remigio Russo Ps. Vorrei entrare in contatto con Filippo Facci: chissà che non abbia del materiale dal convegno su "Stampa e querele". L'argomento mi interessa parecchio. La mia e-email è remigio.russo@panservice.it Caro Remigio, quello che tu vedi in basso nella nostra home
page non e' un banner pubblicitario. Bensi' solo un aggeggio che serve
a tracciare le statistiche di accesso al sito del Barbiere. Quando e se
decideremo di pubblicare banner pubblicitari, i nostri lettori ne saranno
informati preventivamente.
Filippo Facci
Sarà dura passare dalla Grande Mela alla bassa lodigiana e dagli stand-up davanti alla Casa Bianca quelli con le vasche del lardo di Colonnata sullo sfondo. Dopo avere dialogato con i potenti della terra, il nostro reggerà
il microfono al sciur Brambilla proprietario di una vaccheria con venti
mucche venti e le sue nobili narici inalarenno il lezzo dello stallatico
e non più l'inebriante effluvio del potere.
Lanza squarcia questo velo di mistero: Fabrizio ha
"tanti maglioni di cachemire da potere aprire un negozio" e almeno "cento
vestiti e tutti di Caraceni".
Ritengo che sia un vincolo appena sufficente, in un paese che ha persino l'albo dei camionisti, che a fare i comunicatori pubblici siano i giornalisti (che, lo ricordo, hanno una deontologia estremamente severa). Fino ad oggi, vorrei ricordare a Toni Muzi Falconi, non era così. Conosco uffici stampa gestiti da dipendenti pubblici, public-relation-man, ultramasterizzati, scrittori, pubblicitari e quant'altro, che in un anno producono 3, dico 3, comunicati stampa. I "cosidetti" giornalisti portavoce o quelli degli uffici stampa
di fiducia dell'amministrazione, che sono nati con la legge sull'elezione
diretta dei sindaci, invece, funzionano davvero (e i giornalisti delle
testate questo lo sanno) e colmano spesso le lacune dei "dipendenti a
tempo indeterminato". Infine una battuta, senza rancore: lo sa caro Toni
Muzi Falconi perchè un giornalista è meglio? Perchè
non avrebbe mai impiegato tutto quello spazio (e quel linguaggio
da addetti ai lavori) per dire che anche voi volete fare gli uffici
stampa. Cordiali saluti.
Gian Piero Benedetti
http://www.freeweb.org/sport/BodybuildingItalia/index.htm Alessandro Locati
Fu proprio su Casalegno che Lotta Continua si spaccò e prese una posizione ineditamente forte contro il terrorismo, e proprio a partire dagli interventi di Lerner e Andrea Marcenaro, che fecero parlare il figlio di Casalegno, militante di LC e crearono accese discussioni nel giornale. Il riportato pregiudizio di Benedetto sarebbe quindi, rispetto a questo, del tutto immotivato, anzi una cantonata. Altrettanto errata è la vostra valutazione sulla posizione di LC a proposito di Casalegno. Saluti Un lettore qualunque
Luciano Luongo Commossi, ringraziamo del pensiero e facciamo il tifo per
te. E invitiamo calorosamente l'amministrazione di Repubblica ad assumerti.
A un certo punto si legge anche che un non meglio identificato collaboratore di Arlacchi confessa candidamente che l' Undcp (United nations drug control program) "non ha più un soldo" dopo avere dato quasi 10 milioni di dollari in tre anni ai Talebani perchè costoro riconvertissero le colture di papavero da oppio locali in non si sa bene quale nuova e più economicamente efficace coltura per i contadini che da secoli campano di questo. Come è noto il raccolto di oppio raddoppia di anno in anno e per giunta c'è il sospetto, se non la certezza, che i soldi dell'Onu siano serviti a impiantare nuove raffinerie di eroina in loco. Adesso Arlacchi dice di puntare sui satelliti che avrebbero monitorato l'acqua calda, cioè le rotte, interne all'Afghanistan, della droga, visibili anche a occhio nudo perchè coltivazioni e trasporti avvengono senza particolari preoccupazioni, e, udite! udite!, sulla collaborazione della polizia russa e di Putin, noto repressore dell'illegalità in madre patria. Leggere queste cose all'indomani o quasi del tragico ammazzamento del corrispondente di Radio radicale Antonio Russo, uno che forse è stato fatto tacere per sempre proprio per avere rivelato di che pasta siano le promesse e gli impegni di Putin e compagni in materia di lotta alla mafia interna ed internazionale, fa da una parte ridere e dall'altra arrabbiare le persone di comune buon senso. Se a questo aggiungiamo che la Russia, dove oggi come oggi anche i sassi sanno che i narco trafficanti, gli ex agenti del Kgb e i delinquenti organizzati di mezzo mondo, la fanno da padroni, è quello stato che voleva fare espellere il partito radicale transnazionale dall'Onu perchè aveva osato mettere sotto gli occhi di tutti "di che lagrime grondi e di che sangue" il potere nell'ex Urss, si può veramente dire che "Arlacchi perde i soldi (della collettività internazionale) ma non il vizio". Ieri puntava sui Talebani che violavano i diritti più
elementari dell'uomo e soprattutto della donna di quella regione, oggi
lo fa sul governo su cui più si addensano i sospetti di complicità
nei peggiori traffici criminali del globo e fra poco anche quello di entrarci
più di qualcosa nell'omicidio di Antonio Russo. Forse suggerirà
all'Armata rossa di ri - invadere l'Afghanistan? Arlacchi sarrebbe
ben capace anche di questo, non per niente è un comunista. E adesso
una domanda: se l'Onu ancora non si è deciso a licenziare Arlacchi,
saranno i diessini finalmente a chiedergli di farsi ragionevolmente e dignitosamente
da parte visto che le elezioni sono imminenti e di figure di merda diplomatiche
l'Italia ne rimedia una al giorno, da ultimo la mancata designazione di
Emma
Bonino all'Onu nella carica di alto commissario per i rifugiati, dovuta
all'insipienza del ministro Dini e ai suoi inciuci?
Mariangela (Firenze) Qualcuno e' in grado di dare una risposta a Mariangela?
Un fedele lettore del Bds
I colleghi della Free Lance International Press
Antonio Montanari, tessera da pubblicista -- il Rimino si legge in http://digilander.iol.it/monari e-mail: ilrimino@libero.it
Carlo
Io lavoravo al nero ad Avvenimenti-Ultime Notizie, ora sono praticante d'ufficio disoccupato. Tra le cose che direttore e condirettore mi hanno insegnato c'è questa: errori simili costano il posto! (Il condirettore era più colorito: "A me hanno detto una volta: Fai un refuso e prima ti appendo per le palle in redazione poi ti licenzio. Ed era un bresciano. A voi andrà peggio, perché io sono siciliano, anzi catanese"). Con preghiera di anonimato
A proposito, ho comparato e ci ho trovato una sana dose di cinismo e verità. Però adesso tocca ai signori del Corriere della Sera, scusate...ma stanno ampliando la redazione con 11 assunzioni, le liste per il dorso di Roma sono pronte. E io mi chiedo, da cittadina attenta, ma i criteri di selezione quali sono stati, hanno fatto un concorso o che so, un annuncio di offerta lavoro? Insomma come hanno scelto quelle 11 persone da assumere? Cari giornalisti, capisco che il quotidiano in questione non è
un'azienda pubblica, ma comunque per ricercare i migliori professionisti
credo si abbia il dovere di diffondere l'opportunità di assunzione
oltre le mura domestiche (come fanno le testate estere, appunto). Nessuno
di voi ha scritto un rigo a riguardo, ma sarete pronti a lamentarvi per
il prossimo inciucio invece di andarlo a scovare. Se questo è fare
notizia. Buon lavoro.
