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Per poche semplici ragioni: sono giornalista dal 1964, ne ho viste di tutti i colori - i miei tre ultimi editori sono stati Giuseppe Marra (complimenti per la cittadinanza onoraria di Anguillara), quando era meno ricco, meno Cavaliere, ma più umano e non ristrutturava trasferendo a Potenza madri di tre bambini piccoli, con marito lavoratore a Roma; quelli che hanno comprato Moda e King; Guido Talarico (Il Domani della Calabria), il giovane editore rampante che presto, aprendo Il Domani di Bologna, avrà più giornali che lettori. Nonostante queste esperienze (per le quali mi aspetto comunque la beatificazione in tempi brevi), il mio vero cruccio (oggi che faccio comunicazione) è lo stato di putrefazione del nostro mestiere. Del nostro, mi viene ancora da dire per amore, a dispetto della razionalità. È forse ora chiaro perché ti scrivo: perché sono contento di leggere un pezzo come quello su Feltri; perché sono contento che tu abbia ricevuto adesioni (significa che non siamo ancora soli); perché concordo soprattutto con l’analisi giuridica storica e culturale di quanto scrivi. Non ero ancora giornalista, ma già usavo la testa nel 1961: in un agosto doloroso, a Monza, il ferrarista von Trips uscì di pista in curva, investì le tribune e morì, orribilmente decapitato da un cavo metallico. Altre undici persone fra il pubblico persero la vita. Il Corriere della Sera pubblicò il giorno dopo, a tutta pagina, la foto della testa di von Trips: in mezzo ad un bel prato, non lontano da una quercia, la testa di un uomo, da sola, con ancora il suo bel casco in testa, gli occhi socchiusi, con una espressione non ben definibile Forse perplessa, come solo un uomo di trent’anni decapitato dal caso potrebbe avere, avrebbe commentato il mio amico e maestro (nel vero senso della parola) Giorgio Manganelli. Ci furono polemiche, infuocate e brevi, da dimenticare rigorosamente subito, com’è consuetudine nel Paese dalla memoria più corta che io abbia mai conosciuto. Nessuno sospese Il Corriere della Sera per aver pubblicato una foto raccapricciante. Pensai allora, come penso oggi, che quella data andrebbe inserita nei libri di storia del giornalismo italiano: da quel giorno è cominciata l’era che ci ha portato agli intervistatori di citofoni; a quelli che chiedono all’unica donna superstite che effetto fa aver perso il marito e quattro figli nel crollo della casetta; a coloro che ancora oggi, mentre ci riempiamo la bocca di parole come democrazia e stile anglosassone, sparano in prima: "Preso il massacratore dell’Alta Val Brembana". Fatelo negli States o nel Regno Unito e della sede del giornale vi resteranno sì e no gli infissi. Condivido tutto, dal giudizio su Feltri alla teoria della ricostruzione della verginità, dagli uffici stampa a tempo pieno all’allappamento dentologico. La nostra categoria, facendo bene il proprio mestiere, riferendo
e spiegando, senza protagonismi, avrebbe potuto aiutare questo Paese a
crescere. Oggi, in giorni in cui un leader di partito – chiaramente educato
a Oxford on Sarno- commenta le dichiarazioni di un altro leader
in prime time televisivo con una pernacchia, in cui la Rai premia
con centomila lire (quasi l’ammontare di un abbonamento) il concorrente
che sa dire quali siano i tre colori della bandiera italiana (è
successo al Quiz Show in attesa di un telegiornale), è forse troppo
tardi. E allora, insieme al bravi (e
al contributo che invierò), la mia chiosa può essere
solo una: per favore, cominciamo da oggi, non da domani.
Poi, la conferma. Cos'e', il Miculpop? A quanto pare Barbara non dovrebbe scrivere anche se è una brava collega, anche se ha iniziato la professione prima di declinare il cognome in Rutelli e anche se è di provata fede democratica e antifascista. Mi risulta tra l'altro che Raffaele Fiengo è quel collega che ha querelato Massimo Fini chiedendogli tre miliardi di danni. La colpa di Fini? Aver sostenuto che "Fiengo sul Corriere non ha mai scritto un solo articolo". Fini ha poi ammesso di aver sbagliato: Fiengo sul "Corriere della Sera" di articoli ne ha scritti 53 in 30 anni. Parte del resto del tempo l'ha dedicato, almeno così posso
pensare, a indossare l'eskimo per la rivoluzione e a querelare Massimo
Fini.
Filippo Facci
Del Cucuzza conduttore so tutto, ma mi sono sempre chiesta
quale sia il segreto dei suoi occhi cerulei (secondo i maligni delle banalissime
lenti a contatto colorate); cosa alberghi sotto il capello colpito dal
sole (molti giurano che non ci sia assolutamente nulla); perché
mai ride con il naso come i cani pechinesi quando si gratta loro la pancia?
Poi però volto pagina e nell'articolo di Claudia Fusani leggo che: 1) il braccialetto è ancora in fase di sperimentazione; 2) anche se si superassero i dubbi sulla sua utilità non sarà applicato prima di marzo 2001; 3) non è certo la misura più importante del pacchetto anticrimine, anzi è stato inserito solo all'ultimo momento, per iniziativa del ministro Bianco, probabilmente ansioso di far vedere che anche lui combatte i malviventi, mica solo Fassino. Addirittura in un divertente colonnino si racconta che gli stessi Amato e Fassino (in Consiglio dei ministri!) hanno fatto amabili battute su Bianco, e probabilmente pensano che 'sta storia del braccialetto sia un po' una cazzata. Ma allora, perché? Perché l'apertura è rigorosamente
sul braccialetto? Perché uscire con una prima pagina che subito
si fa smentire dalla seconda (e meno male)? Non è un assurdo
logico prima ancora che giornalistico? Come è facile immaginare
il dialogo in redazione: "Apriamo sul braccialetto"; "Direttò,
ma è una mezza cazzata di Bianco"; "Lo so, ma fa effetto..."
Cheppalle ragà, come siamo prevedibili...
1) Perché se Feltri viola la legge non dovrebbe essere condannato? Perché io dovrei accettare di essere sottoposto alle iniziative disciplinari dell'Ordine se le stesse regole non dovessero valere per un direttore, solo perché considerato (non da me) "autorevole", o peggio, perché politicamente schierato? 2) Tutto si può dire di Franco Abruzzo, tranne che si tratti di uno stalinista persecutore dei liberi giornalisti. Come molti sanno, l'Ordine della Lombardia è anzi il più impegnato in un lavoro di trasparenza, rendendo note le proprie decisioni più importanti attraverso il sito Internet e "Tabloid". Chi non nasconde il proprio operato, dimostra di avere anche la tranquillità e la sicurezza necessarie per giudicare in modo sereno e obiettivo. 3) Trovo profondamente scorretto il titolo di "Libero" che ha annunciato la radiazione di Feltri definendolo una "vittoria dei pedofili". Dunque io, che condivido quella decisione, sarei un alleato dei pedofili? Cosa legittima il dottor Feltri a "demonizzare" (come direbbe un suo amico politico) chi non la pensa come lui? Giovanni Graziani
Das Rasiermesser
E chi dice che siete un sito di gossip non ha capito un tubo. Siete un sito di persone intelligenti che riflettono (e fanno riflettere) sul lavoro che fanno. Grazie, grazie di esistere. e buon lavoro. Tersite
Nel tuo caso, approvo l'idea di parlarne come di un professionista che ha voluto scatenare un putiferio mirato, quando ci sarebbero anche molte altre realtà su cui far venire giù il mondo, ma che probabilmente paga in modo eccessivo. Esemplare, caro Figaro, il tuo ricordare che le leggi vanno rispettate prima di essere criticate. Insomma, c'è ancora chi sa parlare di vicende controverse e interne alla propria categoria, riconoscendo ragioni e torti e smascherando i tromboni di ogni fazione. Ciao Gerry Romano
Paola Bottelli
Però nel pezzo di Figaro "La cupa prigione del nostro disincanto" c'è un errore: "...Non ne possono piu' di come glie li raccontiamo noi. Io credo che non sappiamo farlo nel modo giusto.". Glie li? Scusate la pignoleria, so quanto sono graditi coloro che fanno le pulci ai giornalisti. Ma per una volta lasciatelo fare anche a me. Come disse il ragionier Fantozzi nel prendere l'autobus al volo, "Non l'ho mai fatto, ma l'ho sempre sognato!". Saluti Giorgia Gianni
Medici che penetrano, ematomi a macchia d'olio, luci della ribalta, pardon camera operatoria, cervelli che annegano. la cosa più sgradevole è la trasformazione di Duiz in eminente psicologo (analista transazionale o junghiano?) con il suo ingresso nella psiche del ferrigno e la spiegazione al volgo dei lettori delle motivazioni che stanno alla base (si dice così?) dell'insano gesto. La conclusione è sfolgorante: Bertolotti, vittima
di un trauma cranico (alla testa....), con emorragia dentro la testa è
da Duiz indicato come vittima di una dimensione fuori di testa. Spero che
l'estensore della rubrichetta settimanale del Manifesto sulle stupidaggini
dei giornalisti sportivi stavolta non si faccia scappare simili perle.
