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8 Gennaio 2001
- L'informazione? Tenetevela stretta |
Manifesti
taroccati per giurati tartassati.
Sarà che l’atmosfera di vittoria rende lo schieramento di
centro-destra più sicuro - a mano a mano che l’appuntamento elettorale si
avvicina -, ma non si può fare a meno di fare “chapeau!” se navigando vi imbattete nel sito www.forza-italia.it.
Vi trovate infatti la più completa collezione di manifesti taroccati. Di quei manifesti stradali dal Berlusconi-improbabile che
hanno subito un’operazione – avrebbe detto il semiologo – di détournement
a volte in termini di pura assonanza: tanto che il Tasse
per tutti diviene Tasse per Totti
o meno elegantemente Tette per tutti
.
La giuria, informa il regolamento, è composta da campioni del tartassamento:
Peppino Prisco, tartassato da Teo
Teocoli; Emilio Fede,
tartassato da Striscia, ma più
spesso (e consapevolmente) da se stesso; Adriano
Galliani, infine, tartassato dalla sua ex-compagna, comparsa di Quellicheilcalcio,
in nome di una finta fairness
alimentata dal teorico del pippi-calze-lunghe-pensiero Fabio
Fazio. Ne ha avuto in cambio una
trasmissione in RAI che, state pur certi, se vince il Polo le verrà anche
confermata. E non sarà l’unica cosa di cui probabilmente dolersi.
Il bando di concorso invita a mandare la nostra creazione
all’indirizzo manifesti@forza-italia.it
e informa che “non saranno pubblicati manifesti recanti oscenità e
insulti”: ma come lamentarsi di questa avvertenza quando abitiamo un mondo
popolato di politici e magistrati mediatici che non volendo (o potendo)
rispondere alla critica rincorrono qualsiasi foro purché non sia quello
scomodo dove si confrontano e si mettono a prova gli argomenti.
Tempo
di vacanze (finite), tempo di letture. “L’informazione: la cosa più
difficile da custodire”.
Joshua Meyrowitz, docente
di Comunicazione all’Università del New Hampshire, nel suo Oltre il senso del luogo (Bologna,
Baskerville 1995) analizza come le
nuove tecnologie hanno annullato l’esistenza dello spazio fisico: “la
radio, la televisione, il fax hanno cancellato le distanze e, anche nelle
relazioni interpersonali, lo spazio è spesso percepito come inesistente. La
nostra mappa delle relazioni spaziali si è modificata, tanto che ci risulta
più facile parlare con un amico a New York che non con il signore della porta
accanto”.
Scritto alla metà degli anni ’80 il libro – il suo
autore – manifesta da subito la sua simpatia per un grande compianto
studioso della sociologia della vita quotidiana, Erving Goffman. Di lui
ci regala, fin dall’esergo, questa
bellissima citazione: “Tra tutte le cose di questo mondo, l’informazione
è la più difficile da custodire, perché può essere rubata senza
spostarla”.
Movie & media (1990-1993).
Prosegue il censimento dei film di cui avvalersi per illustrare le professioni
del mondo dei media. Patriot
games
(Giochi di potere, 1992 di Phillip
Noyce
con Harrison Ford);
Hero (Eroe
per caso, 1992 di Stephen
Frears
con un grande Dustin
Hoffman
giocato da Andy
Garcia
e alla fine restituito nell’onore da Geena
Davis);
The Pelican Brief (Il
rapporto Pelican, 1993 di Alan
J. Pakula.
Molto bravi Julia
Roberts
e Denzel Washington);
Dave (Presidente
per un giorno, 1993 di Ivan
Reitman
con Kevin Kline
e Sigourney Weaver).
Genova per Ugo
Si sono autofelicitati i Genovesi per essere andati tutti – ma proprio
tutti – a festeggiare il 31 dicembre nelle piazzette animate del centro
Storico. Anche il sociologo della notte ha trovato l’evento straordinario e
probabilmente esportabile. Sempre sospesa tra la vocazione di “città
laboratorio” (“de ché” direbbero, impietosi come sempre, a Roma)
e l’ansia di decidere almeno qualcosa (il porto, il ponte o il tunnel,
siderurgia: si o no) Genova è rimasta inguaribilmente identica.
Nonostante Ugo Intini, al quale i
Genovesi dovrebbero fare un monumento e riconoscere di essersi battuto, senza
lo strapotere dei Taviani o quello successivo, e infausto, dei Burlando (Ds +
borghesia portuale), per le Colombiane del ’92 (facendo convincere Felipe
Gonzales a mollare l’esclusiva dell’expo di Siviglia).
Riuscendoci e
riuscendo a far piovere su Genova una valanga di denaro pubblico per
infrastrutture (mondiali ’90), porto (Voltri), aeroporto e ricerca. Senza
vedere né prendere una lira. Dopo di lui Genova non è più una città di
macerie ed ha pure un acquario (come quello di Baltimora che, visto nel
1982, facemmo conoscere ai nostri alleati di Giunta).
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