Nessuna paura se siamo accusati di volare alto con la nostra fantasia, Sepùlveda scrive che «vola solo chi osa farlo». Saluti a tutti Remigio Russo
Sarebbe agevole fare l'esegesi della mia lettera del 2 ottobre per dimostrare che Giuseppe, accecato dal suo risentimento verso "Pasquale", ha preso fischi per fiaschi e non si è accorto neanche di essere d'accordo con me. Come è ovvio non ho scoperto che Corriere e Repubblica sono sul punto di aprire a Bari frequentando il teatro Piccinni durante gli "Stati generali" (che non mi risulta si siano mai tenuti nella "comunista", ma quando la smetterete..., Bologna) promossi (grazie a consulenti "comunisti"? ancora..., e che, abbiamo la rogna?) dall'amministrazione comunale (ribadisco, non "governo" che è parola che indica un organo politico e di indirizzo e può essere con qualche forzatura usato forse per le Regioni, non certo per i Comuni, né "giunta" visto che, anche se questo dà fastidio al sindaco e a Giuseppe, esistono anche un consiglio comunale e un apparato burocratico che concorrono a formare il Comune di Bari, come per altro non si stancano di ricordare al sindaco, e a Giusepp e dunque, Salvatore Tatarella e l'intero gruppo consiliare di An). Ho solo constatato che nessun organo di informazione pugliese ha comunicato ai suoi lettori o ascoltatori o spettatori questa notizia: non lo ha fatto la Gazzetta, non lo ha fatto il Tg Rai, né quello di Telenorba, non lo ha fatto nessuno degli altri fogli, foglietti e fogliacci, tv regionali, provinciali, cittadine e di quartiere che si piccano di fare informazione a Bari, neanche gli "anarchici" di Barisera, la cui nascita, detto per inciso, fece sperare anche me che qualcosa potesse cambiare. E sono convinto anch'io che, come scrive Giuseppe: "Quando mai la stampa barese ha pubblicato (o messo in onda, che è lo stesso) notizie vere?". E quindi che i giornalisti (me compreso, lo ammetto) sapessero da tempo dell'apertura di Corriere e Repubblica non c'entra proprio niente. L'informazione, le notizie, caro Giuseppe, infatti sono (o dovrebbero essere) un servizio reso ai cittadini, se non più banalmente la ragione che spinge (o dovrebbe spingere) il lettore all'acquisto del giornale (e non per niente si dice che la Gazzetta si compra solo per leggere i morti ed i cinema, notizie sempre, e in genere di sicuro affidamento) o il telespettatore a schiacciare il tastino del suo telecomando. La cortina di silenzio stesa da tutti i mezzi d'informazione pugliesi sull'arrivo di Repubblica e Corriere è un fatto grave prima di tutto per questo e solo incidentalmente anche per il fatto che consente di alimentare voci, boatos, propalazione ad arte (spesso proprio da parte dei "Pasquali" che tanto stanno antipatici a Giuseppe e, glielo assicuro, anche a me) di notizie false, verosimili, distorte, ecc., tra le quali (cito solo quelle degli ultimi giorni) "Per salvare quelli dell'Unità di Roma né Corriere né Repubblica assumeranno i disoccupati baresi" (che quindi dovrebbero continuare a scodinzolare intorno alle aduse porte degli editori locali e del sindacato disputandosi i magri ossi di sostituzioni, contrattini, collaborazioni, ecc.) e "La Rizzoli non ha soldi, quindi il Corriere promuoverà una cooperativa di giornalisti e poligrafici" (e devo dire che l'immagine di Mieli sovrapposta a quella di Gismondi o quella di Romiti che trascolora in Montrone sono veramente esilaranti). Pensa che bello invece se ascoltando un tg o leggendo un giornale
locale qualche ragazza o ragazzo di questa città e di questa regione
venisse a sapere che ci saranno due nuovi giornali e che magari, chissà,
ci potrebbe essere non dico posto, ma almeno ascolto per la sua voglia
di fare un mestiere fino ad oggi in balia, a Bari più che nel resto
della Puglia, di camarille e potentati (quei "Pasquali", caro Giuseppe...)
che della regolazione dell'accesso a questo mestiere (impedendola di fatto
a chi mostrasse i germi della più terribile malattia, l'autonomia
culturale e di pensiero) hanno fatto la loro ragione di vita. E allora,
cerca di distinguere meglio nella tua sfera di cristallo amici e nemici,
"Pasquali" e "non-Pasquali". E attenua i toni della tua rabbiosa polemica
contro i politici (dei quali, come è abitudine della tua cultura
politica, fai troppo facilmente tutto un ...fascio) sinistrorsi: mi risulta
infatti che una giovane, brillante e intelligente politica di sinistra
abbia segnalato proprio il tuo nome (aggiungendo "è proprio bravo,
non me ne importa niente se è di An") ad almeno uno dei due grandi
giornali in arrivo a Bari. Come sarebbe bello scoprire che qualcuno (magari
Simone o Raffaele con i quali, purtroppo non mi dò del tu) avesse
fatto lo stesso per me...
Saluti
2) Non ho il piacere di conoscere personalmente la signora Serra Visconti anche se le confesso che questa lacuna non mi impedisce di dormire serenamente ogni volta che cala il sole. 3) Prendo atto che la sullodata è laureata in medicina, specializzata in medicina estetica, molto brava (è un titolo accademico anche questo?) e per di più anche giornalista. 4) La medicina estetica non è certamente sinonimo di estetista ma, sempre a mio modesto parere, ci sei andata molto vicina. 5) Ho assistito a qualche performance televisiva della signora e ti confesso che trovavo i suoi argomenti molto simili a quelli che ascolto dalla mia manicure le poche volte che ho il tempo di andare dal parrucchiere a fare la piega e farmi dare un'aggiustatina alle mani. Mata Hari
Personalmente ritengo che al giorno d'oggi la televisione sia uno strumento eccezionale e pericoloso in egual misura: se da un lato unifica ed avvicina, dall'altro semplifica e confonde ,o meglio può anche ingannare. La libertà della informazione televisiva è la cifra caratteristica ed autentica della democrazia di un paese. Negli stati anglosassoni la stampa è molto diversa dalla nostra: la vita dei potenti e non solo politici ma anche imprenditori, sportivi e star della tv viene impietosamente messa in onda, fatta a brandelli in ogni suo aspetto privato, riscuotendo, non dimentichiamolo, un ampio successo tra la gente comune. L'atteggiamento non è conciliante con il potente, anzi le domande e gli scoop sono sempre alla dinamite. In USA la stampa ha un atteggiamento antitetico rispetto alla nostra nei confroni della politica, fa giornalismo vero. In Italia molti sostengono, sopratutto i DC della Rai, che vi sia un eccesso di cinismo, da condannare insomma (vedasi il Sexgate). Io penso invece che sia il modo migliore di rapportarsi nei confronti del potere per un giornalista (e qui vorrei il tuo parere). Il prezzo del potere e del denaro in questi paesi è quello di essere continuamente sotto la lente del pubblico, una lente cinica e spietata. Ma anche questo è democrazia: tende ad umanizzare e ,perchè no, ridicolizzare chi attraverso la suggestione televisiva ti verrebbe altrimenti presentato sempre come bello, ricco e bravo, meritevole di ogni consenso e riverenza. E in questo il giornalista ha il suo ruolo fondamentale: ricercare la verità e raccontarla. E in Italia, Barbiere? Cominciamo dalla Rai: controllata dai segretari dei partiti. Non ho mai sentito un giornalista della Rai fare un vera intervista ad un politico, chiedendogli conto dei mille disastri di questo paese, delle inefficienze pazzesche della burocrazia e della ex(?) macchina pubblica, degli stipendi dei parlamentari, delle auto blu. Mai. Invece ho visto in abbondanza servizi e trasmissioni (invero una alta frequenza in seconda serata su Rai1) sulle dimore, i risotti e gli hobbies dei boss della politica, oltre naturalmente alle prese di posizione, alle possibili alleanze, i dibattiti, le bufere, le polemiche, gli scontri, le reazioni alle polemiche .... Spero solo di non aver seguito abbastanza la programmazione Rai e di essermi perso le sopracitate domande al vetriolo. La vicenda Lerner ha dimostrato ancora di più che situazione mafiosa ci sia al TG1 (domanda cattivissima: siamo sicuri che non lo abbiano sabotato?). Ci sarebbero molte altre cose sulla Rai, ma passiamo oltre Barbiere. Mediaset: il proprietario è il futuro presidente del consiglio. Regno dei tappeti di Silvio. In cima alla lista Costanzo, il mostro televisivo per eccellenza, brutto fuori e dentro, un Don Abbondio-trash molto complesso e complessato. Per non parlare di Fede e Liguori, dei loro redattori e di Mentana. Tutti sull'attenti. Questo scenario garantisce la libertà dell'informazione? Garantisce un giornalismo libero e svincolato dal potere, che non riduca l'informazione ad una litania di ciambellani stipendiati dal potere stesso? Io penso sia già così, personalmente ho molte riserve
sul fatto che l'Italia sia un paese libero e democratico come altri in
Europa. La nostra televisone nazionale, stretta in questo anacronistico
e devastante oligopolio, ci mostra i potenti come perfetti, mai una chiacchiera
cattiva, mai una inchiesta seria. Sempre più belli e perfetti, adulati
da servi devoti. Sinceramente ritieni ci sia una soluzione a questo regime
televisivo? Io non credo ve ne siano , ma spero di ricevere una risposta
negativa o una smentita secca in merito alla situazione della televisione
italiana che io ho tracciato. Ho trascurato la carta stampata, ma non è
che se la passi molto meglio se pensiamo agli editori Romiti, Debenedetti,
Agnelli, Confindustria, palazzinari rutelliani e Berluschini vari.