Con stima immutata per il giornale, meno per il Duiz.
Giovanni Montanari
Vedi un po' tu chi ha "lanciato" l'espressione (circa 350 anni prima di John Steinbeck): è stato uno detto "Guglielmo Scuotilancia" (la e in più nel cognome è caduta con l'uso della lancia suddetta...) William Shakespeare: KING RICHARD III, atto primo, scena prima 1 "London. A street. [Enter GLOUCESTER, solus] GLOUCESTER "Now is THE WINTER OF OUR DISCONTENT Made glorious summer by this sun of York; And all the clouds that lour'd upon our house In the deep bosom of the ocean buried. Now are our brows bound with victorious wreaths...." Se non ci credi, verifica su www.shakespeare.com Il sito ha un fantastico motore di ricerca che consente di analizzare tutte le opere in lingua originale! Questo per dirti che nemmeno io sono un anglista così perfetto! A proposito, bella la nuova impaginazione! Congratulations! Yours faithfully, Zioproto Grazie per la precisazione. E' vero viene prima Shakespeare
e poi Steinbeck, ma a me e' venuto in mente prima Steinbeck e poi Shakespeare.
Come dicevo nel cappello dell'intervista a Padellaro, nessuno e' perfetto.
Ma a volte si è tentati ed io, come Oscar Wilde, a tutto resisto tranne che alle tentazioni, soprattutto quando mi trovo davanti ad un genio della comicità, un uomo capace di trasformare la tragedia in pochade. Chi è? Andate avanti e lo saprete. Altro luogo comune (giuro che da oggi in poi non ne abuserò più): le cinque W con le quali ogni capo redattore che si rispetti si è sentito in dovere di romperci i coglioni la prima volta che abbiamo messo piede in una redazione. Chi? Sergio Billè. Dove? Porta a porta. Quando? Lunedì sera. Come e perché? Solo lui e dio lo sanno. Bruno Vespa, democristianamente attento a pesi e contrappesi, ha invitato per compensazione ponderale l’anoressico guardasigilli Piero Fassino e il pasciuto presidente della Confcommercio Sergio Billè. Argomento la brutale uccisione del gioielliere di Brescia. Tema tragico ma Billè, nella foga del discorso e con tutta l’irruenza della sua sicilianità (nessuna offesa per gli isolani, sono siciliana anch’io) per descrivere la crudeltà di questi feroci criminali se ne esce con questa frase (testuale): "Ci troviamo di fronte a gente spietata che non esista a sparare e uccidere senza colpo ferire". Nemmeno il miglior Totò avrebbe saputo trovare di meglio. Mata Hari
Mata Hari
Brillantina Ragazzo Spazzola sta benissimo e lotta insieme a noi. Lo trovi
come sempre nel Barbiere dello Sport.
Gambadilegno
E' chiaro a tutti che Feltri è il padre-padrone di
Libero,
ma non dovrebbe essere così a livello burocratico. Il direttore
del giornale è un certo Franco Guarnero, pubblicista di Torino.
Lui si becca le querele e lui dovrebbe beccarsi, a rigor di logica, la
radiazione dall'albo (dei pubblicisti, nel suo caso). Feltri è solo
l'editore e fa parte, ufficialmente, del collegio direttivo che dovrebbe
dipendere da Guarnero. Siamo tutti d'accordo che è solo una
trovata furba del buon Vittorio, come quella di scrivere in piccolo
Opinioni
Nuove e prendere così i soldi destinati all'ex partito neomonarchico
il cui giornale "Libero quotidiano opinioni nuove" è esistito
fino ad aprile, ma come può un Ordine malconcio parlare di moralità
e di rigore giornalistico? Fatemi sapere qualcosa, grazie.
La novità di venerdì stava nel fatto che stavolta la comunicazione di una nuova iniziativa avveniva nei tempi e, soprattutto, che il direttore, a proposito del trasferimento, annunciava che sarebbe avvenuto con il consenso del redattore designato. Un bel passo avanti se si considera che a luglio a Umberto La Rocca e Fabio Morabito furono consegnate le lettere di trasferimento senza preventiva consultazione. E che oggi i colleghi devono sopportare cause di lavoro per avere riconosciute le loro ragioni. Ma stamattina il confronto di un'ora e un quarto tra il direttore e il cdr è andato anche un po' oltre. Non che si siano raggiunti chissà quali risultati, anzi su molti fronti Graldi ha fatto muro, ma il cdr ha potuto rappresentare per la prima volta al direttore (ed era presente anche il vicedirettore Carezzano) il clima pesantissimo che si vive in redazione, uno stato d'animo che rasenta la depressione e che ci fa lavorare tutti male. Graldi ha detto che a lui il disagio dei giornalisti non risulta, che lui ci vede tutti felici e contenti. Certo, non poteva rispondere diversamente, se avesse ammesso avrebbe dovuto fare mea culpa. Ma, poichè è anche probabile che i suoi più stretti collaboratori non abbiano avuto il coraggio in questi mesi di riferirgli esattamente quanto si diceva in assemblea, o magari abbiano preferito edulcorargli la pillola, crediamogli. La cosa importante però è l'incontro in sè. E questo vuol dire che Franco Caltagirone ci sta lentamente tendendo una mano. Non chiedermi come sono venuto a saperlo, ma so che ha letto- sia pure in ritardo- la lettera aperta che gli ho scritto e anche tutte le altre cose che tu gentilmente hai riportato sul Messaggero. Qualcuno alla fine gliele ha stampate. Vorrei quindi, se me lo concedi (giuro che d'ora in poi non ti scoccio più e non ti rubo più spazio) rivolgere due ultimi appelli: il primo ancora a Franco Caltagirone, l'altro ai miei colleghi. 1) Caro Presidente, grazie. Ci stavamo quasi convincendo di essere degli appestati perchè ovunque nel nostro bellissimo palazzo di via del Tritone trovavamo porte chiuse. Lei non ci riceveva, Graldi nemmeno ci parlava, per ogni posto buono che si liberava il direttore preferiva assumere da fuori. So che lei si ritiene offeso per la sciopero che abbiamo fatto il 22 giugno, proprio il giorno della presentazione della quotazione della Caltagirone Editore. Quello sciopero per lei equivale a una pugnalata, ma cinque mesi dopo diciamoci con franchezza tutta la verità:erano cinque settimane che cercavamo disperatamente una risposta, una qualsiasi, al problema Caltanet. Il nostro orgoglio era stato ferito perchè senza alcuna comunicazione un brutto giorno di maggio il sito internet del Messaggero sparì d'improvviso, inglobato nel nascente Caltanet. Comprendendo le ragioni della decisione dell'azienda, noi volevamo solo sapere quando il nostro sito sarebbe tornato autonomo e magari migliorato, visto che