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Lunedì 23 ottobre sono stato sentito dall’Ordine dei Giornalisti di Roma in relazione ad un testo di questa rubrica comparso il 3 luglio scorso, da me firmato, intitolato Professione e/di umiltà. In esso erano contenute delle frasi di cui mi dispiaccio. Me ne scuso con il destinatario, Marzio Breda del Corriere della Sera, e con i visitatori del Barbiere. Ho voluto che il procedimento avesse corso prima di riparlarne – per rispetto della persona ferita e della procedura - ed ho chiesto agli amici che mi ospitano di cancellare quel testo dall’archivio. Resta tuttavia per me molto vivo il tema affrontato, quello delle possibili distorsioni della relazione ufficio stampa-giornalisti, tanto vivo da far prevalere, nel linguaggio, la passione, e provocare una caduta di stile. Ne desidero parlare ancora, a tutti voi, al di fuori di una dimensione disciplinare. La relazione fonte istituzionale-giornalista. Le possibili distorsioni. La complessità ed il processo di differenziazione che attraversa il mondo della comunicazione ha di fatto prodotto non soltanto settori specializzati, all’interno delle redazioni giornalistiche, ma anche giornalisti deputati a seguire quasi esclusivamente un determinato tema, un determinato personaggio. Questa specializzazione – funzionale ad un criterio di copertura
degli eventi – è alla base del costituirsi, nel tempo, di
relazioni interpersonali privilegiate ed esclusive: esse fanno certamente
la delizia dei direttori (e la croce della concorrenza) perché pongono
la testata nella condizione di accedere ad informazioni esclusive, ma rischiano
di produrre dei processi di identificazione, prevalentemente tra
fonte istituzionale e giornalista, che allontanano il prodotto giornale
da quella che ( a mio parere e soprattutto verso il mondo istituzionale
che è di tutti i cittadini) è la sua funzione originaria
in una democrazia liberale: la funzione di controllo in nome e per conto
della pubblica opinione.
La progressiva naturale deriva verso relazioni esclusive.
Il recente stupore con cui il giornalista RAI Riccardo Cristiano
reagisce allo scandalo provocato dalla sua lettera all’Autorità
palestinese è il lato tragico e militare di questa stessa dimensione
sulla quale intendo indirizzare la vostra attenzione. Non sfuggirà
certo come un rapporto troppo stretto e decodificato con le fonti possa
immiserire le ragioni professionali del giornalismo. E contribuisca a rinforzare
il pregiudizio dei lettori dell’esistenza di una collusione giornalisti-poteri.
Il giornale ha ormai spaccato la mela del giudizio: da una parte
il giornalista di fiducia, amico, di cui la fonte « può fidarsi
», ridotto ad una appendice dell’ufficio stampa dall’interno
della testata; dall’altra parte il critico-critico – così critico
da ignorare il ruolo liberale del controllare per vestire i panni dello
spirito di fazione. E perché i conti tornino si affiderà
al bravo opinionista il compito di bacchettare qua e là, affidando
ad un esterno l’occasionale visione di insieme.
Un po’ di attualità. Premio De Amicis.
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