Grazie per la pazienza Barbiere
"Il lettore vuole queste cose" è la risposta. Siamo sicuri? Il lettore legge quello che gli diamo, difficile che decida di leggere Repubblica perché parla di sesso piuttosto che il Corriere perché parla di una rapina. Ho iniziato a fare questo mestiere perché credevo, e credo ancora (da qui la frustrazione), che il giornalista fosse il cane da guardia della società, quello che dà l'allarme sulle distorsioni del sistema, gli errori giudiziari, quello che avverte dei pericoli di certe scelte. Non con commenti propri, ma raccontando la realtà che ci circonda che, appunto, è fatta di errori, distorsioni, sotterfugi, corruzione. Invece no. Esempio per tutti, ieri 16 ottobre. All'aula bunker di Rebibbia riprende (seconda udienza) il processo per Ustica, alto tradimento dei generali. Si discute se ammettere o meno le parti civili, famiglie delle vittime e titolare dell'Itavia. Oggi quale giornale ne parla? Cercate su Corriere (che pure con Purgatori su questa inchiesta si è impegnato) e su Repubblica, cercate. Nell'aula accanto un altro processo, altri generali, argentini, sotto accusa per aver fatto sparire e poi trucidato sei italiani. Anno 1978. Una dei desaparecidos era incinta, ha partorito e poi è stata uccisa. Suo figlio, italiano, è scomparso da 22 anni. La nonna lo cerca. In aula testimonianze agghiaccianti, torture. "Desaparecidos? Ma a chi interessano dopo 22 anni?". Piazza Fontana è di oltre 30 anni fa, Piazza della Loggia 26, anche quelli non interessano ai capiredattori e, di conseguenza, ai lettori. Il Corriere, stamani, pubblica l'intervista alla nonna, taglio basso, due colonne. Gli altri niente. Poi ci si stupisce se un generale argentino se ne va dall'Italia grazie a un documento falso, se i generali di Ustica ridono sereni in aula. Chi ha abbaiato? Chi ha avvertito che ingiustizia si stava compiendo? Edmond Dantes
Dom Serafini direttore" VideoAge"
Mentre il poliziotto mi eleva la multa, il maresciallo ferma un'altra auto; alla guida una signora di circa 45 anni, senza cinture; il maresciallo le si avvicina, le da' il buon giorno e le chiede i documenti; li controlla e le dice che mettere le cinture è importante, e senza aggiungere altro, e senza elevare sanzione perchè la signora non porta la cintura di sicurezza, le da il buon proseguimento del viaggio. Mi avvicino al poliziotto e gli dico se è giusto che io paghi per uno stop non funzionante, penso sia giusto che altri per violazioni più gravi, vedi la mancanza delle cinture di sicurezza, siano sanzionati; oppure non bisogna sanzionare nessuno; con grande imbarazzo il poliziotto mi dice che non può fare niente, ed avvicinandosi il maresciallo e dicendogli le stesse cose, questi mi dice che io ho visto male: la signora indossava la cintura di sicurezza. Lo so che non tutte le persone delle forze dell'ordine sono così; però penso a quel maresciallo che sicuramente al di fuori della divisa è meno di ZERO: provo veramente tanta compassione. Mario Fraccalvieri
Non credo che aderirò allo sciopero per diversi motivi. Primo tra tutti, perchè di norma inizio a prendere servizio dalle 10.30. Quindici minuti di stop, equivalenti a una pausa caffè, non influirebbero assolutamente sul mio lavoro e sul lavoro dell'azienda. Non bastava un comunicato che prendesse posizione sul tema? E' vero che l'introduzione delle nuove tecnologie ci sta trasformando in operai dell'informazione, ma non siamo mica in fabbrica. Alla catena di montaggio dei giornali, quindici minuti di stop dei giornalisti non faranno alcun effetto. Forse solo il solletico.
Caro Diario, ora ti parlo di Diario, brevemente. A me piace perché ci si infraleggono passione e curiosità, e anche ideali. Non ho una grande opinione del giornalismo, e neanche dei giornalisti, e devo dire che Diario non mi ha fatto cambiare idea. La sensazione è però che non si leggano articoli scritti da giornalisti, ma ragionamenti scritti da persone, e anche quando curiosità e passione di cui sopra non coincidono esattamente con ciò che muove me, la buona fede e la buona scrittura che intuisco mi fanno continuare ad avere il massimo dei rapporti possibili con Diario: ripenso a quel che pubblica e vado in edicola a comprare il numero successivo. Però. Tra le altre cose ho letto sia sulla rivista che sul sito l'invito a partecipare alla costruzione del nuovo sito di Diario. Mi son detto: partecipo! E sono andato a leggere il puttanissimo questionario in questione. Ho passato i trenta e quindi so che stima e rispetto conviene che vengano dati ad idee e persone in materiale leggero e non in marmo, e tenuti d'occhio perché spesso capita di doverseli riprendere. Ho letto il questionario e ho aggiunto la domanda: ma questo è ciò che interessa a quelli che mi pareva se ne fregassero di strizzare l'occhio al lettore? Gente che sembrava scrivere quello che andava scritto e non fare mai mai mai avance e indietro con quello che poteva piacere, sedare, titillare il medio lettore? Caro Diario, a me va anche bene che tu nel questionario mi chieda età, genere, provincia, titolo di studio e occupazione, anche se, mi dico, ne ha fatto a meno fino ad ora, perché ora gli interessano? Mi sento poi lusingato quando mi chiedi l'indirizzo email, e mi dico che sapere quanto tempo passo su internet, e se mi ci collego da casa o dall'ufficio può farti comodo per decidere se il design dev'essere improntato a un sito veloce, per persone che non si soffermano, o a un sito lento, per gente che ha tempo e lo passa con voi. Poi mi chiedi cosa faccio in rete, se chatto, scrivo mail, gioco online, leggo notizie, navigo libero, cerco prodotti, o altro, e con che frequenza. E mi chiedo: che cazzo gli frega di quel che faccio fuori dal sito di Diario? Io ti ho mai chiesto cosa fai quando non scrivi per me? Poi mi domandi se ho mai fatto acquisti online, quali sono gli svantaggi del commercio elettronico secondo me, quali prodotti mi interesserebbero, quanto acquisto, cosa ne penso della pubblicità, che portali uso. E qui mi deludi, perché per me è evidente che vuoi i miei soldi, o per te o per quelli che speri facciano pubblicità sul tuo sito. Non che questo sia un problema, voglio dire, anche sul giornale di carta ci sono inserzioni, ed è ovvio che il tuo concessionario di pubblicità ha un'idea di chi è che compra la rivista, e quindi anche di quello che può acquistare. Però quest'idea se la sono fatta senza chiedermi nulla, senza dirmi "partecipa a Diario, alle sue idee, aiutaci a costruire il sito di Diario". Se tu mi avessi detto "Ho bisogno di fare pubblicità sul
sito, aiutami a venderla dicendo cosa ti interesserebbe", sarebbe stato
diverso, non credi? Ci sono poi 8 domande sul sito e su come lo vorrei,
8 su 25, domande vere, quelle che sarebbero state sufficienti se Diario
online avesse lo stesso carattere di Diario inmano, ma di queste non parlo,
quando arrivo a leggerle sono già deluso, e la stima che ti porto
mi fa aggrappare a una domanda o due. E' un piccolo questionario, a cui
spero tu accetti di rispondere, come io ho accettato di rispondere al tuo.