Il Messaggero è l'unico giornale italiano ad avere nel proprio sito null'altro che l'edizione del giorno. Niente approfondimenti, niente notizie in tempo quasi reale, nessuna sezione specifica. Era troppo? Era, è, sfacciato chiedere al proprio editore di potenziare i nostri strumenti? Oh, certo, durante le assemblee i toni spesso si alzano, si dicono cose spiacevoli, ma sono chiacchiere; i giornalisti sono abituati (devono farlo per mestiere) a discutere, a non rassegnarsi. Quando non riusciamo ad ottenere un'intervista, noi ci arrabbiamo con gli uffici stampa, i portavoce, con i ministri in persona che magari ce l'avevano promessa e poi ci dicono che si sono già impegnati con un altro giornale. Che succederebbe se ci arrendessimo alla prima difficoltà quando svolgiamo il nostro lavoro? E allora: si litiga, si discute, si lanciano accuse, ma poi- e questo succede in ogni giornale del mondo- l'attaccamento alla testata prevale, e mai i nostri risentimenti sindacali hanno riflessi sul "prodotto". Tra lei e noi ci sono state molte incomprensioni. Ma noi amiamo il nostro giornale e perciò torno a chiederle: metta fine a questo annus horribilis, solo lei può farlo. 2) Cari colleghi, niente ipocrisie. Non abbiamo paura di dire a noi stessi la verità. Oggi in assemblea alcuni si sono lamentati delle continue notizie che escono su siti internet e giornali specializzati. E' vero si parla molto di noi ultimamente, ma non dite, quasi con disprezzo, che quelle notizie sono solo "gossip". Siete giornalisti e sapete che, a parte lievi tocchi di fantasia in certe cronache che ci riguardano, il dibattito sulle nostre vicende riflette la realtà del Messaggero in questo periodo. Non dite, nascondendo la testa sotto la sabbia, che se in un anno se ne vanno dodici persone (e la maggior parte erano capiredattori) è solo questione di mercato, che i colleghi che ci hanno lasciato hanno semplicemente avuto offerte migliori. Lo sappiamo tutti che non è vero, che se ne stanno andando i migliori. E che quelli che se ne sono andati avevano la morte nel cuore. Una scelta? Obbligata. Qualcuno in tutta coscienza può dire che chi ha dovuto addirittura
cambiare città lo ha fatto a cuor leggero? Che i giovani che da
noi erano prime firme sono contenti di rimettersi umilmente in fila? Che
chi ha fatto vent'anni di Messaggero, e ora deve ricominciare, se
ne sia andato contento? Qualcuno può dire, guardando negli occhi
i propri figli, che certe assenze non si sentono nella fattura quotidiana
del giornale? Cari colleghi, se ci nascondiamo la verità ( e la
nascondiamo al direttore e all'editore) non risolveremo i nostri problemi.
Non ci presentiamo più realisti del re. Oltretutto quando il re
ci tende la mano. Grazie a tutti, e a te Barbiere un grazie di cuore.
Luigi Di Giovanni e altri Effettivamente Mata Hari e' proprio brava ma ora non fatele montare la testa senno' si presenta in redazione in minigonna. Comunque, le chiederemo il permesso di aggiungere, in calce ai suo brillanti commenti, un indirizzo email. Bds
Analoga fine (lieta) ha fatto Del Noce. Dagli scranni della politica al rientro nel caldo ventre di MammaRai, conduce LineaVerde, coi suoi vestiti di Caraceni, arrivando nei casali in Ferrari. Per la par condicio , anche se sempre di casa Rai si tratta, due ex politici di opposti schieramenti tornano al calduccio delle loro testate. Anche se con qualche mesata di ritardo, chi vuol pensar male direbbe che così la faccenda è stata fatta un po' decantare, chi vuol pensar bene non sa cosa pensare. Si dirà: ma è la legge che lo consente, anzi è pur giusto che chi serve la Patria abbia il posto di lavoro conservato. Giustissimo, fatto sta che non stiamo parlando di impiegatucci ed operai, per il quale il ritorno al lavoro è vita, ma di giornalisti già pluripagati che tornano alla loro postazione anche con la promozione. Alla faccia di chi magari si è fatto il mazzo come precario in redazione per tanti anni e si vede questi che tornano al calduccio. Pasciuti di stipendi da parlamentari e, non scordiamocelo, con una pensione da parlamentare già maturata (basta una legislatura, ma vi prego smentitemi). E' giusto che taluni giornalisti abbiano questo privilegio (che è un diritto sacrosanto, lo ripeto, negli altri casi)? Non è un po' troppo? Non bisognerebbe almeno riassumerli con una qualifica inferiore a prima? E con che coraggio Badaloni potrà ritenersi imparziale nel fare una intervista, poniamo, a Rutelli, o Del Noce a Berlusconi (la vedo difficile tra i casali, ma meglio prepararsi al peggio)? Quello che la legge sancisce, il buon gusto, l'etica professionale (?) e un minimo di moralismo dovrebbe proibirlo. Che qualcuno vada con un microfono sotto il naso di Del Noce e Badaloni
e gli chieda:"ma ti sembra giusto? Ma non ti vergogni per chi aspetta di
essere assunto, sottopagato, da una vita? Ma non potevi elegantemente dimetterti
e farti riassumere da un altra testata con un sotterfugio, salvando almeno
la faccia?" Ma evidentemente la faccia è già persa da tempo,
avendo assunto una forma sferica confondibile con meno nobili parti del
corpo umano.
Innanzitutto devo scegliere una "lista" di quotidiani da far ruotare. Mi consigli Lei. Il problema ora è : qual è il giorno giusto per comperare i giornali? Mi spiego meglio facendo un esempio. Diciamo che la domenica io voglia comprare il Corsera + un altro quotidiano. Come faccio a sapere qual è il quotidiano più appropriato, da affiancare al Corsera, per la domenica? Che ne so, magari la domenica è interessante il Sole24Ore per l'inserto "Domenica", mentre in un altro giorno sullo stesso giornale, non c'è niente di particolare. E così per gli altri giorni. Non so se mi capisce. Ho fatto l'esempio del Sole perchè ogni tanto mio padre lo
comprava. In sostanza dovrei trovare, con il Suo gentile aiuto, per ogni
giorno il giornale più adatto. Io non essendo giornalista e non
conoscendo i giornali, non riesco a mettere in pratica questo discorso.
Vuole essere così gentile da aiutarmi? Mi rivolgo a Lei perchè
La stimo e per la Sua esperienza. Nella speranza di ricevere presto la
Sua risposta, La ringrazio di tutto, mi scuso per il disturbo e La saluto
caramente.
Qualcuno vuole rispondere a questo ragazzo in cerca di una
bussola?
