Niccolò Macchiavelli: Belfagor arcidiavolo a cura di Giuseppe Bonghi
Machiavelli
scrive probabilmente nel 1518 la novella Il demonio che prese moglie,
una favola meglio conosciuta col titolo di Belfagor Arcidiavolo,
col quale anche noi l'abbiamo riportata nella nostra Biblioteca
elettronica; la novella viene stampata col nome del suo autore per la
prima volta nel 1549, anche se già quattro anni prima Antonio Blado
l'aveva stampata nella raccolta delle Rime e prose volgari di
Monsignor Giovanni Brevio, in un testo che conteneva molti errori,
"ben lontano dalla finezza e dall'arguzia dell'originale. Il furto
del Brevio fu subito avvertito e già nel 1547 Anton Francesco Doni
dichiarava di voler denunziarlo, ma fu preceduto nelle sue intenzioni da
Battista Giunti, che restituì al Machiavelli la novella" (Gaeta).
La data di composizione
della novella è molto controversa, e gli specialisti la fanno oscillare
tra il 1518 e il 1528 ed è l'unico esempio di novella scritta che
conosciamo di Machiavelli, anche se era celebre sia per il modo di
raccontare, piacevole e fascinoso, che per i contenuti di ciò che narrava
nella cerchia degli amici, non solo di quelli più intimi; una riprova
l'abbiamo in una novella di Matteo Bandello che abbiamo riassunti
nell'introduzione ai Dialoghi dell'arte della guerra.
"Belfagor è una breve composizione, piacevolissima,
ispirata ai canoni tradizionali della novellistica e a quelli boccacceschi
in particolare. Vi si trovano tutti gli ingredienti consueti, dalla vena
antifemministica alla presenza di un contadino «animoso» e astuto,
toccando di sfuggita notazioni di comicità popolare e la fustigazione dei
costumi della propria città e dei religiosi corrotti".
Belfagor un diavolo che
scende sulla terra per prendere moglie e capire quale è la condizione
degli uomini che si sono sposati e che si lamentano tanto delle donne da
rappresentare appunto come un inferno la vita matrimoniale: quando proverà
anche lui le delizie della vita matrimoniale, non vedrà l'ora
che passino in fretta i dieci anni concessigli da
Plutone, il Diavolo
supremo degli Inferi. Tutto è costruito con quella razionalità che
contraddistingue il Machiavelli, che individua un problema e mette in
chiaro anche la soluzione; ogni cosa trova la sua giusta collocazione,
perfino i numeri (tre i figli maschi e tre le figlie femmine di Amerigo
Donati, tre i cognati di Roderigo, trenta gli anni di Roderigo, dieci
anni, centomila ducati.
Lucifero, il re degli
Inferi, poichè andando infinite anime di quelli miseri mortali, che
nella disgrazia di Dio morivano all'inferno, tutte o la maggior parte si
dolevono, non per altro che per avere preso moglie essersi a tanta
infelicità condotte, dà l'incarico a Belfagor di venire sulla terra
per fare esperienza matrimoniale, sotto forma di uomo
prender moglie
e con quella vivere X anni, e di poi fingendo di morire tornarsene e per
esperienza fare fede a i suoi superiori.
Belfagor, col nome di
Roderigo di Castiglia, giunge onoratissimamente in Firenze: la quale
città innanzi a tutte l'altre elesse per suo domicilio, come quella che
gli pareva più atta a sopportare chi con arte usuraie essercitassi i suoi
danari; sposa Onesta, bellissima fanciulla di casa Donati, famiglia
di nobilissime tradizioni ma povera, e se ne innamora, lui sì povero
diavolo: madonna Onesta era molto superba per i suoi nobili natali, e la
sua superbia aumentò ancora di più quando capì di quale grande amore il
marito le portava, facendo per lei grandi spese.
È a questo punto che gli
stessi suoi "servi" e compagni d'avventura, che aveva portati
con sé dall'Inferno, preferirono tornare ben presto da Belzebù.
Belfagor,
ridotto al fallimento, non ha altro scampo che la fuga, e presso Peretola
si fa nascondere sotto un monte di letame da Gianmatteo del
Brica,
contadino, al quale promette che lo farà ricco se lo salverà
dall'inseguimento dei creditori. Per questo, una volta salvato,
Belfagor,
dopo avergli narrato chi era e il motivo dell'uscita dall'inferno e la
disavventura con la moglie, permette a Gianmatteo di far soldi in questo
modo: come ei sentiva che alcuna donna fussi spiritata, credessi lui
essere quello che le fussi adosso; né mai se n'uscirebbe, s'egli non
venissi a trarnelo; donde arebbe occasione di farsi a suo modo pagare da i
parenti di quella. Si noti come nella novella si parli solo di
"donne", forse perché il diavolo sa dove deve andare ad
albergo: le donne, indemoniate o meno, sono il vero motore della novella e
con i loro atteggiamenti mandano tanti disperati mariti all'inferno,
sicuramente più di quanti sarebbe logico aspettarsene. Una volta liberato
Belfagor avrebbe permesso a Gianmatteo di liberare le indemoniate dal ...
diavolo Belfagor, che avrebbe lasciato libere le donne solo dopo
l'intervento di Gianmatteo: e rimasi in questa conclusione sparì via.
Si sparge la voce che la
moglie di Buonaiuto Tebalducci sia indemoniata, e la prova consiste non
tanto nel fatto che parla di filosofia, quanto perché svela i peccati di
molti, soprattutto di un frate che aveva tenuto in cella per quattro anni
una donna vestita da fraticello. I parenti cercano di mettere in atto quei
rimedi che in simili circostanze si usavano nel Cinquecento, appoggiandole
ad esempio sul capo la testa di San Zanobi o il mantello di San Giovanni
Gualberto: ma ogni rimedio è mandato in fumo, logicamente, da Belfagor
alias Roderigo di Castiglia. le stesse sacre reliquie sono messe in
ridicolo da Machiavelli e dallo stesso diavolo; o meglio, è messa in
ridicolo una certa credulità superstiziosa che frati e preti, spesso
ignoranti delle stesse cose religiose, avevano messo in testa alla gente.
Si presenta allora Gianmatteo che, dietro un compenso di cinquecento
fiorini libera la donna.
Allo stesso modo libera
la figlia del re Carlo, ma c'è una complicazione: Belfagor gli aveva già
detto che sarebbe stata l'ultima volta e che per l'avvenire non gli
capitasse più davanti altrimenti il bene che gli aveva fatto si sarebbe
tramutato in male: Gianmatteo libera la ragazza e diviene ricchissimo.
Qualche tempo dopo viene cercato dal re di Francia Lodovico settimo: anche
la figliuola era spiritata, e costretto ad andare a liberarla, pur sapendo
che la cosa avrebbe potuto risolversi con suo gran danno: si trova così
tra il male minacciato da Belfagor e la morte minacciata da
Lodovico. Con uno stratagemma (rivela a Belfagor che sta arrivando la
moglie monna Onesta a riprenderselo) costringe il diavolo a liberare il
corpo della figlia di re Lodovico e a fuggire definitivamente fra i suoi
pari all'inferno: così la novella finisce con la comica malizia del
contadino che ne seppe una più del diavolo e con la fuga
precipitosa di Belfagor in Inferno, atterrito all'idea di ritrovarsi di
fronte alla moglie.
La novella è ambientata
ai tempi del regno di Napoli di Carlo d'Angiò, ma umori e costumi si
riferiscono bene al tempo dello scrittore che esercita una satira leggera
e pungente contro i costumi di Firenze.
www.fausernet.novara.it/fauser/biblio/index007.htm
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