Il tuo concessionario ti dirà che sul tuo sito serve un adserver, un oggetto che conta gli accessi, e che serve a capire quante accessi ci sono stati un giorno x alla pagina y o al banner z. In base a quello che dice l'adserver la pubblicità sul tuo visto potrà valere sul mercato 10 o 1000. Ecco, se vuoi io ti spiego come si fa ad avere altissimi costi pubblicitari, ad essere appetiti dagli inserzionisti pubblicitari, e senza dovermi vendere come fossi uno che compra scatolette di carne e non un lettore. Niente di illegale, anzi, e non più immorale del cercare di capire quanto posso spendere dicendomi "diteci come vorreste un grande sito di Diario". Caro Diario, fammi sapere, in generale.
a) il servizio con le immagini di pedofilia viene provvidenzialmente fermato prima della messa in onda; b) all'indomani del Capodanno ebraico, Lerner fa come Rizzo Nervo e ritira le dimissioni. Secondo te, nel caso si fosse verificata la condizione (a) o quella (b), e quindi il suo amico-sodale fosse rimasto a «coprirlo», l'instancabile censore dei vizi della RAI avrebbe abbandonato l'azienda? O avrebbe continuato a lavorare facendo finta di niente in quell'azienda che ha cominciato a sembrargli irrespirabile solo dal momento in cui: c) ha perso il suo ombrello; d) ha avuto la certezza di rientrare alla casa madre. A proposito, in tutta questa faccenda, chi ci fa la figura peggiore non è il Grillo, ma editore e direttore del «Giornale»: non si giustifica, infatti, tanta fretta di riassicurarsi i servigi del transfuga. Tenerlo un po' a bagnomaria, infatti, non gli sarebbe che servito: per imparare un po' di umiltà. Ciao Bardamu
http://www.aer.it/appoggio/indicecontratti.htm Siamo naturalmente a vostra disposizione anche per qualsiasi chiarimento o necessità in merito a tale questione: per questo potete utilizzare anche lo 0348.4454981. Buon lavoro a tutti voi. Andrea Rivetta resp. ufficio stampa AER-ANTI-CORALLO
Non ultimo, il fatto che il budget a disposizione per il Ministero
per queste iniziative (e mi riferisco alla comunicazione a sostegno di
una campagna, come all'iniziativa in sé), proviene dai contribuenti;
se è vero, infine, che questa Istituzione ha come compiti primari
l'educazione dei cittadini, la promozione della cultura e via dicendo,
allora mi spiego il perché della situazione in cui versa il nostro
sistema scolastico. L'ufficio stampa del Ministero, chiamato in causa per
avere spiegazioni in merito all'accaduto, non era neanche a conoscenza
della pubblicità (anzi, ha chiesto su quale emittente fosse in onda
lo spot !!!). Non amo le polemiche, ma di fronte certe manifestazioni di
superficialità, credo che ogni cittadino abbia il diritto di indignarsi.
1) Giusto che torni in edicola, così la sinistra in chiave elettorale non potrà dire di non avere un suo organo di stampa. 2) Giusto che torni perchè più offerta c'è, più l'informazione migliora (secondo me). 3) Giusto farci lavorare poca gente. Dovrebbero fare così in tutti i carrozzoni editoriali, in quei quotidiani ma non solo dove ci sono assunti una marea di giornalisti che non fanno nulla o quasi. Ora non lodo l'Unità - sarà ancora in grado
di avere il suo peso? -, ma solo la rinnovata fiducia e la nuova linfa
economico-imprenditoriale in un settore che, tolta la pubblicità,
naviga sulla rotta di collisione. Tanto io, quel quotidiano non lo comprerò
mai. A proposito, una domanda: chi sarà il direttore responsabile?
E l'impegnatissimo
Massimo D'Alema (valgano le dichiarazioni di
super-lavoro fatte l'altra notte a Porta a Porta) avrà tempo, tra
un seminario internazionale, una convention ecc.. ecc, di scriverci sopra
qualche editoriale. Di sporcare d'inchiostro elettoral-elezionistico quelle
sudate (nel senso che per rimetterlo in stampa hanno fatto sudare fior
di giornalisti) carte?
Un’irritazione epidermica, che si eleva all’ennesima potenza scorrendo l’articolo in questione e leggendo farneticazioni, apparentemente rivolte al potere «forcaiolo di ieri e garantista di oggi», ma in realtà frutto di un radicato disprezzo per la realtà omosessuale e più in generale per la diversità. La manifestazione di Roma viene "garbatamente" definita una «sfilata di untorelli» i cui protagonisti, secondo il geniale Laporta, sarebbero ragazzi, «non sempre puberi», che nella vita pensano solo a «concludere le serate gonfi di droga, nel letto di una rockstar». Verrebbe da non prenderlo troppo sul serio, questo Savonarola dei tempi nostri. E mutuando una frase del grande Totò apostrofarlo con un sorriso sfottente. «Ma ci faccia il piacere»! Verrebbe da farlo. Se non fosse per quell’infelice paragone tra il popolo del Gay Pride, che il Laporta - bontà sua - battezza politicamente come «modello culturale della nomenklatura al potere», e «i due milioni di Torvergata, unicamente guidati da una Croce, levata ben in alto da un vecchio Sommo Pontefice che a dispetto del tremore parkinsoniano è saldo come una montagna di granito». Chapeau! Non posso che inchinarmi davanti ad un eloquio intriso di così suprema e commovente banalità. E restare a bocca aperta dinnanzi alla popolaresca filippica d’epilogo: «Nessuno s’illuda che la lotta contro gli zozzoni (non ho dubbi sul fatto che il buon Laporta includa nel novero anche i gay! ndr.) avvenga incruenta». Ci siamo, finalmente. Ecco l’assunto decisivo. Il monito finale. Armiamoci e partite. Contro gli «sporcaccioni assassini» e - già che ci siamo - anche contro gli «untorelli» che sognano il talamo di una rockstar. Ogni commento sarebbe superfluo, tanto più in considerazione del fatto che la citata allucinante "epistola" trova spazio su un giornale, "Libero", che si era segnalato pochi giorni prima per un’iniziativa - la pubblicazione delle liste dei presunti pedofili - censurata unanimemente e fortunatamente subito riconosciuta da tutte le persone di buonsenso come una penosa speculazione messa in scena alle spalle di centinaia di omonimi dei "mostri", che si sono trovati "tout court" sbattuti in prima pagina e potenziali vittime della "sindrome di Girolimoni" (a proposito, riguardatevi quel vecchio film, tratto peraltro da una storia vera). Caro Laporta, sarebbe inutile cercare di aprirle la mente sul fatto che omosessualità e pedofilia c’azzeccano quanto la marmellata di mirtilli sul coniglio al forno e che la pedofilia - cronaca alla mano - nasce quasi sempre in realtà eterosessuali apparentemente insospettabili (il vicino, lo zio, il negoziante sotto casa). Sarebbe inchiostro sprecato raccontarle quanti milioni di morti abbia causato quella croce «levata ben in alto dal Sommo Pontefice» in quella che oggi lei grossolanamente etichetta come la «lotta agli zozzoni» e che qualche secolo fa veniva più benevolmente definita la Santa Inquisizione. Meglio lasciarla ai suoi arguti vaneggiamenti ed al suo cieco furore
giustizialista che, per fortuna, ben pochi condividono.