Riccardo
L'ormai suicida venne trovato in possesso di un certo quantitativo di
droga. La vicenda giudiziaria (così come capita a tutti i ragazzi
figli di nessuno) venne chiusa rapidamente e il giovane tornò sano
(?) e salvo a Torino. Vabbé, cose che capitano. Ma la questione
è: quanta roba si portava dietro Edoardo Agnelli? Secondo il resoconto
pubblicato tempestivamente sul sito di Repubblica il primogenito
dell'Avvocato aveva nientepopodimenoche 300 grammi di polvere bianca...
cioé 3 etti. Leggermente... anzi no, pesantemente diversa la
versione fornita dai 'ragazzi' di A.Riffeser: in Kenya, secondo l'accusa,
E.Agnelli si trascinava dietro (forse dentro uno zainetto) ben 3 milligrammi
di eroina, dicasi 3, dicasi milligrammi. Di chi è il...re-fuso?
Oppure solo due pesi due misure? Saluti e cordoglio
Caro Snif Snif, pubblichiamo, come sempre, la tua lettera anche se, per la verita' la questione non ci sembra molto rilevante. Soprattutto davanti alla sciagura di un ragazzo (anzi un uomo) che pur avendo tutto non ha avuto la cosa piu' importante della vita. Quel po' di felicita' che permette a tutti di andare avanti con un raggio di luce negli occhi. Bds
Ludovica
Definisci, infatti, Al Gore "una versione sovrappeso di Cristopher Reeve, l'indimenticabile interprete di Superman". Putroppo, il buon Reeve è, da anni, "costretto", si direbbe in gergo, su una sedia a rotelle, causa un incidente (cadde da cavallo) che non gli fece perdere la vita, ma che ne stroncò la carriera e che, cosa ben più grave, ne fece, da allora, una sorta di handicappato fisico e mentale, solo recentemente in via di qualche guarigione, guarigione che in ogni caso non gli restituirà mai l'uso delle gambe. Ora, stante il fatto che paralitici non ci si augura che diventi
nessuno (sarà il mio fondo da cattolico-romano, più che da
liberal-d'oltreoceano), usare la vecchia e consumata immagine del bambolotto
Superman
per sfottere Gore, mi sembra fuori bersaglio, oltre che di cattivo
gusto. Se proprio vuoi un suggerimento, dal punto di vista cinematografico,
potresti dire che tra "Scemo e più Scemo" stiamo ancora aspettando
di sapere chi vince, assodato il fatto che se vince "Scemo" le truppe Usa-Nato-Ue
(più o meno la stessa cosa) troveranno qualche altra piccola e sconosciuta
parte del mondo da bombardare a tappeto (nobile tradizione "democrat"),
mentre se vince "Più Scemo", i pensionati, i neri e i poveri degli
Stati Uniti d'America saranno messi ben peggio di adesso (vecchio leit
motif "republican").
Ps. D'Alema, inaugurando il suo corso "La politica, perché",
della "sua" Fondazione Italiani/Europei, ha detto, citando Sun Tzu:
"Gli eserciti devono essere disciplinati". Sono d'accordo. Vinciamo la
guerra, poi penseremo a regolare i conti in sospeso.
No comment
Il "non so" di Barbacetto sono, immodestamente, io, Ettore Colombo, passato - nel corso di un anno difficile e complicato - dal settimanale "Diario" al quotidiano "OG", che ha chiuso di sua sponte dopo neanche un mese, a un altro quotidiano, "Libero", da cui me ne sono andato mea sponte dopo un altro mese, e ora "sbarcato" su Internet, dove collaboro (felice) con diverse testate giornalistiche. L'unico posto da cui non me ne sono andato mea sponte, ma invogliato da una chiara politica di ridimensionamento aziendale (i giornalisti erano 15 e ora sono sette, i grafici erano quattro e ora sono due, la sede redazionale di Roma non c'è più), legittima quanto si vuole, ma che ha lasciato il segno dentro una - bellissima - esperienza, è stato, appunto, "Diario". Che è un gran bel giornale, dove ho imparato molto - soprattutto dal suo direttore, un giornalista che stimo moltissimo, Enrico Deaglio - anche a non fare cose tipo scrivere al "Barbiere della Sera" ogni volta che ti cita (lo faccio solo ora, un po' stufo di vedermi sempre citato da... terzi). "Diario" ha passato, putroppo, momenti esaltanti e fasi di crisi, nel corso della sua storia, che ho seguito prima come fedele lettore e poi, per due anni, in qualità di redattore ordinario e membro del cdr, fasi che, leggo oggi, e per fortuna, ha superato. Ne sono felice, soprattutto per alcuni amici e colleghi bravissimi che lì lavorano. Ora "Diario" è sbarcato nel gran mondo di Internet e vuole occuparsi di elezioni e grande politica, temi che ho sempre seguito con passione (se anche con bravura, invece, non spetta a me dire), sia ai tempi di "Diario", che prima, che poi. Benvenuto, dunque, "caro Diario", tra i tifosi, un pò
malati, del gioco della politica, che a volte ricorda "il libero mercato"
e a volte, invece, non gli assomiglia affatto.
Ps. La frase di Marylin Monroe, pronunciata nei confronti di Laurence Olivier nel film "The prince and the show girl", "Il principe e la ballerina" («Le elezioni sono uno spasso, non si sa mai chi vincerà») forse viene citata un po' impropriamente, dato che - in quel caso - era riferita al fatto che "il principe" governava su un regno. Di conseguenza, la grande Marylin paragonava, ironicamente, la "sua" democrazia a stelle e strisce a una fantomatica "monarchia balcanica", dove nessuno - allora - votava mai. Il film era ambientato nel lontano 1912. Nel 2000, invece, sembra proprio che "i balcanici" risiedano tutti in alcune ridenti contee della Florida...
Da fine dicembre questa situazione coinvolgerà altri 17
collaboratori, 2 giornalisti e 3 tecnici, per non parlare del resto
d'Italia, da Milano a Palermo. Come spesso succede, chi lavora
quotidianamente è fuori dai giochi e dalle "beghe legali" che scatenano
queste situazioni. Dopo varie rassicurazioni, la situazione è crollata
in questi ultimi due giorni. A voi segnaliamo la situazione. Di
seguito c'è il comunicato che abbiamo diffuso tra i mezzi di informazione,
dovrebbe chiarire il problema.
D.L. Ecco il testo:
La passione per questo mestiere mi ha portato a sacrificare gli studi universitari, ad essere operativo 24 ore su 24. Nonostante ciò non ho mai avuto un contratto giornalistico (solo consulenze e collaborazioni). Non ho mai avuto la possibilità di sostenere gli esami di stato per diventare professionista in maniera pulita. Non mi sento tutelato dall'ordine e dal sindacato, pur credendo molto in questi Enti. Le persone cui dovrei rivolgermi (prima in Sicilia, ora nella padanissima Milano), spesso la sera vanno a cena con i direttori che sfruttano il sottoscritto e migliaia di altri colleghi. Tutto questo mentre cresce la potentissima lobby delle scuole di giornalismo (che adesso ha deciso di concentrarsi sul mondo universitario). Senza contare i figli di papà o i soliti "fortunati", che
la mattina si svegliano con l'idea di fare i giornalisti, diventano professionisti
alla velocità della luce e firmano subito in testate importanti.
E' una vecchia storia, ma la situazione non sembra migliorare. Cosa devo
fare per fare valere i miei diritti, per ottenere il giusto riconoscimento
per questa professione che con amore e impegno svolgo dagli inizi degli
anni Novanta? A quale lobby devo iscrivermi?
Mumon Vitale Ok, correggiamo.