Nei suoi occhi ci sono ancora quelle crude immagini di bambini seviziati. Cosa sia esattamente la violenza sessuale sui minori non l'ha capito bene, ma una cosa gli è chiara: quei bambini soffrono e spesso muoiono. E più delle immagini, sono le parole che le accompagnavano che gli sono rimaste scolpite nella mente: quei bambini spesso vengono rapiti, strappati dalle braccia della baby sitter o della stessa mamma mentre assistono ad uno spettacolo del circo o passeggiano per strada. Papà e mamma gli hanno spiegato che quelle cose accadono nella lontana Russia, che lui non deve aver paura di uscire per strada quando è accompagnato, ma una sicurezza gli è venuta meno, è ora convinto che non basta più tenere sempre per mano un adulto amico. Sono stati sufficienti pochi minuti di televisione perchè andassero in fumo gli sforzi fatti dai genitori di Giorgio questa estate per rasserenarlo dopo le tremende notizie dell'uccisione delle piccole Hagere e Graziella. In quei giorni non voleva perdere un telegiornale, e il guardarli non era più l'obbligo imposto da mamma e papà convinti che potesse essere uno dei modi per impedire che cresca solo a Pokemon e Mac Donald's. Il Tg ha risvegliato la paura. E i piccoli drammi familiari che sono stati vissuti in tante altre case come quella di Giorgio possono far capire i toni delle polemiche. Certo, il clima preelettorale ha giocato molto, e anche gli assetti
nella maggiore azienda di informazione del Paese aiutano a capire perchè
il Parlamento si è bloccato un'intera giornata a parlare di un servizio
dei Tg. Ma se non si tiene conto della nottataccia passata da Giorgio
non si comprendono appieno i toni della polemica deflagrata. Lo ha capito
uno dei giornalisti finiti sul banco degli imputati, Davide Sassoli,
che ha misurato a casa l'entità dell'errore fatto. E lo ha intuito
il presidente del Consiglio Giuliano Amato, che al solo pensiero
che quelle immagine le avrebbe potute vedere la nipotina ha avuto voglia
di spaccare il video.
Il cazzufo altro non è che un mix di cazzata e refuso. Quanti cazzufi possono entrare in sessanta righe? Tre? Acqua. Cinque? Fuocherello. Otto? Fuoco. Undici. Fuochissimo. Dodici? Bingo. Dodici cazzufi in due cartelline. Un record. Il primo cazzufo nell’occhiello. Testualmente: "A Porta a Porta
il Cavaliere duella con Bertinotti e annuncia: bisogna alzare le pensioni
minime sopra il milione, a questi il bonus non verrà dato". Vi prego,
ditemi chi sono i questi.
Si prosegue con un perché che diventa perchè, (gli accenti sono ormai un optional) e con un sinceramente tramutato in sincermanente. Ma non è finita qui; si prosegue con Vespa che fa suonare un Cd e raggiunge il culmine con la canzone Que reste-t-il de nos amours che diventa Que rest t’il de nostres amour. Quattro cazzufi in otto parole: siamo a livelli olimpici.
Gianni Franchini
Ma da qualche sera, pardon notte, c'è un mio Senso attirato da qualcosa d'altro. Non è l'udito (ad ascoltare la lettura delle prime pagine), ma la vista. Perchè come si sa: anche l'occhio vuole la sua parte. Beh, per farla breve: non riesco dall'esimermi a fissare lo sguardo sull'emittente di Stato. Motivo? Willy Molco (con la L, vero?) ha un look da favola. Altro che D'agostiniana memoria. E' qualcosa di più. Che va oltre alle naturali leggi della fisica abbigliamentistica. Da due notti poi, il top. L'altra sera sfoggiava un tutto-marroncino-beige da impallidire. O meglio da impallinarLo. Non tanto lui, ma il suo costumista. Giacca, camicia e cravatta: un monolite. Ieri, l'aggiustatina. La giacca, uno marron con righini impercettibili, la camicia marroncina. E, per fortuna (Sua) la cravatta blue, scuro ovvio. Mamma mia non si capiva dove iniziasse colletto della camicia e dove finisse le maniche della giacca. Fatta salva l'artificiosa e cotonatissima capigliatura, che salvare di Willy? Forse, il modo con il quale sfoglia il giornale. Saremo pur sempre italiani, ma il look vuole la sua parte. L'estet(ist)a
Ora, sul primo problema, da direttore-editore della testata non posso che mettere avanti la classica giustificazione italo-familistica: "Mia figlia di quattro anni deve pur mangiare". Considerando che finora su Mediajob (che non ha gruppi editoriali alle spalle e non accetta pubblicità se non sulla copertina, per provare a dimostrarsi così indipendente negli articoli che illustrano come si può lavorare nel mondo dei media) ci hanno mangiato nell'ordine: i cartai, i fotocompositori, i tipografi, i trasportatori, i distributori (ahimé quanto, senza neanche consegnare i 5.000 cartonati 100x140 che ho regolarmente pagato. Perché? Per dare spazio al cartonato del nuovo mensile della Mondadori sui telefonini), gli edicolanti, i commercialisti, lo Stato italiano in tutte le sue forme e i lettori che hanno eventualmente utilizzato le pagine del giornale per incartarci le uova...visti tutti questi commensali, lasciate le briciole alla mia bambina (se insisto sulla figlia, forse mi chiama la Carrà e sarebbe un bel lancio, no?). Sulla seconda questione, con l'inchiesta sull'accesso alla professione
giornalistica da me firmata ho tentato di dire la verità, indicando
sei possibili strade. E' per far questo, per dire la verità sempre
e rinunciare all'odioso meccanismo dell'autocensura, che ho fondato Mediajob,
il mio giornale. E allora: è vero o no che le prime due strade per
diventare oggi giornalisti sono essere figlio (o parente stretto) di giornalista
oppure essere raccomandato (concetto vasto che include la via sessuale)?
Gad
Lerner, con il suo gesto, non voleva forse far parlare di questo e
non di Landolfi? Urge dibattito.
Lo scivolone è avvenuto a Roma in occasione della presentazione
dell'opuscolo di Anadela Serra Visconti dal titolo, appunto, Una
mela al giorno. Opuscolo e autrice troveranno certamente giusta collocazione
nel panorama letterario del ventunesimo secolo ma il buon Cesare ha bruciato
i tempi e lo ha presentato come l'evento culturale-mondan-letterario dell'anno.
L'autrice, definita "bellissima" (i gusti sono gusti) è stata
sino allo scorso anno la titolare dell'angolo dell'estetista ad Uno mattina.
Cesare non manca di citare una parte del parterre de roi et des reines
presenti alla vernice, dove spiccavano i migliori nomi della critica letteraria
italiana: Enrica Bonaccorti, Fabrizio Maffei, Cristiano Malgioglio.
Doc la testimonial, Alda D'Eusanio che, cito testualmente "è
da 15 anni fedelissima delle ricettine di Anadela". Questo dei diminutivi
deve essere una vera e propria mania; credo che nessuno abbia dimenticato
i "bacini sull'ernia" che Alda inviava via telefono a
Bettino (inteso
come Craxi e non come diminutivo di Betto). E pare che in privato Alda
chiami Anadela (sua grande amica) Anadelina . Per affetto? Per amore dei
diminutivi? Perché l'autrice non è proprio quella che si
dice una vichinga? Fate voi.