Gianni Barbacetto
Il verificatore
Il gipeto
E che dire di quegli ammiccamenti da presentatrice che molti conduttori fanno in chiusura di Tg per segnalare le offerte della serata, mentre rassettano la scrivania raccogliendo i testi dei servizi? Scrivo oggi perchè durante il TgUno delle 13,30 mi sono sorbettato una lunga presentazione del film Tv su Padre Pio. Film prodotto dalla Rai. Mandato in onda dalla Rai. E incensato dal Telegiornale della Rai, proprio nel giorno della messa in onda. Ovviamente questo è solo uno dei tantissimi casi. Sempre nello stesso Tg ho anche "gustato" il servizio su Domenica
In o come si chiama oggi il programma domenicale della prima rete. Ma davvero
quello è un servizio giornalistico? Ma via... E' pubblicità
sfacciata. Talmente sfacciata che non suscita nemmeno il più modesto
risentimento. Nulla dal sindacato, dall'ordine e dalle associazioni dei
consumatori. Posso capire i servizi sul festival di Sanremo, se
non servono al semplice traino dell'audience. Ma questi servizi-spot mi
sembrano veramente eccessivi.
Il numero aumenta, come le scuole per diventare giornalisti (altra piaga!!!). Insomma, chi è fuori dal giro non ha via di scampo, o comunque deve basarsi solo su colpi di fortuna. Non è possibile pensare che sotto i 40 anni ti devi sentire fuori dai giochi senza poter fare assolutamente nulla; non è possibile che non ci sia ricambio nei giornali e nelle testate televisive; non è possibile pensare (e le mi esperienze di lavoro lo possono confermare: a l'Unita' ne ho viste di tutti i colori!) che in una struttura giornalistica si continui a mantenere sicuro il posto a colleghi che lavorano pochissimo e godono di un miliardo di vantaggi tra qualifica e stipendio. Purtroppo la realtà dice che la questione disoccupati viene
a galla solo quando il problema ti tocca da vicino. Quando hai il tuo bell'
"articolo uno" non ti guardi intorno e pensi solo al tuo orticello (mea
culpa: questo è valso anche per me a suo tempo e me ne rammarico!)
senza pensare invece che il rischio è in agguato e il baratro (e
non sto esagerando), se ti gira la fortuna, e lì ad un passo.
Giovanni
Sono un pubblicista in stand-by perché in questi ultimi anni ho potuto esercitare sempre meno per scarsità di tempo, visto che tra pochi mesi diventerò prete. Grazie anzitutto di esistere. Vi sosterrei anche economicamente oltre che moralmente, ma le mie finanze languono. Pur non essendo più sbarbatello, ho poco liquido in tasca, visto che da anni ho smesso di lavorare per studiare Teologia & C. Vado al dunque. Come (futuro) prete vi confesso che credo molto nella comunicazione perchè quel Vangelo che mi sforzo di trasmettere (è il mio lavoro ...) è una Buona Notizia da lanciare. Credo nella vera e sincera comunicazione perché nell’era dell’informazione globale sempre meno gli utenti hanno la capacità di esercitare il controllo sulla notizia. Quindi sento l'esigenza imprescindibile di una informazione responsabile, come - mi sembra -sotto sotto voi del "Barbiere" delicatamente auspichiate (senza ovviamente volervi inimicare alcuno). Faccio questa pubblica professione di fede anche per provocare il
parere dei colleghi circa lo stile di comunicazione della Chiesa,
intesa non solo come Vaticano o CEI, ma in tutte le sue articolazioni,
dalla parrocchietta alle diverse Diocesi.
Infatti, mentre la stampa giudo-pluto-massonica si attarda
a - a seconda - sbarcare su Internet, collegarsi via cavo alla tv, acquistare
stazioni radio, andare su satellite, la stampa antagonista e rivoluzionaria
rinverdisce i propri fasti e glorifica se stessa, la sua storia, la sua
gloriosa epopea. Non a caso, proprio "Antagonismi" si chiama il
nuovo supplemento - a colori, persino - che il quotidiano del Partito
della Rifondazione Comunista (Prc, in sigla) ha mandato nelle edicole,
alla modica cifra di lire cinquemila, in abbonamento con il quotidiano,
e che - nel suo primo numero - presentava un'illuminante dossier tutto
dedicato, appunto, alle glorie bolsceviche.
Anch'essa venduta alla modica cifra di 5mila lire, anch'essa in
abbonamento obbligato con il quotidiano, anch'essa ricca e densa di pagine,
articoli e saggi sulle prospettive della rivoluzione (italiana e mondiale),
che i padri fondatori del manifesto ieri e della rivista oggi (Lucio
Magri, Rossana Rossanda, Valentino Parlato, Luigi Pintor, ecc) ritengono
imminente e - inquadrandola nel lungo periodo - vittoriosa.
Credo che lo inseriremo presto nelle nostre nuove directory in preparazione alla voce "informazione". Se ci mandate quattro righe di descrizione e presentazione ci agevolate sicuramente il compito. Inoltre vorremmo cogliere il vostro suggerimento di segnalare nuovi link: e ci candidiamo per la vostra sezione cultura. Il nostro sito è Linguaggio Globale, l'Editore di multimedia d'autore (www.linguaggioglobale.it o www.linguaggioglobale.com): oltre 3.000 pagine di risorse ed ENCICLOPEDIE GRATIS E IN ITALIANO. Target: scuola e insegnanti, ma non solo... Vi ringraziamo per l'attenzione e vi auguriamo un buon lavoro Cordiali saluti Antonio Zoppetti
Shamlock
Matilde Pubblichiamo, ma ci sembra una deduzione un po' arbitraria. Bds
Bello Figliolo
UN SALUTO DA Simone
In sintesi: oltre alla scheda da mettere nel pc e il modem ci vuole anche la parabola e qualcuno che te la installi. Questo comporta degli altri costi. Ma soprattutto la parabola deve essere orientata su Astra e non su Eutelsat che è il satellite verso il quale sono orientate le padelle di milioni di italiani abbonati a Stream e Tele+. In sostanza se uno mette la parabola e la scheda può usare il pc e non la tv a meno che non metta un altro apparecchio che gli permette di usare tv e pc. Insomma la cosa si fa complicata. Questo perché Astra, oltre ad avere la piattaforma multimediale migliore, si è comprata una quota della Netsystem. Questo non vuole dire che la faccenda di Artom è una bufala (ma qualcuno lo pensa), ma solo che è diversa da come la si presenta. Questo è un normale caso del pessimo rapporto che c'è fra giornalisti e tecnologia e che si fa sempre più pressante nel momento in cui ogni giorno una nuova diavoleria tecnologica o sito Internet diventa una notizia. Un giornalista, parlo soprattutto di queli dei quotidiani, rifiuta
di solito qualsiasi approccio tecnologico, "perché tanto al lettore
non interessa". Può darsi però servirebbe a lui per scrivere
articoli più documentati. Nessuno deve trasformarsi in ingegnere
(io ho fatto scienze politiche) ma un'infarinatura sarebbe necessaria per
capire meglio certi fenomeni. Anche perché Netsystem è
una società che andrà in Borsa. Cordiali saluti
Inutile quindi preoccuparsi. Il datore di lavoro, per non incorrere in reati penali, sempre ai sensi del "Decreto", ha sicuramente ottemperato formalizzando il "Piano di valutazione dei rischi", fatto poi conoscere ai dipendenti (articoli 1 e 4). Tra le misure generali di protezione, poi, vi è poi quella
importante del «controllo sanitario del lavoratore in funzione dei
rischi specifici» (articolo 3, lettera l).
Il caso specifico dell'Alberizzi potrebbe anche integrarsi con le
fattispecie del D. Lgs 277/91 circa "la protezione dei lavoratori contro
i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici".