Naturalmente silver eccetera è di sinistra ma non disdegna di chiamare Raffaele (Fitto) e Simone (di Cagno Abbrescia) usando con loro un'amichevole tu e disprezzandoli e denigrandoli appena possibile. Se invece di trascorrere le sue inutili giornate navigando inutilmente alla ricerca di siti porno leggesse i giornali, saprebbe che gli Stati Generali non piacciano alle amministrazioni comunali (già questo termine al posto di Giunta o Governo è arcaico) poliste visto che Bari ha copiato l'iniziativa da Bologna e altre città comuniste, utilizzando gli stessi consulenti altrettanto comunisti. Marco De Marco e Corrado Boffano, (responsabili rispettivamente di Corsera e Repubblica versioni baresi e pugliesi) sono stati più volte a Bari, hanno già incontrato i futuri giornalisti, hanno vagliato i curricula che pure ignari e illusi semigiornalisti hanno inviato, infine pare (la sfera si è inceppata) che abbiano già licenziato diversi numeri zero, gisto per non lasciare a mani vuote i sapienti agenti commerciali. Sul silenzio di tomba di giornali e tv baresi di fronte all'unica vera notizia, silversurfer supera se stesso. Quando mai la stampa barese ha pubblicato (o messo in onda, che è lo stesso) notizie vere? Mi citi l'esempio, uno qualunque, di un servizio giornalistico qualunque che abbia sollevato un problema, scoperto un caso, risolto qualcosa. Rileggiamo insieme la collezione della Gazzetta e vediamo se le aperture di cronaca riportano notizie o, al contrario, qualcos'altro. Rivediamo gli ultimi dieci anni di qualunque tg e ripetiamo l'operazione. Ma la colpa, caro bds, non è dei giornali o dele tv, è solo di noi giornalisti incapaci di ribellarci e di dare un calcio in culo non solo ai giocatori dell'Inter ma anche e soprattutto ai direttori asserviti agli editori a loro volta asserviti ai politici che aiutano i giornalisti a farsi assumere prima e a diventare direttori poi. Eppure qualcosa stava cambiando nel '96 quando il citato Barisera ha rivoluzionato il panorama giornalistico barese. Però, pochi anni dopo, lo stesso anarchico (sia pure solo all'apparenza perché comunque asservito ad idee sinistrorse senza costrutto) giornale della sera si è appiattito, diventando una spina nel fianco della elefantiaca Gazzetta (cui ha rifilato buchi clamorosi) e costringendola ad iniziative editoriali (tuttogiochi, gazzettaffari, speciali vari, ecc) spudoratamente copiate dal topolino Barisera. L''appiattimento è legato alle inevitabili difficoltà finanziarie di una testata edita da una cooperativa di giornalisti sqattrinati e dalle intrusioni illusionistiche di politici di varia natura ed estrazione, pur essendo tutti riconducibili a quella che continuano a chiamare coalizione di centro sinistra. Però Silversurfer spieghi perché l'omissione è giustificata su Gazzetta e tv del gruppo. Quale convenzione giornalistica o dell'Onu stabilisce che le omissioni (per non parlare delle mistificazioni e delle invenzioni) sono esclusiva prerogativa della Gazzetta e della sua piccola tv? E perché il tg regionale della Rai non è potentissimo come quello di tele Norba? Su Puglia ci metto la mano sul fuoco che la notizia sia sfuggita al suo coriaceo direttore. Per il Quotidiano di Bari è già strana la menzione così come altrettanto strana è l'omissione del Roma a meno che il quotidiano di An non l'abbia messo in prima pagina. Silenzio sul Quotidiano di Lecce visto che si parla di stampa barese.
Infine
silversurfer chiude con: "A Bari sta per arrivare il mercato
editoriale, c'è speranza che cominci anche a circolare un po' di
informazione". Sarebbe meglio se "A Bari sta per arrivare il mercato editoriale
ma non c'è speranza che cominci a circolare un po' di informazione.
A meno che vecchi tromboni come silversurfer decidano di dedicarsi all'agricoltura".
Bds Caro Nello, ho letto la nota dei miei dieci amici sulla Stampa e il tuo commento su La Repubblica, cui ha fatto seguito lo sconsolato articolo di Massimo Salvadori. E' tutto da sottoscrivere, ma mi permetto un rilievo.
Il primo campo nel quale essa si è cimentata è stato quello della storia. Successivamente essa ha investito quelli del diritto e della economia con gli stessi intenti, gli stessi metodi, gli stessi risultati devastanti. Questa offensiva si è sviluppata per gradi, condotta con
lucida intelligenza politica, ma ad accorgersene sono stati in pochi e
tra quei pochi non si sono trovati in prima linea gli storici. Troppi di
essi hanno registrato il susseguirsi sempre più fitto delle aggressioni
con nonchalance, hanno temuto
La beatificazione del papa sanfedista è l'ultimo e
il più clamoroso, ma l'elenco è assai lungo e copre un arco
di lunghissimi anni. Hanno anche mancato gli storici di denunciare per
tempo le violazioni dell'etica del mestiere, di avvertire che storicizzare
non vuol dire dividere equamente i
Giorgio Amendola, che era un intenditore, dava della egemonia
una definizione che torna attuale: la capacità di intimidire gli
avversari e di dirigere gli alleati senza ricorrere al bastone, con la
forza delle idee e con gli strumenti della politica. La cultura oggi egemone
non brilla per la
Ne è nata una ideologia soffice ma soffocante che ha una
capacità di penetrazione e di diffusione enorme, tra la "gente"
e nel mondo dell'accademia, e che esercita una mal contrastata egemonia
anche sui nipotini di Togliatti, inutilmente convertitisi a un anticomunismo
postumo
Al punto in cui siamo la questione non riguarda ormai più soltanto la corporazione degli storici. La posta in gioco non è la interpretazione del Risorgimento o della Resistenza, è la dignità, è la libertà, è l'autonomia della cultura del nostro Paese. Se tra gli intellettuali italiani gli storici sono i primi a prenderne
coscienza è un fatto che fa loro onore e li
Questo accresce le loro responsabilità, ma rende anche esaltante
il compito di impegnarsi a rispondere a quello che, comunque, è
un "bisogno dei tempi" che sono sempre gravidi di sbocchi potenzialmente
diversi. Non è necessario avere la sicurezza del successo,
basta preoccuparsi di salvare l'onore.
Sei i modi possibili: essere figli di giornalisti, essere raccomandati (con la sotto versione "essere disposti ad andare a letto...", le scuole di giornalismo, l'università, l'esperienza sul campo e (se proprio non ce la fate a sfondare in Italia): andare all'estero. L'inchiesta, amara ironia a parte, è seria e molto esauriente. E, morale a parte, fa venire voglia di continuare a rompersi le scatole in questo mestiere, sempre splendido nonostante gli editori. Non so cosa ne pensiate voi. Per quanto mi riguarda: complimenti alla Massaccesi e al direttore-editore Mario Adinolfi. E sono complimenti veri, visto che non conosco nessuno dei due. Niccolò d'Aquino
Uno per tutti Caro Uno per tutti, con tutto quello che abbiamo da fare a bottega ti pare che abbiamo tempo di fondare un partito? Bds
Vi leggeremo con molta attenzione e interesse. Complimenti vivissimi al Conte d'Almaviva per il suo intervento sui suicidi. Molto apprezzato. (Peccato che non l'ho più, vi si sarebbe rivoltato lo stomaco: quest'estate "Il Messaggero" - cronaca di Latina - pubblica un bel pezzo riguardo il suicidio di una povera signora, senza nome ma con tanto di nome della via e riferimenti vari, dove addirittura descriveva "la pozza di sangue" sul marciapiede...) Saluti saluti Remigio Russo
volentieri) se n'è andato. "Inquisendo" Landolfi che ovviamente, dopo il Tapiro (ettepareva) ha querelato. "L" di Lerner, "L" di Landolfi. E, infine, "L" di Longhi, il
e nelle TV dove comanda la politica. E la professionalità dei giornalisti chi la difende? La messa
in onda o pubblicazione di servizi senza che nessuno abbia visionato testi
e immagini non è un'eccezione: sembra purtroppo la pratica quotidiana,
più forte di qualsiasi regola. Di errori i mass media sono pieni,
ma nessuno se ne cura, nessuno entra nel merito. Quel che conta è
la strumentalizzazione. Come mai nessuno protesta per i nudi in tv (nei
3 tg all'ora di cena), per gli amplessi mimati o i servizi boccacceschi
sui giornali di moda dove si contrabbandano per foto d'autore immagini
meramente pubblicitarie? Una prassi che si estende sempre più e
ha contagiato i new media, e che fa a pugni con la qualità dell'informazione.
Ma su questo tutti zitti, si parla d'altro. Che vergogna!
Io, come tanti altri, scrivo per le pagine de Il Mattino dai due ai tre articoli al giorno, certo troppi per un giornalista che percepisce uno stipendio che va dalle 2 alle 600mila lire al mese, ma io, come tanti, aspetto, illudendomi che prima o poi qualcosa cambierà, che il turn over avverrà e che, alla fine, sarà premiata la fatica, la costanza. Tutto un bluff, Dottor Caltagirone, tocca sempre agli stessi essere assunti: ai professionisti disoccupati, come prevede la legge o ai figli di giornalisti che, magari, trovano improvvisamente un posto su Caltanet. A me, e a tanti come me, non tocca mai, perchè rimarremmo iscritti all'albo dei giornalisti pubblicisti a vita, non avendo la possibilità di fare il praticantato, perchè di fatto non assunti, se non come corrispondenti o collaboratori. E non vale certo la quantità enorme di articoli, il nome
in prima pagina o qualche ora (giorni, settimane, mesi, anni) trascorsi
in redazione come abusivo. No, non vale a nulla tutto questo, anche se
si vive così per un decennio, io, come tanti altri, della casta
privilegiata dei giornalisti non farò mai parte. E' già tutto
deciso. Non si meravigli dunque se si troverà, all'improvviso, dozzine
di vertenze di lavoro e non si preoccupi più di tanto, ligi e ossequiosi,
i capiredattori, davanti al giudice, dichiareranno che non conoscono neanche
uno di noi. In quel caso ci tocca sperare in un giudice clemente che faccia
attenzione alle migliaia di articoli o a pagine intere che portano tutte
una sola firma, quella di un solo corrispondente o collaboratore.
Sicuramente non ha fatto lui il servizio, sicuramente non lo ha passato lui, ma altrettanto sicuramente quel giorno le notizie in primo piano erano due: il disatro del traghetto greco e la retata anti-pedofili. E' possibile che oggi come oggi il mestiere di direttore sia tale da non poter dedicare qualche energia a verificare servizi e filmati almeno delle due notizie del giorno?. Lui sostiene di averlo fatto, allora qualcuno si è fatto beffa delle sue disposizioni. Poco importa, fatto è che quello che è accaduto è un segnale di ingovernabilità. Non si trattava dell'esonero di un allenatore bensì di un
fenomeno inquietante e allarmante come la pedofilia; mi sembra che il direttore
di un giornale che offra al pubblico un servizio di quel tenore e che percepisce
uno stipendio mensile che i genitori dei bimbi sodomizzati a Manila non
mettono insieme nemmeno in tre vite, non possa far altro che riempire le
valigie e andarsene. E se ne è andato con corenza. Poteva anche
andarsene alla grande, se avesse evitato di coinvolgere Landolfi
in una querelle di basso profilo. Oddio, può anche darsi che Lerner
abbia ragione. Il fatto è che il video-shock sulla pedofilia è
andato in onda e tutti l'hanno visto. Per il caso Landolfi c'è la
parola di Lerner contro quella del presidente della commissione di vigilanza.
E che un direttore non si renda conto neanche di questo fa riflettere tutti
i giornalisti che forse, visto quello che si vede in giro, al vertice di
un giornale sia meglio mettere un pilota automatico piuttosto che un direttore.
A introdurre e moderare il dibattito c'è Marco Demarco, direttore del Corriere del Mezzogiorno, costola napoletana del Corriere della Sera, comparso, si potrebbe dire, a sorpresa sul palco, visto che fino all'ultimo giorno le mezze pagine pubblicitarie acquistate dal Comune sui giornali locali, in primis sulla Gazzetta del Mezzogiorno, indicavano come moderatore della mattinata Dario Di Vico, nonostante da quindici giorni la segretera organizzativa della manifestazione fosse in contatto con Demarco a Napoli (peraltro lo stesso sindaco Simone Di Cagno Abbrescia, presentando alla stampa l'iniziativa il lunedì precedente si era ben guardato dal segnalare il nome di Demarco tra quello degli altri giornalisti di media nazionali, Marco Panara di Repubblica, Marino Massaro del Sole 24 ore, Osvaldo De Paolini del Giornale). Demarco comunque, nella sua breve introduzione, da persona educata qual è, dopo aver ringraziato i relatori ed i presenti, ringrazia anche l'amministrazione comunale del capoluogo pugliese per avergli dato l'occasione di essere a Bari e dà alla platea ufficialmente l'annuncio: "Tra qualche settimana avvieremo una nostra edizione barese e pugliese". Curiosità ed interesse in sala, sospiri di sollievo ("l'ha detto, l'ha detto,non si potranno più tirare indietro") tra le decine di giornalisti che "casualmente" erano quella mattina al Piccinni, un sorriso (certo non di sollievo) anche sotto la barba brizzolata di Corrado Boffano, responsabile in pectore della futura redazione barese di Repubblica (per dirigere la quale dovrebbe lasciare Torino) che, senza godere di altrettanto palcoscenico aveva approfittato già dal giorno prima degli "Stati Generali" per informare ufficialmente i maggiorenti cittadini (e tanti ansiosi giornalisti) dell'analoga decisione del quotidiano diretto da Ezio Mauro. Silenzio di tomba invece di giornali e tv baresi di fronte all'unica notizia vera dei due giorni di "Stati Generali", per il resto rimasticatura di annunci e programmi noti da tempo: entro tre mesi a Bari apriranno il Corriere e la Repubblica, rompendo un monopolio, quello della Gazzetta del Mezzogiorno, che dura dagli anni Cinquanta (se vogliamo risalire all'unica esperienza di testata locale in reale concorrenza, la socialcomunista Voce) o dagli anni Settanta se ci accontentiamo, come voce alternativa, delle pagine di cronaca locale del Tempo, ma chi non era al Piccinni o non aveva un amico o conoscenbte loquace in teatro non ne sa nulla. Passi che sulla Gazzetta del giorno dopo (e nei servizi della tv
del gruppo Antenna Sud) non ci fosse neanche un accenno all'annuncio di
Demarco
(che si è ritrovato sulle colonne del quotidiano pure il nome storpiato
in Dimarco) ed alla presenza di Boffano, ma che il tg regionale della Rai
o quello della potentissima Telenorba abbiano ignorato la notizia
e così abbiano fatto anche i vari Puglia, Bari Sera e Il Quotidiano
di Bari (per non parlare del caltagironiano Quotidiano di Lecce, Brindisi
e Taranto che pure ha una pagina di attualità regionali, una tradizione
di punzecchiature alla Gazzetta e vorrebbe rafforzare la sua presenza nel
capoluogo in vista di futuribili iniziative) è indice inequivocabile
dello stato dell'informazione nella decima città d'Italia: le notize,
quali che siano, meglio ignorarle. E allora siano sciolti peana al grande
scontro tra via Solferino e piazza Indipendenza che rende
appetibili anche le poche migliaia di copie che le iniziative baresi dei
due gruppi aggiungeranno alle vendite di Corriere e Repubblica, si innalzino
odi alla spasmodica attività dei manager della Manzoni e
della Rcs sempre a caccia di nuovi mercati pubblicitari da drenare:
a Bari sta per arrivare il mercato editoriale, c'è speranza che
cominci anche a circolare un po' di informazione.
Nel periodo d'oro di tangentopoli anziché fare la fila davanti all'ufficio di un politico, ho preferito farmi trattare come uno straccio, sempre perché convinto di non dover chiedere mai: ma non essendo ganzo come il tipo che faceva lo spot di un celebre deodorante, mi sono visto passare avanti plotoni di raccomandati, la maggior parte dei quali con evidenti e macroscopiche incapacità professionali. Purtroppo ora che la ragione si è fortunatamente impossessata
del mio cervello, ho capito che calare le braghe è necessario se
si vuole restare a galla: pur non sentendomi vecchio e decrepito, a chi
si avvicina alla professione consiglio di abbassare subito i pantaloni
e farsi aprire scenari altrimenti inesplorabili. Fatevi raccomandare, prostratevi
davanti a chi può darvi una mano, non fate i duri e puri perché
non serve a niente. Se credete che le vostre capacità siano sufficienti
a spianarvi la strada, sbagliate di grosso. Aveva ragione Oscar Wilde:
"Gli ideali sono una cosa pericolosa. Meglio la realtà: ferisce,
ma vale di più".
Insomma, arrotondare con un simpatico gadget, meglio se esclusivo, fa parte del codice genetico dell'operatore dell'informazione. Così una delle aziende espositrici ha inviato alla stampa un simpatico - anzi, geniale - fax. Leggiamo insieme: "Agenda Cersaie 2000. NO CONFERENZE STAMPA! Passate liberamente a ritirare la documentazione e un piccolo omaggio martedì 3 ottobre e mercoledì 4 ottobre...". Seguono le coordinate per arrivare agli stand (si trovano nei padiglioni 34 e 32). Quanti saranno i giornalisti che si recheranno agli stand per il "piccolo omaggio"? La curiosità - professionale, s'intende - creerà la ressa? E chi oserà, di fronte a tanta gentilezza, negare dieci righe in cronaca alle aziende? E allora questo è il momento buono: togliamoci questo peso dalla coscienza, confessiamo in nostro vizio al Barbiere della sera. Quante volte, fratello, hai accettato omaggi? Quanti viaggi premio?