Ma queste sono nozioni ben conosciute anche dai "Rappresentanti dei lavoratori
per la sicurezza". Le argomentazioni che ho esposto, in modo minimale,
possono senz'altro essere contestate da chiunque. Bisogna vedere cosa ne
penserebbe un giudice che si trovi a dirimere eventuali contestazioni da
parte del lavoratore. Mettendo da parte le citazioni in giudizio, sempre
probabili, contro il datore di lavoro per danno biologico. Ma qui metterei
da parte il discorso "giurisprudenziale".
Ora mi è venuta un pensiero ma per attuarlo ho bisogno di qualche consiglio e allora... - mi piacerebbe replicare la tua idea a livello locale (città di provincia, 2 quotidiani, 1 tv locale, tutti + o - condizionati da quei rapporti che "naturalmente" (eccheppalle, scusa il termina) nascono in città) - non sono giornalista (e nemmeno pubblicista) ma sono un personaggio abbastanza "sopra le parti" e potrei davvero promuovere la cosa assieme ad alcuni amici giornalisti (che a un primo abbocco si sono mostrati entusiasti), magari iniziando su un sito di quelli che regalano spazio WEB... - l'idea è di una cosa un po' + politica, diciamo un tavolo intellettuale e libero a tutti di commenti; varrebbe la vecchia battuta di Charles McCabe del San Francisco Chronicle "Any clod can have the facts, but having opinions is an art"! Vorrei sapere se:
Caro Fabio, sei troppo buono. Che possa nascere un network
di parrucchieri mi sembra una splendida prospettiva. Perche' mai dovremmo
arrabbiarci noi qui a bottega? Tutt'altro. Lo scopo del Barbiere della
Sera e' quello di favorire in ogni modo la circolazione delle notizie e
delle idee, e se qualcuno segue il nostro esempio non possiamo che esserne
lusingati. Sul patrocinio, il discorso e' un po' diverso. Non e' per sfiducia,
ma come capisci bene, qui a bottega il rubinetto delle notizie lo teniamo
saldamente in mano noi. Nel tuo caso, lo terrai tu. Che patrocinio potremmo
darti se non un sincero augurio di buon lavoro? Se un consiglio possiamo
darti, e' questo: fallo, e preparati a lavorare duro. Riceverai molti applausi
e molti si'. Poi dovrai fare i conti con chi davvero ti dara' una mano
e chi, soltanto, te la stringera'.
Paolo Crespi Chi ce lo fa fare? Ma lo sai che e' davvero una buona domanda?
Be', non faresti volentieri una cosa che ti diverte? Ti pare poco
fare il giornalista senza padroni? E' tanto, tantissimo...fidati.
E' una storia surreale. Non il datore di lavoro, non il direttore del Corriere, non il medico d'azienda...ma il CDR dice ad un collega che c'e' "inquietudine ambientale" e che è meglio che stia a casa. Fiengo è ora forse anche il direttore del personale della RCS?. A confermare il sospetto c'è la notizia che anche la segreteria di redazione del Corriere avrebbe detto al CDR di occuparsene! Ma chi comanda al Corriere della Sera? Fiengo o De Bortoli? Non mi sembra un quesito da poco. E per quanti giorni un inviato coraggioso dovrà stare fuori dalla redazione? Giornalisti del Corriere :tra l'"inquietudine ambientale e la solidarietà verso un collega isolato in modo odioso (e che magari adesso comincia a credere sul serio di poter aver contratto un virus terribile) c'è una certa differenza. O mi sbaglio?Almeno rispondete,grazie. Giovanni Caro Giovanni, avendo parlato personalmente con Fiengo (e
ovviamente con Alberizzi), non la metterei in questi termini. Certo, e'
un episodio fastidioso. Il problema di un collega che torna in redazione
dopo aver frequentato un luogo a rischio di contagio c'e'. E' come quando,
a scuola, la preside esige un certficato di cessato pericolo al rientro
di un alunno che e' stato colpito da una malattia infettiva. Cio' che stupisce,
piuttosto, e' che non esistano procedure chiare in casi di questo tipo.
O almeno noi non abbiamo capito se esistono, al Corriere come in altri
giornali. Ci saremmo aspettati di sapere che, quando un inviato si trova
in condizioni simili, il giornale si fa carico dei necessari controlli
sulla sua salute per garantire tutti, in primo luogo il collega, e quindi
chi gli sta vicino ogni giorno. Che se ne occupi anche il sindacato non
mi pare francamente scandaloso. Tutt'altro.
Shampoo
Ho avuto l'impressione che tutti, ma proprio tutti i giornali italiani facessero riferimento alla Cnn. E basta. Un'occhiata veloce anche agli altri network, ma nulla piu'. OK, ho pensato: non si mandano inviati, non si segue la notizia dal vivo, non e' possibile coprire un evento del genere dall'Italia...e quindi ci si affida alla Sacra Fonte. Pero', pero'. Ho avuto l'impressione che anche gli inviati...in realta' facessero quello che facevo anch'io: guardassero la Cnn. Meglio, seguissero il sito della Cnn. Non so: guardavo la - spassosa - diretta di Canale 5 e vedevo due colleghi in uno studio a New York, dietro due gradevoli monitor. Li guardavo, poi guardavo il mio televisore con la Cnn e il mio computer con il sito della Cnn e mi sembrava che dicessero piu' o meno le stesse cose che anch'io avrei potuto dire, in pigiama (di cotone, sono allergico alla lana) da casa mia. Ma allora, che cosa ci facevano a New York? Boh. Alcuni amici mi hanno poi detto che anche altri colleghi sparsi per l'America facevano piu' o meno la stessa cosa, citavano la Cnn. Sui siti di molte testate ho poi visto grafici, cartine e mappe prese dalla Cnn. Figaro, mi dici tu se e' normale e giusto e bello cosi'? Il giornalismo italiano e' solo un sistema di traduzione in tempo reale? Ciao. Marco Caro Marco, tu mi vuoi male. Perche' mi devi cacciare in un
ginepraio cosi', facendomi poi litigare con mezzo mondo? Innanzi tutto
bisogna dire che molti giornali hanno spedito negli Usa fior di inviati
e che quindi non e' vero che l'informazione su questo evento (le elezioni
americane) e' tutta omologata alla Cnn. Per le Tv, e' vero, ho notato
anche io una furiosa attenzione al grande network americano, peraltro comprensibile.
La Cnn e' sicuramente meglio attrezzata delle Tv italiane a coprire le
elezioni del presidente degli Stati Uniti. Cosa credi che gli inviati dei
grandi giornali americani non bussino alle porte dei giornali italiani
quando si tratta di capir qualcosa della nostra politica?
Un lettore
Filippo Facci Incredibile? E perche'? Noi siamo qui proprio per scrivere
(o almeno tentare di scrivere) cosette originali e intelligenti. E il nostro
Don Bartolo in questo e' capace di dare biada a tutti. Grazie Filippo per
il tuo apprezzamento. A proposito, mica male il tuo pezzo su Wagner dell'altro
giorno. Ciao
tentativo di un "soldato" di trovare una soluzione ai nostri problemi. Niente permalosità e non abbiate paura di Commodo e delle sue tigri. Vi voglio bene, Maximo.
Su questo piano, chiunque vi può replicare che in agosto eravate nove (Pedretti, Sopranzi, De Marco, Cavalli, Sgardi, Cugini, Piangerelli, Petrilli e da ultimo Milzi, che forse era una sostituzione-ferie), mentre la mitica redazione di Perugia ne aveva otto (compresa la sostituzione). Se cadete nella trappola delle copie, chiunque vi può ribattere che ci sono altre redazioni di provincia dove i redattori sono appena tre e vendono oltre settemila copie tutti i giorni, tutti i mesi dell'anno. Se vi vantate dell'orario no-stop, chiunque vi può buttare in faccia le quindici ore di lavoro al giorno sopportate dai colleghi di roma che in estate hanno fatto un giornale intero di quaranta e spesso quarantotto pagine in... Sessanta persone, vicedirettori e capiredattori compresi. Ma che vi prende? Molti di voi, è vero, non li conosciamo. Non venite mai a Roma, mai partecipate alle assemblee, non c'eravate nemmeno il 15 settembre ad accogliere ad Ancona il pullman per Umberto la Rocca, pieno di colleghi, rappresentanti del cdr e della fnsi che si sono incontrati con il sindaco della vostra città. Molti di voi sono stati assunti da un anno appena, ma altri sono nostri colleghi da tanti anni, hanno lavorato con i migliori di noi (pedretti, do you remember malandrino?). Perchè non parlate tra di voi, spiegando i "vecchi" ai "nuovi" qual è la vera anima del messaggero? Abbandonate la diffidenza, noi siamo voi, voi siete noi. In fondo Maximo, sperando che l'editore abbia letto la sua lettera, ha solo chiesto aiuto direttamente a Franco Caltagirone. E se l'editore dovesse, preghiamo iddio, intervenire non pensate che anche la vostra situazione potrebbe migliorare? Spartacus
Aspettavo una risposta dopo la mia prima articolessa ma giustamente hai atteso che il gioco si facesse duro: è solo allora che i veri duri cominciano a giocare. Torno a chiamarti Cesarone. Cause ossimoriche legate alla tua stazza mi impediscono di chiamarti Cesaretto. Ragioni di opportunità mi sconsigliano Cesarino: Alda D'Eusanio, regina dei diminutivi, o mi denuncerebbe per appropriazione indebita o, peggio, mi obbligherebbe a partecipare alla sua trasmissione. Cesarone quindi, nunc et semper. Da un grande pokerista
mi aspettavo il rilancio. C'è stato, micidiale e dico passo. Il
vedo comporterebbe l'esposizione delle mutande di Del Noce: tali emozioni
non si addicono più alle mie incerte coronarie. Mi dichiaro riconquistata:
hai appeso l'ennesimo scalpo al tuo Winchester di tombeur de femmes.
Chiedo che tu venga condannato a:
E che noia...Appartengo alla categoria e perciò sospetto di essere lagnosa, supponente, presuntuosa, egocentrica (e chi più ne ha più ne metta), anche se ultimamente l'essermi... pentita - per così dire - mi ha offerto uno straccio di alibi psicologico. La mia avventura nel giornalismo è iniziata nel modo più banale: agitando banalmente la torcia dell'informazione libera e democratica. Abbiate pietà: ero più giovane e più ingenua. Di libero ho trovato ben poco, di democratico ancor meno. In compenso in dieci anni ho trovato, con qualche lodevole eccezione, un esercito di insopportabili snob, narcisi/e, presenzialisti/e, egotici/e, ruffiani/e, marpioni/e, pontificatori/rici, servili, ipocriti/e, doppiogiochisti/e con la fobia di parlarsi - appunto - sempre addosso, alla disperata ricerca di un palcoscenico, attorcigliati nell'autocompiacimento. (E lasciamo perdere i raccomandati, chè questa è un'altra storia). Roba da manuale tascabile di psicoterapia. Dunque: ecco qualche scena, estrapolata qua è là,
giusto a titolo di esempio.
Il suo ego nel frattempo ha occupato l'intero vagone, si è esteso insidioso sui sedili e ha sopraffatto tutti i passeggeri (compreso uno che lo guarda storto digrignando i denti: secondo me è un lattaio...). Aiuto, quando arriva la prossima fermata? Scena numero 2: si svolge in un ristorante, una cena di lavoro. Il narratore, che è sempre la sottoscritta (scusate la sovraesposizione...), si trova gomito a gomito con un giornalista televisivo. Molto preso dalla parte, molto preso da se stesso. Molto preso tout court. Il Pulitzer in questione le mitraglia addosso l'elenco di tutti gli scoop che ha fatto, alcuni li ripete anche due volte o tre volte come un disco rotto ("Ah, questo te lo avevo già detto?..."), poi le fa sapere, senza che gli sia stato chiesto, che prende un bello stipendione, che il giorno dopo terrà una conferenza per la quale gli danno quindici pali, che è stato richiesto a suon decine di milioni (ancora?) per un ricoprire un incarico di altissimo profilo, etc etc... La narratrice non parla. Oddio, magari le piacerebbe anche dire qualcosina, ma viene subito stoppata. A fine serata conta le parole che è riuscita a pronunciare: suppergiù una trentina, la metà delle quali per comporre le frasi: "Scusa, puoi passarmi il vino?", e: "Mi ha fatto piacere conoscerti, a presto". Scena numero 3, o scena numero 4, e 5 e 6...Altri personaggi, stessa
storia. Comincio a pensare che se il sistema dell'informazione in Italia
non funziona come dovrebbe la colpa sia da attribuire anche all'intollerabile
autocompiacimento di cui si alimenta la nostra categoria. Un autocompiacimento
intriso di provincialismo, superficialità, esibizionismo e ipocrisia.
Buon lavoro, colleghi. E complimenti. Farò una sottoscrizione
a favore del Barbiere.
Anche io come te sarei stato più che adeguato a ricoprire
quel posto: avrei offerto a Repubblica su un piatto d'argento la
migliore rete di informatori di Puglia e Basilicata. E non solo.
Permettimi di non rivelarti qual è, è un mio piccolo segreto.
Invece hanno preso persone che forse inizieranno tutto da zero, che forse
sono stati troppo lontani da Bari per accorgersi che la musica è
cambiata. Io sono a Milano da qualche anno, ma la mia «rete»
non ha mai smesso nemmeno per un momento di tenermi aggiornato. Non te
la prendere Rosina. Ai «fortunati» 14 (saranno poi 14?) hanno
offerto un contratto di un anno con la promessa che, se le cose dovessero
andar bene, sarebbero stati assunti in pianta stabile.
Rosina
Il divertimento è riferito all'ironia con cui sono brillantemente ridicolizzate le mie domande e le sue risposte, il dispiacere sta nel fatto che Mata Hari non mi chiama più, affabilmente, "Cesarone", come aveva fatto in una precedente (e pur critica) occasione, con qualche graditissimo complimento, ma addirittura mi candida - pena esagerata! - per il mitico "Lecchino d'oro". Confesso che sono afflitto, come tanti, da remote e recenti carenze affettive. La gentilezza di Mata Hari mi aveva illuso, voglio riconquistarla. Spero dunque di turbarla con una perfida minaccia: se lei non mi concede le attenuanti generiche, se non revoca la nomination e se non torna presto a chiamarmi Cesarone o Cesarino o Cesaretto come mi chiamano gli amici, procederò all'approfondimento giustamente temuto. Chiederò a Fabrizio di rivelare il colore, e non solo, delle sue mutande. Saluti a tutti, un bacino a Mata Hari... e speriamo che sia femmina. Cesare Lanza Ci sono poche cose al mondo di cui dubitare e una di queste
e' il senso dell'umorismo e la sportivita' di Cesare Lanza che ringraziamo
per la sua cortese lettera. Diremo a Mata Hari di provvedere, nei limiti
del possibile, alle fastidiose carenze affettive di Cesaretto.
Luigi Buona idea. Perche' no? Se la vecchia Mata e' d'accordo...