Quante penne? Quanti libri a tiratura limitata? Quante oggetti e oggettini
hi-fi e hi-tech? Io, Pokèmon, lo ammetto: in quindici anni di professione
ho accumulato: una pinzetta portabanconote in acciaio argentato (perduta);
una macchina fotografica a fuoco fisso del valore di 30-35mila lire (inviatami
per un evidente errore da un'azienda mai conosciuta); un paio di agende
decenti e una decina di orribili (girate a colleghi di bocca buona); una
ventina di biro e nessuna stilografica; bottiglie di vino n° 20-25;
1 bottiglia di champagne (regalata a Natale a un parente lontano); 5-6
libri discreti, altrettanti inutili. Mi fermo qui, perchè mi rendo
conto di sfigurare di fronte a colleghi che possono elencare omaggi di
caratura ben maggiore come tour, benefit a due o quattro ruote eccetera.
Ma ora tocca a voi. Confessate. E' gradita anche la segnalazione degli
omaggi più pacchiani, così, tanto per farci una risata liberatoria.
Dico subito che la commissione di selezione (nominata dal Consiglio dell'Ordine della Lombardia e di cui era presidente Piero Ostellino e vicepresidente Emilio Pozzi) ha fatto bene a bocciare l'<anonimo>, che nella sua lettera ha collezionato due errori macroscopici: 1. i posti "in palio" erano 40 (e non venti); 2. gli ammessi all'orale sono stati 91 (e non 40). Per quella selezione non sono stati presentati ricorsi alla commissione esaminatrice, al Consiglio dell'Ordine o alla Procura della Repubblica. Alcuni candidati, avvalendosi della legge n. 241/1990 sulla trasparenza, hanno chiesto e hanno prontamente ottenuto di visionare i loro compiti scritti. Anche il concorso di selezione dell'Ifg ha due regole tipiche (e fissate per legge) di tutti i concorsi pubblici: la segretezza della correzione degli elaborati scritti e la pubblicità delle prove orali. L'<anonimo>, a patto che sia vero il suo racconto (circostanza di cui dubito, considerati gli errori contenuti nella lettera al Barbiere), è stato interrogato da almeno cinque commissari e alla presenza di più persone. La commissione non ha registrato "proteste" per trattamenti <ictu oculi> iniqui. L'<anonimo>, quindi, mente, sapendo di mentire. Se in lui alberga un sentimento di civiltà e di cittadinanza ha un solo obbligo giuridico da assolvere: presentarsi al IV piano del Palazzo di Giustizia (Procura della Repubblica) e raccontare la sua presunta, molto presunta, "verità" a un magistrato. Lo sfido a farlo. Se non agisce così, danneggia anche l'immagine
del Barbiere, che rischia, in alcuni casi, di ridursi a <buca da lettera>,
dove chiunque può infilare una <verità del diavolo> diffamatoria
e calunniosa e perciò sanzionabile sul piano civilistico e penale.
Non si può predicare il buon giornalismo, dando prova di cattivo
giornalismo. Con la consueta cordialità.
Nel numero del 28 settembre 2000 una merita la segnalazione. Si
intitola "La cavalleria rusticana" e sentite cosa chiede: Quando
il mio ragazzo fa l'amore sembra la "cavalleria rusticana", io preferisco
ritmi piu' lenti, che ne so, il ritmo del mare. CHi si deve adeguare? Inutile
dirvi che la risposta ha un "ritmo" davvero comico... Si passa da "rapporto
lungo e avvolgente" a "lungo e lento come il mare nei momenti di
languore e di profonda tenerezza....". E questa, vi assicuro, è
solo una delle tante!!!!
Condivido in pieno tutte le altre considerazioni: quando ci lamentiamo del 'restringimento degli spazi di informazione e quindi di democrazia', ricordiamoci anche di episodi come questo. Siamo noi che ci diamo la zappa sui piedi: se al primo bu! di un direttore (generale o di testata) vomitiamo nomi e cognomi delle fonti (cercando di scaricare responsabilita'?) perche' mai dovremmo stupirci se gli editori, che misurano attentamente i gradi di inclinazione delle nostre schiene una volta dritte, non vogliono chiudere il contratto sapendo di avere il coltello dalla parte del manico? Cip e ciop
Premetto che, per una di quelle strane combinazioni della vita, mercoledì sera mi sono "perso" sia il TG1 sia il TG3 (capiterà una volta all'anno, forse Dio mi ha voluto risparmiare un trauma), ciò detto, oltre a Lerner credo di dovere difendere anche la buona fede del direttore generale Rai Pierluigi Celli (che avendomi a suo tempo querelato non è esattamente nelle mie simpatie) il quale ha candidamente ammesso che le immagini trasmesse erano sponsorizzate dalla procura o dalle procure che stanno svolgendo le indagini e che tramite i loro galoppini nella polizia giudiziaria le avevano "diffuse" tra i giornalisti, magari creando un "mercato" parallelo di turpi foto e filmati. Gli interessati smentiscono, ma oggi, aprendo "Panorama",
leggo un informatissimo servizio sulla stessa inchiesta, corredato con
foto che vengono dai reparti investigativi (di quelle che hanno il timer
per i giri dei videonastri), pieno di inediti particolari, corredato con
estrapolazioni da verbali ecc.
Eh no, caro Barbiere e caro Figaro. Un errore così madornale lo può fare Repubblica sparando a pagina 2 la (pseudo)notizia. Ma tu no, tu vivi in Internet. Quindi non puoi non sapere cosa sono i newsgroup. Quei gruppi di discussione che possono essere moderati o meno, dove si discute liberamente di tutto e di più. Per aprirne uno occorre che ci sia il consenso da parte di un quorum di interessati (non ricordo il numero). Ne esiste uno che si chiama it.politica.pds un altro it.politica.rifondazione, dai nomi si evince che chi ha proposto di istituire questi gruppi vuole discutere e confrontarsi sulla politica guardando con interesse alle posizioni di Ds e Prc. Ciò non significa però che siano organici. Continuando a parlare dei due sopracitati ng (newsgroup) se andate a sfrugugliarvi la storia degli interventi troverete messaggi di incitamento alla rivolta di Praga, questo non significa però che Veltroni o Bertinotti le condividano, nonostante sui loro siti esistono dei links a questi ng. Ora il ng it.politica.destra era semplicemente segnalato dal sito
di Gasparri, it.politica.destra, questo non vuol dire che si approva quello
che c'è scritto dentro. Mettere un link non equivale a sposarne
le idee. Altrimenti Virgilio o Arianna o qualsiasi altro portale andrebbe
incriminato. Caro Barbiere spiace che in una trappola così sia finita
una forbice così attenta come la tua, saluti
E, visto che verso a codesto istituto una somma importante per le mie risorse economiche, mi chiedo quanto segue. Ho 49 anni, per cui andrò in pensione tra 16 e quindi con 20 anni di versamenti all'Inpgi 2, avendo incominciato 4 anni fa. Quanto vedrò di questo denaro che, ad esempio, se fosse versato a beneficio di un qualsiasi fondo pensionistico di quelli offerti oggi dal mercato dei fondi dai gestori più svariati e accreditati, tra 20 anni mi metterebbe nella condizione di gestire una somma considerevole? Vi ringrazio per l'attenzione e, in attesa di una risposta indicativa, Vi auguro buon lavoro. Fabio Santini
Precisazione obbligata: il nuovo giornale quotidiano dell'Umbria
aprirà i battenti dal 1° di ottobre, è vero, ma voi non
sapete che sia il direttore responsabile, sia il primo redattore sono due
arzilli pensionati. Alla faccia della nuova occupazione! Che ne dite? Noi
giovani non veniamo chiamati dalle "nuove" (e al sicuro fino alle elezioni)
realtà editoriali. Un altro appunto: in Umbria sta per nascere un
altro quotidiano. Ad Orvieto "TuttoFinanza" diventerà il
primo giornale economico dell'Umbria. Quali saranno i suoi giornalisti?
I pensionati dell'Inps o gli ex uscieri della Banca dell'Umbria?
|