Poi però mi faccio due conti e non posso che trasecolare. Perchè, se fosse vero, vorrebbe dire che nel nostro civilissimo Paese c'è un ragazzino su cinque (basta verificare i dati dell'ultimo censimento, disaggregati per fascia d'età) che viene sfruttato in maniera ignobile, come nei peggiori paesi del Terzo mondo. Una vergogna!. Solo che io di questa moltitudine di baby-lavoratori non mi sono mai accorto. Eppure mi guardo in giro, ho un sacco di amici e viaggio abbastanza:
vi assicuro che non sono uno di quei giornalisti che se ne sta incollato
alla scrivania. Anzi, ho fatto anch'io un'inchiesta televisiva, lo scorso
anno, sul lavoro minorile in Italia. E mi sono reso conto che il fenomeno
è decisamente sovrastimato. Lo dice l'Istat, lo conferma
l'Unicef, l'ammette la stessa CGIL, che in tutte le sue indagini
(ma bisogna leggersele!) ha sempre parlato di una cifra-base di 50mila
bambini-lavoratori. Non a caso, è difficile trovare dei baby-lavoratori
da intervistare: provateci pure, se non ci credete.
In piu' una ventina di miliardi della regione Sicilia per la costruzione di un centro a difesa dell'infanzia. Divertente leggere OGGI tale notizia, che il cronista fa risalire ad una visita di tempo addietro; cioe' il coraggioso cronista si e' tenuto i suoi dubbi proprio per tutto il tempo in cui il telefono arcobaleno veniva riverito come l'unico fronte contro la pedofilia imperante... bah... ma veniamo al punto: ora che a forza di gridare "al lupo" si dimentichera' con allegrezza il problema "VERO" della pedofilia (confrontare le statistiche pubbliche ISTAT: il 90% delle violenze sui minori avviene in ambito familiare/familiare allargato) cosa dovremo aspettare per sentire la "vera" storia dell'altra nobile istituzione a difesa dei bambini, che va sotto il nome di Telefono Azzurro? Forse che qualcuno vada a fare le pulci tra le pretese telefonate ricevute (68 all'ora, secondo l'ultimo allarme) e i casi segnalati ai servizi sociali e alla magistratura? O che qualcuno vada a spulciare gli archivi per verificare se e da quando la suddetta associazione ha presentato bilanci degni di tale nome, che spieghino l'impiego dei non pochi soldini che affluiscono alle sue casse? O che ci si domandi come mai in una citta' non del terzo mondo (Bologna), che pur con i suoi mille problemi all'infanzia dedica una attenzione sconosciuta in molti altri comuni, quasi nessuno dei soggetti proposti abbia ricevuto che pochissime segnalazioni di minori da assistere/proteggere? Rimane una perplessita' al perplesso lettore: uno dei piu' odiosi crimini (vabbe', la mia formazione e' quella: "se qualcuno di voi da’ scandalo ad uno di questi piccoli e' meglio che si metta una pietra al collo...") che si possano pensare vede all'opera tanti dilettanti allo sbaraglio, chi fa ricerche internazionali, chi raccoglie l'urlo di dolore di legioni di bambini... MA POI? Siamo alla solita scenetta italica? "io non sono competente, chi persegue i casi e' la magistratura, chi assiste i bambini sono i servizi sociali". D'accordo, la pubblicita' al Costanzo Show l'abbiamo vista, le serate strappalacrime - raccoglifondi su RAIUNO l'abbiamo avuta, e dopo? CHI è che protegge realmente quei piccoli? Non credo sia il caso di aggiungere che mai mille lire uscirono dalla mia tasca per cotali nobili finalita': i pozzi d'acqua dell'africa sembrano molto piu' concreti... P.F.
Tranne il TG5, che, peraltro, spesso strumentalizza i fatti ai fini di pagnotta (per fortuna lo sappiamo tutti), nessuno presta attenzione ad una denuncia tanto grave. Addirittura su Repubblica un vostro collega esorta il prete ad occuparsi più dell'altare che della rete. Il giorno dopo il sacerdote misteriosamente ritratta: sul palco del Costanzo Show si presenta in ritardo. Costanzo dice che é a cena perché pare che il Don, e il baffuto lo dice stizzito "non possa fare a meno di mangiare". Quando il prete entra in collegamento, Costanzo gli chiede se ha mangiato bene e lui risponde: "non ero a tavola, ma a colloquio (o udienza) con il mio Vescovo". Poi a domanda precisa di Costanzo dice: "mai parlato di nomi eccellenti". A questo punto nessuno ribatte : "ma come io l'ho sentita con le
mie orecchie. O Lei ci dice : "mi sono sbagliato", "ho fatto un brutto
sogno" "sono stato informato male" oppure questo significa che lei ha ricevuto
minacce o intimidazioni che le hanno fatto fare marcia indietro."
Guarda oggi, guarda domani… (Che bei primi piani…) Assistendo proprio alla puntata odierna ("Essere ruffiani paga nella vita?") ho compreso che lei, la dolce Ilaria, passeggiava tranquilla per le vie del mio cuore, così come per un viale sul mare in autunno. Oggi era ospite l’affascinante Barbara Alberti, e nel suo intervento, ironizzando sui comportamenti, si rivolgeva alla Ilaria dicendo che «…con tre chili in meno staresti meglio…», a questo punto mi sono ritrovato in piedi, in salotto, che quasi urlavo, e lo riaffermo qui in bottega sulla poltrona per farmi la barba: «Fermi tutti! ILARIA, NON DIMAGRIRE». Anche così, come si dice… tornita, vai più che bene. Che sfiga, però, ero riuscito anche a telefonare per fare un intervento in trasmissione, ma non m’hanno più richiamato. Volevo dare, a proposito del tema, una testimonianza, quella del giornalista che vive la ruffianeria di chi vuol il suo nome pubblicato, allo stesso tempo è anch’egli ruffiano – con tutti – per avere sempre notizie e informazioni. Ho perso una grande occasione per rivolgergli la parola. Ahimè, per il viale d’autunno ci passeggerò io, in compagnia delle foglie che cadono. (Attimo di pausa per un sospiro…). E dai Barbiere, apriamolo un dibattito: "Ci si può innamorare
della sensibilità d’una persona?". Rimani sconcertato, per forza,
quando trattando alcuni argomenti semplici, della vita quotidiana e quindi
solo in apparenza banali, come quelli del programma, t’accorgi che la Ilaria
rivolge agli ospiti delle domande intelligenti e puntuali… in effetti senza
essere mai banale. Sappiamo tutti che razza di domande si sentono fare
in tanti programmi e servizi di testate più celebrate (il contributo
di oggi di Mata Hari è un esempio). Stai lì, davanti
la Tv, che la guardi, e rimani sempre più colpito anche dal tono
di voce con la quale si rivolge alle persone, allorché il tema è
delicato, quasi rispettando il sentimento altrui. Incredibile, non è
patetica. E poi la regista, magari, gli fa pure un primo piano mentre lei
sorride. Come fai a non innamorartene? Che ce ne importa dei suoi lati
negativi, che ha sicuramente, di fronte ad uno sguardo come il suo, che
ogni tanto s’abbassa, in segno di rispetto per la coscienza altrui. "Tu,
maledetto Toni Garrani, rivelaci gli ingredienti della pozione misteriosa
con la quale riesci ad avere accanto a te simili donne". Barbiere,
a te e alla bottega, novella bottiglia gettata nell’oceano, affido i miei
sentimenti. Ma Ilaria, lo farà un calendario?
Rosina
Bds Dear Sirs/Madam, We are pleased to introduce ourselves as
manufacturers and exporters of high and standard quality surgical, dental
instruments, manicure and
pedicure
implements and scissors of all sorts.
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